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Diritti / Intervista

Regno Unito, dove la povertà diffusa è frutto di una precisa scelta politica

Nel quinto Paese più ricco al mondo, 14 milioni di persone non hanno risorse sufficienti. Intervista a Philip Alston, relatore Onu su povertà e diritti umani: “È il risultato di politiche di austerity adottate dal 2010. E con Brexit le cose andranno peggio”

Tratto da Altreconomia 211 — Gennaio 2019
Philip Alston è il rappresentante speciale delle Nazioni Unite in tema di povertà e diritti umani - © UN Photo / Jean-Marc Ferré

Nel Regno Unito, oggi, 14 milioni di persone vivono in condizioni di povertà: un quinto della popolazione. Di queste, 1,5 milioni sono indigenti, cioè non possono permettersi beni di prima necessità. La povertà infantile dovrebbe aumentare del 7% nel 2022 rispetto al 2015, i senzatetto sono già cresciuti del 60% dal 2010 e le ‘banche del cibo’ si stanno rapidamente moltiplicando. Tutto ciò accade nel quinto Paese più ricco al mondo. Non è solo un disonore: è una calamità sociale e un disastro economico”.

Dal giugno 2014, Philip Alston è il relatore speciale delle Nazioni Unite per la povertà estrema e i diritti umani. Australiano, insegna alla Scuola di Legge dell’Università di New York. È un esperto indipendente che tra i suoi compiti ha anche quello di condurre missioni di ricerca sul campo. Nelle prime due settimane del novembre 2018 è stato nel Regno Unito. Ha visitato Belfast, Bristol, Cardiff, Edinburgo, Essex, Glasgow, Jaywick, Londra e Newcastle. Ha incontrato il governo, centrale e locale, ma anche singoli cittadini, organizzazioni della società civile che si occupano di povertà e diritti umani, accademici. Il suo obiettivo era quello di “investigare gli sforzi del governo per sradicare la povertà”. Il report conclusivo di quel viaggio verrà presentato a Ginevra nel giugno 2019, ma un primo pezzo ha già preso la forma di uno “statement” di 24 pagine diramato al suo rientro dalla missione. Un ritratto tremendo del Regno Unito e delle politiche di austerity adottate dai governi a partire dal 2010. “Una situazione sotto gli occhi di chiunque voglia aprirli, in un Paese che ha istituito il ministero per la prevenzione dei suicidi”. E dove l’ombra dell’uscita negoziata del Paese dall’Unione europea -Brexit- si allunga in particolare sugli strati più deboli della popolazione.

Professor Alston, perché ha scelto di concentrarsi sul Regno Unito?
PA Ho deciso di andare nel Regno Unito perché con tutta probabilità questo Paese ha cambiato il suo sistema di welfare in una maniera più drastica di quasi tutti gli altri Stati, peraltro in un periodo di tempo molto breve. Lo definirei un esperimento che ha comportato il ricorso all’austerità non tanto per risparmiare risorse del bilancio pubblico, quanto soprattutto per allontanarsi da molti principi dello Stato sociale. Dove la povertà diffusa -e che interessa un quinto della popolazione- è una precisa scelta politica.

In che senso?
PA L’austerità avrebbe potuto facilmente risparmiare i poveri, se ci fosse stata la volontà politica di farlo. Nell’ultimo bilancio dello Stato erano a disposizione del Tesoro risorse che avrebbero potuto trasformare la situazione di milioni di persone che vivono in povertà, ma la scelta politica è stata quella di finanziare gli sgravi fiscali per i ricchi. Ritengo quindi che il Regno Unito sia un esempio molto importante e che sia necessario comprenderlo, in quanto vi sono crescenti pressioni sugli Stati affinché seguano questo “precedente”. Che è fatto di enormi tagli ai finanziamenti, un cambiamento profondo nel modo in cui vengono “amministrati” i servizi sociali, un pesante ricorso alla tecnologia e all’automazione dei processi. Di fronte a questo disastro, e a 14 milioni di poveri, il governo è rimasto fermo su una posizione di negazione e di rimozione.

20% le persone che vivono in stato di povertà nel Regno Unito sul totale della popolazione

Il “disastro” riguarda anche casa e cibo?
PA Esattamente. In Inghilterra, il numero di senzatetto è aumentato del 60% dal 2010, quello delle persone in lista d’attesa per gli alloggi sociali del 134%. A fronte di 1,2 milioni di persone in attesa dell’alloggio, lo scorso anno sono state costruite meno di 6mila case. Il ricorso alle banche del cibo è cresciuto di quasi quattro volte dal 2012, e al momento ci sono circa duemila foodbank nel Regno Unito contro le 29 del 2008-2009 (dati Centre for Welfare Reform).
E se il governo non misura la povertà alimentare, un ministro ha sminuito la rilevanza del ricorso alle banche del cibo definendolo “occasionale” e aggiungendo che queste esistono anche in molti altri Paesi occidentali.

