Cultura e scienza / Varie
Rigenerazioni: la riscossa delle librerie indipendenti
Dalla cura sartoriale dell’ambiente al rapporto diretto con i propri lettori. Viaggio da Roma a Milano, da Venezia fino a Caltagirone: le innovazioni vincenti in un mercato asfittico dominato da grande distribuzione e vendita online
I libri, quasi tutti di faccia e non di costa, creano disomogenee macchie di colore lungo le pareti. Gli scaffali non hanno etichette e la disposizione dei libri non segue i generi. Resta spiazzato chi entra da Spazio BK, giovane libreria milanese consacrata alle pubblicazioni illustrate e al visivo. “Il pensiero funziona per associazioni di idee e questa è l’esperienza che abbiamo voluto ricreare: se osservi l’area sulla cucina, puoi trovare un fumetto che parla di cibo accanto a un saggio di Agamben sul gusto e a un libro fotografico di ricette”, raccontano Chiara Bottani e Diletta Colombo, 34 e 35 anni, fondatrici di una “libreria della pazienza, quella che avremmo desiderato frequentare da clienti”. Dopo un anno di progettazione, hanno aperto a dicembre 2012 nel mezzo del rinnovato quartiere Isola. In 50 metri quadri ospitano in media 4mila volumi, a fronte di un assortimento di 3.500 titoli. Se un libro ha successo, come è stato il caso lo scorso anno delle 80 copie di Le cose inmisurabili, autoproduzione dell’illustratrice Ayumi Kudo, riassortiscono, ma la flessibilità è basilare. “Di tanti libri ordiniamo una copia sola”, spiegano, ed è la stessa cura sartoriale che mettono nella definizione dei corsi e dei laboratori di artigianato, l’altra attività portante della libreria. Una doppia anima, una formula ancora in divenire, che ha fruttato una crescita di fatturato del 20% all’anno.
Siamo alla frontiera del rinnovamento delle librerie indipendenti, un universo eterogeneo che l’anno scorso ha dato inattesi segni di ripresa. Secondo l’Associazione Editori (Aie) nel 2015 le librerie a conduzione familiare hanno recuperato lo 0,3% sugli altri canali di vendita del libro cartaceo rispetto al 2014. Lo stesso mercato del libro, da sempre asfittico, tanto più in questi anni di crisi, ha guadagnato nel 2015 lo 0,7% (vale 1,2 miliardi di euro) e segnato un leggero aumento dei livelli di lettura: 24 milioni di persone leggono almeno un libro all’anno, anche se i lettori forti (sopra i 10 titoli all’anno) sono solo 4 o 5 milioni. La ripresa per le librerie indipendenti è modesta (fatturato +1,8%), ma è molto significativa dopo anni di netto calo: oggi valgono il 31% del mercato, nel 2010 erano al 38,8%. Secondo Gianni Peresson, responsabile Ufficio studi Aie, “in realtà nel 2015 le indipendenti sono andate anche meglio. Il fatto è che, dopo essere passate sotto il rullo compressore delle librerie di catena prima e di Amazon poi, le indipendenti che hanno saputo rinnovarsi oggi sono in buono stato”.
Carlo Savarese di Pea Italia, società di promozione libraria, si muove nel mercato dagli anni Settanta: “Per decenni è proseguita una desertificazione delle librerie a conduzione familiare: in un mercato povero, non reggevano i costi degli affitti e del personale. Oggi rinascono diverse nuove iniziative, anche se spesso molto piccole”. Quante siano le librerie indipendenti è difficile stimarlo, anche perchè aperture e chiusure sono continue. Messaggerie Libri, il più grande distributore italiano, e Fastbook, il principale grossista, entrambi controllati dal gruppo Messaggerie, forniscono una stima ponderata di circa 3mila rapporti aperti con librerie indipendenti in Italia.
Carmelo Calì ha 35 anni e gestisce “Libri e bar Pallotta”, sorta a Roma nel 2012, fra i muri che per decenni aveva ospitato un bar sport presso ponte Milvio. Ancora oggi il locale integra la libreria e un locale. Ma l’intuizione più spettacolare di Carmelo e della sua collega Carla si chiama Libri a mollo. “Due estati fa ci è venuta l’idea di portare all’aperto alcuni degli incontri che avevamo pensato per la libreria”, racconta Carmelo. “Ci siamo accordati con i gestori dello storico chioschetto del Ponte Milvio, detto anche ‘ponte mollo’, zona di movida. Il risultato è stato che persone che erano lì per l’aperitivo si trovavano un piccolo palco e qualcuno come lo scrittore (Premio Strega 2015) Nicola Lagioia che presentava il suo nuovo libro”. Visto il successo del 2014, si è strutturata la seconda edizione come una vera rassegna estiva: un appuntamento a settimana per tre mesi con scrittori e, talvolta, eventi musicali o poetici. “Tutto questo, insieme al rinnovo di alcune formule commerciali, ci ha portato a crescere fra il 5 e l’8% ogni anno”.
