Ambiente / Attualità
Socotra, l’isola-giardino minacciata dalla guerra in Yemen
A 350 chilometri dal Paese in conflitto, a cui appartiene, e a 300 dalla Somalia, Socotra è un parco dallo straordinario patrimonio naturalistico riconosciuto dall’Unesco. Gli interessi degli attori in guerra, però, ne mettono a rischio l’integrità e la salvaguardia
Socotra è un’isola di quasi 3.600 chilometri quadrati di estensione e 2.500 chilometri di coste, con cime alte più di 1.500 metri sul livello del mare ed una popolazione dedita essenzialmente a pastorizia, agricoltura e pesca. Dista 350 chilometri dallo Yemen, a cui appartiene, e 300 dalla Somalia: è quindi più vicina all’Africa che al Medio Oriente. La sua posizione particolare e le condizioni climatiche estreme (soffiano forti venti per buona parte dell’anno) ne hanno fatto un giardino in Terra: gode di protezione come parco naturale, si fregia dal 2003 del riconoscimento di Riserva umana e della biosfera e dal 2008 è patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Riconoscimenti meritati in virtù di un patrimonio naturalistico unico: 825 piante censite, di cui 307 endemiche (fra esse la Dracena, Dracaena cinnabari o Albero di sangue di drago), undici specie di uccelli sempre endemici, 230 specie di coralli, 730 specie di pesci e oltre 300 specie di molluschi e crostacei, fra cui granchi, gamberi ed aragoste, più svariate altre specie animali. Un quadro complessivo che fa paragonare ai naturalisti Socotra alle Galapagos. Un paradiso però in forte pericolo a causa dell’azione dell’uomo.
La prima minaccia è la guerra. Prima degli anni Novanta esistevano due Yemen, Nord e Sud. Socotra apparteneva allo Yemen del Sud e ancora prima faceva parte della confederazione dei Sultanati dello Yemen del Sud fin dal crollo dei Regni Sud-arabici con l’avvento dell’Islam. Nel maggio 1990 i due Yemen si sono uniti, diventando un’unica repubblica islamica. Da allora si è intensificata l’affluenza nell’isola, di naturalisti, archeologi, esploratori, scrittori ma anche di semplici turisti o viaggiatori. Negli anni 90 è nato anche il progetto della Cooperazione Italiana a favore di Socotra ed è soprattutto grazie alla spinta del nostro Paese ed alla sinergia della cooperazione italiana, delle Nazioni Unite e del governo yemenita, che è stato istituito il parco di Socotra e che l’isola è stata riconosciuta prima come Riserva della Biosfera e in seguito come sito Unesco.
Fino a quando non è iniziata la guerra c’erano vincoli a livello di conservazione molto severi, ad esempio non si potevano introdurre specie e non ci si poteva appropriare di piante o animali locali ed esportarli. Il controllo sullo sviluppo edilizio era anch’esso severo e gran parte dell’isola protetta. Nel 2011 e 2012, però, la situazione politica in Yemen precipita.
La minoranza Houti, sciita e sostenuta dall’Iran, ha guadagnato sempre più potere fino a occupare la capitale, Sana’a, sita nel Nord del Paese, e cacciare il governo, presieduto da Abd Rabbu Mansour Hadi. Hadi ha trovato ospitalità a Riad, in Arabia Saudita, e da allora è divenuto ostaggio della Lega Araba a guida saudita. Il suo governo invece, grazie alla Lega, si è insediato ad Aden, nell’estremo Sud dello Yemen. Da allora la Lega araba ha iniziato a bombardare lo Yemen in gran parte ormai occupato dagli Houti.
Oggi vi sono due governi: uno nel Sud, appunto a Aden, e uno nel Nord, guidato dagli Houti, a Sana’a. Le conseguenze su Socotra -che appartiene al Sud- non sono di poco conto. La coalizione ha ottenuto il via libera ad occupare l’isola anche grazie al fatto che da marzo 2015 Socotra non è più raggiungibile dall’aeroporto di Sana’a ed è diventata di fatto preclusa ai turisti. Quindi, nell’isola non c’è “materialmente” la guerra ma questa risente pesantemente dei suoi effetti collaterali. Quindici località sono state occupate dagli Emirati Arabi Uniti e sono in via di trasformazione, in spregio dei vincoli ambientali che esistono su queste terre. Sono stati costruiti edifici, stabilimenti nel cuore del parco e anche caserme. A ciò si aggiunga che sempre gli Emirati stanno costituendo un sistema di milizie e di sicurezza all’interno dell’isola e che offrono settimane di addestramento militare alle giovani donne e ai giovani uomini socotriani, per le prime ad Abu Dhabi e per gli altri ad Aden, al fine di creare una futura forza di polizia sull’isola.
Accanto alle ripercussioni dovute alla guerra vi sono poi le trasformazioni che l’isola sta subendo in questi anni per altre cause. Negli anni scorsi alcuni tifoni si sono abbattuti e hanno causato gravi danni soprattutto ad alcune zone costiere. I tifoni sono un sintomo dei cambiamenti climatici in atto e infatti a Socotra, come dovunque, le temperature medie si stanno innalzando e vi sono lunghi periodi di siccità. Poi c’è l’allevamento: le capre sono sensibilmente aumentate di numero e sono lasciate libere di pascolare nell’isola. Risultato: esse si nutrono anche delle specie endemiche, che in tal modo non si riproducono più e la stessa Dracena è a rischio. A ciò si aggiunge una, seppur ancora limitata, deforestazione e la presenza di specie alloctone nei numerosi corsi d’acqua; e poi il sovrasfruttamento delle risorse marine, anche a causa di pescherecci provenienti da altre nazioni; l’aumento della popolazione, passata dai 42mila abitanti del 2004 a quelli attuali, stimati tra 60mila o addirittura 80mila. E, come se non bastasse, l’inquinamento dovuto alla plastica. E così avremo un quadro forse neppure completo della situazione.
L’Unesco, prendendo atto di tutto ciò, ha lanciato un appello per la salvaguardia dell’isola e ha avviato una campagna per farla conoscere dal titolo “Connect2Socotra”. Socotra non è più quella dei tempi di Moravia e del suo viaggio nell’isola. Che cosa ne sarà? Diventerà una base militare (saudita o americana), a causa della sua posizione strategica? Oppure diventerà una nuova Disneyland come Dubai? O piuttosto, stante la sua peculiarità, ospiterà resort di lusso? Nessuno per il momento può dirlo: la situazione è fluida e non incoraggiante.
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