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Forze dell’ordine: lo squilibrio che nessuno vuole affrontare
In Italia ci sono 453 agenti ogni 100mila abitanti. Tra i livelli più alti dell’Ue. Un assetto non giustificato dal numero di reati. La rubrica di Lorenzo Guadagnucci
Servono più controlli, più pattuglie per strada, più personale per le forze dell’ordine. Quante volte abbiamo sentito queste invocazioni. Sono parte essenziale della retorica sulla sicurezza che ha spianato la via alla politica della paura, dominante negli ultimi anni sulla scena pubblica locale e nazionale. Si è riusciti a diffondere la sensazione che le nostre città siano preda della microcriminalità, che pericoli crescenti siano in agguato e su tale base si è formulata una proposta politica tanto semplice quanto efficace: promettere protezione, emanare ordinanze e decreti zeppi di divieti e interdizioni per militarizzare la vita urbana. E indicare categorie sociali pericolose: gli immigrati, i rom, i giovani vestiti con fogge alternative (un tempo si guardava con sospetto ai “capelloni”).
In questo clima è diventato un luogo comune l’obiettivo di aumentare gli organici delle forze dell’ordine. L’equivalenza è semplice: cresce la paura (non i reati, perché ovviamente si parla di sensazioni e non di fatti), bisogna quindi aumentare i controlli e così il cittadino si sentirà rassicurato. E infatti nei nostri corpi di polizia sono state fatte assunzioni straordinarie, salvo scoprire ciò che in realtà sappiamo da sempre, e cioè che l’Italia è un Paese con un altissimo quoziente di agenti in servizio rispetto alla popolazione.
L’ultima certificazione arriva da una fonte insospettabile: l’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, animato dal campione dei tagli alla spesa pubblica, Carlo Cottarelli. Secondo il rapporto, in Italia abbiamo circa 306mila agenti (appartenenti alle varie forze dell’ordine, scese da 5 a 4 dopo il passaggio del Corpo forestale ai Carabinieri) ossia 453 ogni 100mila abitanti, cifra che colloca il nostro Paese all’ottavo posto in Europa, ben oltre la media continentale, ferma a 355 agenti ogni 100mila abitanti.
306.000 è il numero degli agenti, appartenenti alle varie forze dell’ordine, in servizio in Italia
Il confronto con Paesi simili al nostro è molto eloquente: Regno Unito 211 agenti, Germania 297, Francia 320, Spagna 361. Un simile apparato comporta ovviamente una spesa notevole, 22,6 miliardi di euro, ossia l’1,3% del Pil, assai al di sopra della media europea dello 0,9%. Lo staff di Cottarelli, nella ricerca di una giustificazione tecnica razionale per un apparato che pare elefantiaco e costoso, ha provato a comparare gli organici alla quantità di reati registrati dalle statistiche, scoprendo che la relazione resta squilibrata: a un più 11,7% di reati rispetto alla media europea corrisponde un più 27,6% di agenti in servizio.
L’Osservatorio della Cattolica nel suo rapporto si preoccupa soprattutto dell’eccesso di spesa pubblica e non manca di sottolineare l’incomprensibile sovrapposizione (a volte addirittura concorrenza) fra le diverse forze dell’ordine. Un assetto più snello sarebbe certamente possibile, ma toccherebbe affrontare la questione con laicità e senza schemi precostituiti, superando la logica autoreferenziale coltivata ai vertici degli apparati con il consenso delle altre istituzioni; toccherebbe abbandonare la propaganda e attenersi ai fatti; bisognerebbe mettere da parte la velenosa retorica della sicurezza. Le forze politiche attuali non sono pronte a niente del genere e i vertici delle forze dell’ordine, a loro volta, preferiscono lo status quo, a costo di apparire altamente inefficienti. La verità è che abbiamo fin troppi agenti, i quali meriterebbero un’attenzione diversa, in modo da valutare i bisogni e le necessarie correzioni di rotta sulla base della realtà e non degli slogan.
Lorenzo Guadagnucci è giornalista del “Quotidiano Nazionale”. Per Altreconomia ha scritto, tra gli altri, i libri “Noi della Diaz” e “Parole sporche”
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