Un’immagine di qualità e insieme di creatività “è necessaria per qualunque libreria”, dice Romano Montroni, presidente del Centro per il libro e docente alla Scuola Librai Uem. “Il mercato è troppo piccolo, i lettori forti sono una nicchia e i meccanismi di standardizzazione in questo business non funzionano”. Alla MarcoPolo di Venezia la miscela di creatività e cultura l’hanno declinata con le serate di lettura su barche storiche. Racconta uno dei tre soci, Claudio Moretti: “Negli ultimi tre anni, assieme all’associazione Il Caicio, abbiamo organizzato dei Freschi libreschi, che si sono svolti navigando per i canali di Venezia su imbarcazioni in legno a remi. Gruppi da 4 a 10 persone leggevano ciascuno per conto proprio ciò che volevano, poi, in determinati luoghi, ciascuno aveva l’opportunità di condividere a voce alta con gli altri qualcosa che trovava significativo”. Nata negli anni Duemila come libreria di viaggio di una trentina di metri quadri, la MarcoPolo ha aperto lo scorso settembre un secondo e più grande negozio in campo Santa Margherita, una zona della vita notturna. “Da un po’ di tempo crescevamo del 10% all’anno, il mercato c’è e ci vogliamo provare, con le iniziative speciali e sopprattutto con la selezione dei libri. In fondo la parte principale del nostro mestiere resta comunque leggere e consigliare”.
Francesco Cataluccio, scrittore con un importante passato nell’editoria, concorda e collega il ragionamento al contrasto fra virtuale e reale: “C’è sempre la possibilità di comprare un libro su Amazon, ti arriva in un giorno e mezzo e a prezzo scontato. Se scelgo il libraio è proprio per questa sua funzione insostituibile di selezione e proposta di qualità. E questa qualità è ciò che si percepisce anche nella relazione col libraio e fra i lettori: le librerie sono fra i pochi luoghi di una socialità ‘calda’ rimasti nelle nostre città. Del resto, le librerie ben curate sono l’estensione naturale dei libri originali e confezionati bene, anch’essi di grande successo di questi tempi, con buona pace dei tablet”. È d’accordo Alberto Ottieri, amministratore delegato di Messaggerie: “il punto fondamentale dell’attività dei librai è il rapporto di fiducia con i clienti. Oggi il libraio è un soggetto imprenditoriale forte in grado di fare scelte autonome, anche controcorrente”.
“Posso dire una parolaccia? La libreria è anche un’azienda, e prima lo capiamo e meglio stiamo”. Danilo Dajelli, 35 anni, è il libraio di Gogol & Company, nel pieno dello storico quartiere milanese del Giambellino. L’ha fondata nel 2010 e oggi la conduce con la compagna, Tosca, e ben nove dipendenti, molti dei quali part-time. Nei 200 metri quadri del locale trova posto un bistrot che porta circa metà del fatturato. Su cibo e bevande, del resto, i margini sono superiori rispetto al libro, dove si resta fra il 30 e il 45%: per questo, in tutta Italia, molti librai hanno scelto di integrare la loro offerta con la vendita di altri beni e servizi. “Anche se il nostro assetto si fonda sul libro, il bistrot è una componente essenziale dell’attività. Libri e cibo cerchiamo di interpretarli allo stesso modo, nella selezione e nella proposta, e di fare sintesi fra loro”. Del resto, tendenze comuni ad altri ambiti del commercio si stanno propagando anche nell’editoria: attenzione alla qualità, scelta diretta, accorciamento della filiera. Tra gli esiti spicca una rafforzata tendenza al dialogo fra librerie e case editrici indipendenti, piccole e medie. Un’attenzione reciproca che passa dall’organizzazione di eventi e presentazioni, fino a sfociare talvolta nella fornitura di libri in conto deposito, qualora non sussistano contratti di esclusiva con i distributori tradizionali. “Per il libraio questo significa migliori margini e soprattutto nessuna esposizione, perché paga solo ciò che vende”, dice Danilo. Diverse case editrici trovano anch’esse convenienza nel dialogo diretto: “Un rapporto virtuoso con i librai indipendenti permette a noi piccoli e medi editori di venire a galla e di essere valorizzati”, spiega Fabio Ferretti, direttore commerciale di Quodlibet. Conferma Alberto Ibba, suo omologo presso la neonata NN Editore: “La relazione diretta ci conduce a lavorare di più, ma ci porta visibilità e margini più ampi, aiutandoci a gestire i seri rischi imprenditoriali che sopportano le piccole case editrici”. Non è sorpreso Alberto Ottieri di Messaggerie: “Il fenomeno in realtà esiste da tempo e non cambia il fatto che gli strumenti migliori per leggere l’andamento del mercato a librai ed editori li fornisca ancora la grande distribuzione. Del resto le librerie sono il nostro primo riferimento e, considerando l’efficienza di una distribuzione che può contare su un magazzino di 130mila titoli circa, restiamo una ricchezza per questo mercato”.
