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Economia

Rose dalla parte delle spine – Ae 84

Esce in libreria e nelle botteghe del commercio equo il libro di Altreconomia dedicato al commercio internazionale dei fiori freschi. Un originale reportage dal Kenya ai nostri supermercati. In questa pagina uno stralcio della prefazione firmata da Alex Zanotelli Mi…

Tratto da Altreconomia 84 — Giugno 2007

Esce in libreria e nelle botteghe del commercio equo il libro di Altreconomia dedicato al commercio internazionale dei fiori freschi. Un originale reportage dal Kenya ai nostri supermercati. In questa pagina uno stralcio della prefazione firmata da Alex Zanotelli

Mi ero accostato alla grande industria delle rose quando vivevo a Korogocho, la grande baraccopoli alla periferia di Nairobi, la capitale del Kenya. Iniziai a osservare il comportamento delle grandi multinazionali. Prima studiai a lungo la Del Monte, quella degli ananas, per la quale lavoravano oltre 6 mila operai in condizioni miserevoli. Nacque allora una campagna che obbligò il direttivo della compagnia a sedersi

al tavolo con gli operai e a trattare.

Fu una grande vittoria. Ricordo che un giorno venne a trovarmi in baraccopoli l’ex direttore della Del Monte. A un certo punto del lungo colloquio mi disse a bruciapelo: “La Del Monte non è la peggior multinazionale che viola diritti umani in Kenya. Ma allora, perché avete scelto proprio loro per la vostra campagna?”. Gli risposi: “Perché la Del Monte è il ventre soffice della Bestia”. Avevamo bisogno di una prima vittoria, per poi andare a toccare le altre multinazionali presenti in Kenya. Avevo in mente di proseguire con l’industria del caffè e del tè, ma ancor prima quella dei fiori (l’industria dei fiori rappresenta una delle principali entrate finanziarie per il Kenya dopo il turismo). Ho iniziato subito a studiare e a cercare di capire quello che avveniva nell’industria dei fiori, e in particolare delle rose. Ho visitato tante serre, soprattutto nella zona del lago Naivasha che si sta lentamente prosciugando perché tanta acqua è usata per la coltivazione dei fiori. Ho visto con i miei occhi come i lavoratori e le lavoratrici (sono soprattutto donne che vengono impiegate per tali lavori) sono trattati, come sono usati e abusati.

Mi impressionò vedere come le donne venivano sistemate, impacchettate quasi, in roulotte (anche in sei per ciascuna) che dovevano essere le loro case.

La rabbia che ne è scaturita mi ha portato a far partire una prima marcia in difesa dei loro diritti, una marcia che è avvenuta proprio nel cuore del sistema, nella cittadina di Naivasha, nel 2001.

La marcia è stata una sfida per la quale abbiamo ricevuto molte minacce.

Molti hanno avuto paura, molti tenevano a esserci. Alla fine c’erano 400 o forse 500 persone. È stato molto bello sentire le loro testimonianze, sembrava di vivere un misto tra le lotte sindacali del Novecento e le lotte civili guidate da Martin Luther King. Abbiamo sperato nell’appoggio dell’Europa ricca: volevamo che nascesse una campagna che, a imitazione di quella contro la Del Monte, arrivasse anche in Olanda e in Italia. Pensavamo a un grande boicottaggio. Non sapevamo però se le rose che si vendevano in Italia fossero quelle del Kenya. Questo libro conferma invece questo dato che a noi mancava.

Perciò dico che serve ancora una mobilitazione internazionale. Penso sia giunto il momento, in sintonia con la campagna in Kenya portata avanti dal Kenya Human Rights Commission, di lanciare finalmente una forte campagna di sensibilizzazione e boicottaggio in Europa, in particolare dove si vendono le rose del Kenya: Olanda, Inghilterra, Germania e Italia innanzitutto.

Serve innanzitutto informazione, perché le persone non sanno.

È questa la tragedia in queste cose. Anche laggiù gli stessi lavoratori non sanno come funziona l’intera filiera,  

né dove finiscono i fiori che coltivano.

Dobbiamo cominciare a ragionare sul livello globale: il sistema diventerà insostenibile.

Chi ha bisogno dei fiori se li coltivi. Così com’è il sistema è distruttivo, anche del tessuto sociale e umano, e mina le società del Sud del mondo. Un po’ tutto il commercio deve essere ripensato.

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