Diritti
Quando l’Italia mandava alla tortura in Tunisia
La notizia è che l’Italia è stata condannata dalla Corte europea per i diritti umani per il rimpatrio forzato di un cittadino tunisino, Ali Ben Sassi Toumi, pur conoscendone la condizione di perseguitato politico da parte del regime di Hosni…
La notizia è che l’Italia è stata condannata dalla Corte europea per i diritti umani per il rimpatrio forzato di un cittadino tunisino, Ali Ben Sassi Toumi, pur conoscendone la condizione di perseguitato politico da parte del regime di Hosni Mubarak,il dittatore amico dell’occidente (Italia in testa) da poco deposto. Il caso ebbe una certa evidenza un paio di anni fa, grazie all’impegno – fra gli altri – di Amnesty International, che citava il caso nel suo Rapporto 2010 con queste parole:
Il 2 agosto, le autorità italiane hanno rimpatriato in Tunisia Ali Ben Sassi Toumi, nonostante tre distinte decisioni della Corte europea dei diritti umani avessero richiesto la sospensione del suo rimpatrio forzato. In Tunisia, egli è stato detenuto in incommunicado e i suoi parenti non sono stati informati della sua sorte fino al 10 agosto, giorno in cui è stato liberato su cauzione. A fine anno era ancora in attesa del processo per le accuse di reati connessi al terrorismo.
E’ un caso che merita d’essere ricordato in questi giorni, con il nostro paese impegnato a gestire, con metodi assai discutibili e un’attenzione pressoché nulla alle esigenze delle persone in arrivo – per l’appunto – della Tunisia, oltre che in una "guerra umanitaria", motivata (sia pure blandamente) con la necessità di tutelare i diritti della società civile libica.
Non siamo un paese, diciamocelo, in grado di pontificare sui diritti civili e umanitari. E la Corte di Strasburgo ce lo ha ricordato.