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Qui nessuno ci vuole invadere

Usando titoli azzardati e paragoni biblici i media hanno alimentato nel nostro Paese una falsa percezione in merito all’arrivo di migranti e alla presenza di rom nel Paese. È ora di smetterla, lo direbbe anche la deontologia. La Lega Nord, intanto, promuove una manifestazione "Stop invasione", per il prossimo 18 ottobre

Tratto da Altreconomia 163 — Settembre 2014

Un sondaggio reso noto da Nando Pagnoncelli sul Corriere della Sera informa che una percentuale altissima di italiani (il 69%) sovrastima il numero di cittadini di origine straniera presente in Italia. Il quesito, per la precisione, chiedeva di indicare la percentuale di persone nate all’estero ed immigrate regolarmente nel nostro Paese. Il dato reale, secondo l’Istat, è circa il 7% (4 milioni 377mila persone), ma solo l’8% degli interpellati ha indicato la fascia d’oscillazione più pertinente (5-8%) e un altro 4% ha sottostimato la percentuale. Quasi un quarto della popolazione, secondo questo sondaggio, pensa che i residenti d’origine straniera siano almeno la metà della popolazione.
Viene in mente un altro rilevamento di qualche anno fa, riguardante la presenza di rom e sinti in Italia. Secondo le stime più accreditate essi sarebbero circa 170mila (meno dello 0,3% della popolazione), mentre circa un terzo delle persone ritiene che siano fra 1 e 2 milioni.

Sono numeri indicativi di una “percezione” che risente fortemente, se non principalmente, della pressione mediatica cui siamo sottoposti. La questione migranti da un lato, la cosiddetta emergenza nomadi dall’altro, sono da anni nell’agenda mediatica e politica dell’Italia, con toni che possiamo definire esasperati e drammatizzanti senza tema di smentita. La minoranza rom e sinta è certamente la più rappresentata mediaticamente fra le minoranze esistenti nel nostro Paese e non stupisce, nel clima di avversione e di razzismo istituzionale che la riguarda, che sia percepita come un gruppo umano ben più consistente. Se ne parla continuamente e quasi sempre nelle pagine di cronaca nera o per riferire di iniziative politiche e amministrative “esemplari” in termini di garanzie di sicurezza per i cittadini. L’enfasi, nell’insieme, è ben superiore alla portata reale dei fenomeni sui quali si sostiene di intervenire, cioè episodi di microcriminalità, mentre resta assai sfumata la condizione di emarginazione e discriminazione subita dalle vittime di simili provvedimenti. Esiste sul tema una letteratura smisurata, che il mondo giornalistico continua colpevolmente ad alimentare.

Non può sorprendere nemmeno l’impressionante errore di percezione del fenomeno migratorio. È un’amara beffa, per il sistema giornalistico italiano, che negli stessi giorni dell’intervento di Pagnoncelli sul Corriere, un importante settimanale come l’Espresso abbia pubblicato un lungo articolo sui profughi in arrivo (forse) nel nostro Paese scegliendo per titolo un classico del lessico allarmistico: “Invasione”. E l’articolo, nell’ipotizzare “120mila sbarchi”, cominciava così: “La situazione è senza precedenti, di dimensioni bibliche”. In realtà si tratta dell’ennesima esagerazione, che ricorda le “invasioni” e gli “esodi biblici” evocati imprudentemente all’epoca della recente guerra in Libia. Anche in quei giorni i maggiori giornali, e fior di “editorialisti democratici”, accreditavano l’allarme rosso indicato dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, respingendo con fastidio le osservazioni di chi invitava ad abbassare i toni ed attenersi ai fatti, salvo scoprire in seguito che non si sarebbe toccata la cifra di 50mila arrivi dal Nord Africa.

L’associazione Carta di Roma, nata per garantire il rispetto del codice deontologico dei giornalisti in materia di migranti e minoranze, è dovuta intervenire per ricordare che il gergo bellico -invasione, bomba immigrati, tregua e così via- è del tutto inappropriato a descrivere “un’emergenza che non riguarda i numeri, ma è di carattere umanitario e organizzativo”. E l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ha rimarcato che “50mila arrivi, anche se dovessero diventare il doppio, rappresentano un numero importante, ma certamente non eccezionale per un Paese di 60 milioni di abitanti. Non si può certo parlare di invasione”. Basta pensare che il Libano, 4 milioni di abitanti, sta ospitando un milione di rifugiati siriani. Circa sette anni fa, all’apice della campagna politico-mediatica sulla “emergenza sicurezza”, di fronte a rilevamenti statistici sulla criminalità che smentivano l’allarme diffuso, si arrivò a teorizzare la necessità di intervenire comunque, per fronteggiare la “insicurezza percepita” dai cittadini. Senza, naturalmente, fare alcunché per ricondurre la percezione a una maggiore aderenza alla realtà. Un brutto precedente che sembra non aver insegnato granché al nostra sistema mediatico. Che sia lì la vera emergenza? —
 

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