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Economia

Se il debito è illegittimo – Ae 83

Per anni i Paesi ricchi hanno spinto quelli del Sud a indebitarsi per costruire opere insensate. Alcuni però, come la Norvegia, hanno riconosciuto l’assurdità di queste politiche di “sviluppo”. Sarebbe il caso di parlarne al prossimo G8 Emergenza clima, investimenti,…

Tratto da Altreconomia 83 — Maggio 2007

Per anni i Paesi ricchi hanno spinto quelli del Sud a indebitarsi per costruire opere insensate. Alcuni però, come la Norvegia, hanno riconosciuto l’assurdità di queste politiche di “sviluppo”. Sarebbe il caso di parlarne al prossimo G8


Emergenza clima, investimenti, Africa e lotta alla povertà. Questi in estrema sintesi i temi presenti nell’agenda del prossimo G8 , che si svolgerà dal 6 all’8 giugno nel Nord della Germania, a Heiligendamm. Forse a breve i grandi del pianeta dovranno rassegnarsi ad allargare il loro club esclusivo alle potenze emergenti come Cina ed India, intanto la presidenza tedesca prova a mettere sul tavolo negoziale una serie di punti chiave per il futuro del nostro pianeta (www.g-8.de).

Non sarebbe male se nei concitati giorni del summit ufficiale si approfondisse anche un altro argomento molto spinoso: quello del debito illegittimo.

A chiederlo a gran voce sono le ong, sostenute nella loro azione da una lettera firmata da una ventina di personalità internazionali di grande spicco, tra cui i premi Nobel Desmond Tutu e Harold Pinter e gli italiani Dario Fo e Giovanni Conso. Ma che cosa è il debito illegittimo e, soprattutto, perché è una tematica così “scomoda”? Proviamo a fare degli esempi, tratti dal rapporto “Scheletri nell’armadio, il debito illegittimo richiesto dai Paesi del G7”, redatto da un nutrito gruppo di organizzazioni, tra cui l’italiana Crbm, il network europeo Eurodad e la Jubilee Campaign (www.eurodad.org/uploaded

Files/Whats_New/Reports/Eurodad%20

SkeletonsCupboardG7Report.pdf).

Ad esempio nelle Filippine c’è una centrale nucleare costruita con fondi di provenienza Usa in una zona fortemente sismica. Oppure: il governo italiano ha fornito tre turbine di una mega-centrale idroelettrica in Ecuador, nonostante a stento ne servissero due. Ancora: ai tempi dell’odiosa dittatura di Suharto, la Germania ha venduto navi all’Indonesia.

Tutti questi casi ci pongono al cospetto di un debito che ha una natura particolarmente odiosa, poiché i Paesi creditori che hanno effettuato i prestiti in denaro oppure fornito beni o servizi a realtà del Sud del mondo hanno agito per una finalità meramente politica, nonostante sapessero di concludere affari con sanguinari dittatori o con regimi non democratici. Non solo, spesso i governi del ricco Nord del pianeta hanno finanziato opere con l’esclusivo fine di far registrare un profitto commerciale ad alcune potenti compagnie dei loro Paesi, che talvolta non hanno esitato a corrompere governanti locali pur di ottenere lucrosi appalti o per aggirare gli obblighi contrattuali. Chi si accollava il debito, in seguito al fallimento dei progetti o al mancato ripagamento dei crediti da parte dei governi beneficiari, erano poi le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo. Il primo esecutivo che ha avuto il coraggio di riconoscere l’illegittimità di un credito accordato è stato quello norvegese, allorché negli ultimi mesi dello scorso anno ha cancellato 60 milioni di euro di debiti verso Ecuador, Egitto, Giamaica, Perù e Sierra Leone. La remissione è avvenuta in maniera unilaterale e incondizionata e in base al riconoscimento di un credito formatosi a causa di “una politica di sviluppo fallimentare” predisposta dal governo di Oslo. Le somme prestate erano state erogate alla fine degli anni 70 come parte di uno schema di garanzie per incentivare l’esportazione di navi in un periodo di difficoltà per il settore nautico norvegese, tanto che ai cinque Paesi del Sud del mondo citati in precedenza tra il 1976 e il 1980 furono consegnate ben 156 imbarcazioni.



Buona parte dei 2.500 miliardi di dollari che il Sud deve al Nord del mondo ha un’origine che con un eufemismo potremmo definire poco chiara.

È importante che se ne inizi a parlare, che si stabiliscano dei precedenti e che si ripensino i vari meccanismi di ripagamento. Se il G8, affrontando l’argomento della lotta alla povertà, riconoscesse la rilevanza di un tema come quello del debito illegittimo sarebbe già un enorme passo in avanti. Dopo la vuota retorica del summit scozzese di due anni fa, sulle rive del Baltico si potrebbe scorgere un barlume di concretezza. Basta un pizzico di coraggio e di voglia di ammettere le proprie colpe del passato.



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