Quali sono stati i principali effetti delle misure di austerity sulle misure di assistenza sociale?
PA Un caso classico è quello del consolidamento di sei diverse misure in una sola, denominata “Universal Credit”. Questo sistema è stato progettato prevedendo un ritardo di cinque settimane tra il momento in cui le persone presentano con successo una richiesta di sussidio e il momento in cui lo ricevono. Le ricerche suggeriscono che questo “periodo di attesa”, che in realtà richiede spesso fino a 12 settimane, spinge quei tanti che già sono in crisi dentro una spirale di altri debiti, affitti arretrati e nuove difficoltà, richiedendogli addirittura di stringere su cibo o riscaldamento. Non sorprende che la maggior parte dei ricorrenti finisca per chiedere “pagamenti anticipati”, che a loro volta devono essere rimborsati al dicastero competente (Department for Work and Pensions, DWP, ndr) in tempi relativamente brevi. Inoltre, i debiti nei confronti del DWP possono essere dedotti dai già esigui sussidi dell’“Universal Credit”. Questo ha portato a una riduzione significativa dei benefici per molte persone e ne ha reso difficile la sopravvivenza finanziaria. A questa situazione è legata anche la cosiddetta “politica dei due figli”, per la quale si possono ottenere benefici solo per due bambini: tutto ciò che è in più è un tuo problema. C’è l’obbligo di frequentare regolarmente un centro per l’impiego e aggiornare quotidianamente via internet una persona che viene chiamata il tuo job coach. Devi dimostrare che stai investendo 35 ore ogni settimana alla ricerca di un lavoro e devi avere le prove. Dentro questa cornice sono previste sanzioni molto severe associate a qualsiasi violazione delle regole, anche minori. L’arrivo in ritardo a una riunione potrebbe portare alla sospensione di tutti i benefici per un determinato periodo di tempo. E tre sanzioni possono effettivamente portare alla sospensione per un periodo di tre anni, il che è drammatico.

“C’erano a disposizione risorse che avrebbero potuto trasformare la vita di milioni di persone in povertà, ma la scelta è stata quella di finanziare gli sgravi fiscali per i ricchi”

Nel suo statement ha trattato del taglio ai finanziamenti delle amministrazioni locali.
PA A questo proposito parliamo specificamente dell’Inghilterra, perché i governi di Galles, Scozia e dell’Irlanda del Nord si sono comportati in maniera diversa. In Inghilterra questo taglio è prossimo al 50% dell’intero bilancio sul quale potevano contare le autorità locali da parte del centro. E il risultato è che le amministrazioni locali sono state sventrate e non sono più in grado di fornire molti dei servizi che garantivano, trovandosi così costrette a far tutto il possibile per raccogliere fondi ed evitare di andare in bancarotta. Le biblioteche chiudono, così come i centri ricreativi e i parchi.

Come si inserisce Brexit in questo scenario?
PA Non mi esprimo nel merito o su come andrebbe affrontata, ma dico solo che chi è sensibile al tema della povertà nel Regno Unito ha buoni motivi per essere preoccupato. Ad oggi si è discusso soltanto degli effetti di Brexit sulla comunità finanziaria piuttosto che degli impatti sui più poveri. Mi spiego: secondo stime del governo, Brexit determinerà un crollo del 4% del Prodotto interno lordo del Paese. Significa minor gettito fiscale e meno risorse a favore del già indebolito Stato sociale. La perdita di valore della sterlina ha già determinato un incremento del costo della vita dei poveri per 400 sterline all’anno (Holger Breinlich et al, Centre for Economic Performance e LSE). Secondo la Joseph Rowntree Foundation, inoltre, se il governo non farà nulla per affrontare l’inflazione post-Brexit, 900mila persone potrebbero cadere in povertà. A questo va aggiunto che Brexit determinerà per il Regno Unito la perdita di cospicui finanziamenti comunitari che andranno a colpire in particolare i più poveri che ne hanno beneficiato maggiormente, compresi 9 miliardi di sterline indirizzati a misure di riduzione della povertà tra 2014-2020. Il governo ha annunciato di voler “rimpiazzare” quelle risorse, ma a pochi mesi da Brexit, che mi risulti oggi (inizio dicembre 2018, ndr) non è stata data alcuna informazione operativa nel merito.

Una manifestazione contro l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea tenutasi a Londra nel giugno 2018, a due anni dal referendum – commons.wikimedia.org

La soluzione alla povertà può essere solo il lavoro, come sostiene il governo inglese?
PA Il lavoro è estremamente importante e tutte le persone che ho incontrato in condizioni di povertà lavorano o vogliono lavorare. Il problema che il governo non vuole riconoscere è che oggi nel Regno Unito puoi anche lavorare a tempo pieno ma questo non ti permette di guadagnare a sufficienza per uscire dalla povertà. Non c’è un automatismo. Come spiegare altrimenti 2,8 milioni di persone che vivono in povertà in famiglie dove tutti gli adulti lavorano a tempo pieno? Una persona che ho incontrato nel mio viaggio mi ha detto: “Conosco chi svolge cinque lavori per raggiungere il salario minimo nazionale, che non è un salario di vita”. Tra chi frequenta le foodbank del Trussell Trust, uno su sei lavora. 

“Il problema che il governo non vuole riconoscere è che oggi nel Regno Unito puoi anche lavorare a tempo pieno ma questo non ti permette di uscire dalla povertà”

Questa missione segue quella negli Stati Uniti e il recente rapporto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite sul fenomeno delle privatizzazioni. Che cosa ne ha tratto?
PA Il messaggio che sto cercando di inviare alla comunità dei diritti umani, e cioè alle persone sensibili a questi temi, è che non ci si può preoccupare soltanto delle torture, sparizioni o di altre forme di violenza. È necessario osservare tutto il campo dei diritti umani, compresi politiche e attori che non si esauriscono nella polizia o nei militari. Il processo di privatizzazione ha comportato spesso l’eliminazione sistematica della tutela dei diritti umani e l’ulteriore emarginazione degli interessi dei lavoratori a basso reddito e di coloro che vivono in condizioni di povertà. Ritengo che si debbano proteggere i diritti umani piuttosto che mettere le persone alla mercé del libero mercato, anche in relazione a servizi essenziali come la salute o la protezione sociale o la giustizia. Sempre più spesso nelle società occidentali i governi affidano queste responsabilità al settore privato e di fatto perdono la capacità di garantire che gli standard minimi vengano rispettati.
E per me tutto questo solleva importanti questioni di diritti umani.

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