È un confronto di modelli, sullo sfondo della trasformazione delle librerie. Per dirla con la pluridecennale esperienza di Savarese: “siamo in una di quelle cicliche fasi di caos, di entropia del mercato librario, nelle quali cambia tutto”. Rispetto al decennio precedente, il modello ideale della libreria di successo è mutato, come spiega Peresson: “si riducono di molto le superfici e soprattutto gli assortimenti presenti in negozio: nell’epoca di internet e degli approvvigionamenti rapidi e mirati, calano da 70-80mila volumi a meno di 10mila”, lasciando in certi negozi lo spazio per altro: i bistrot, la vendita del no book, le poltrone e l’arredo creativo, gli eventi.“In un mercato con queste caratteristiche di ristrettezza, i piccoli non possono fare a meno di autorganizzarsi”, dice Paola Dubini, docente alla Bocconi di Milano ed esperta di economia del libro.
C’è il caso di Letti di notte, manifestazione nata nel 2012 come notte bianca della lettura diffusa, cui hanno aderito molte decine di librerie in tutta Italia. O quello recente dell’applicazione Libricity, imperniata su un motore di ricerca che mette in rete i cataloghi di tutte le librerie aderenti, “e che può rivelarsi in prospettiva una fonte di reperimento libri più ricca di Amazon”, dice Marco Zapparoli. “L’Italian Book Challenge, invece è il primo caso di autorganizzazione collettiva dei librai”, racconta Daniela Alparone, proprietaria di Dovilio, piccola libreria nel centro di Caltagirone. Si tratta di una sfida di lettura patrocinata da una rete di 183 librerie italiane, cui stanno accostandosi migliaia di lettori. Lo scopo è leggere più libri possibile, facendosi ispirare da 50 tracce diverse. I librai certificano l’avanzamento di ciascun partecipante, nomineranno il loro lettore più forte, mentre a fine anno verrà premiato l’iperlettore nazionale. “La sfida, che si ispira ad analoghe iniziative straniere, è un pretesto per leggere e divertirci. La particolarità è che l’abbiamo messa in piedi a partire da un semplice gruppo su Facebook, dove, in una trentina di librai, avevamo già cominciato a scambiarci informazioni e consigli”. Daniela parla di questo gruppo con gratitudine: “quando alcuni anni fa ha aperto una grande Mondadori qui a Caltagirone, il mio giro d’affari era molto calato. Avevo anche pensato di chiudere, finchè l’anno scorso mi sono riorganizzata e in novembre ho rinnovato il locale e inaugurato una filosofia più dinamica, fatta di tanti eventi e presenza sui social. Nel definire tutto questo i consigli del nostro gruppo online sono stati davvero importanti”. Da Lecco, con la Libreria Volante, dove è stata ideata l’iniziativa, alla Sicilia di Dovilio e della storica Modusvivendi di Palermo, passando per Le notti bianche di Vigevano, Il mio libro di Milano, la Ghibellina di Pisa e tante altre, il giro si è allargato a quasi duecento librerie.
“È la prima volta in assoluto che organizziamo qualcosa del genere”, dice Fabrizio Piazza della Modusvivendi, “e sono convinto che in prospettiva, se sapremo continuare a coordinarci, potremo cominciare a esercitare anche un certo peso politico e commerciale”.