Una voce indipendente su economia, stili di vita, ambiente, cultura
Diritti / Opinioni

Più sorvegliati ma meno sicuri

Si allarga a dismisura l’area d’intervento delle polizie segrete e le possibilità di sorveglianza da parte degli esecutivi. Ecco perché le “risposte” al terrorismo di Paesi come Canada e Francia sono contrarie ai diritti civili

Tratto da Altreconomia 172 — Giugno 2015

“Ci vediamo in galera, ragazzi”. Margaret Atwood, la più importante scrittrice canadese, ha commentato così l’approvazione della contestata (come dimostra la foto sotto) legge “C-51” al parlamento federale di Ottawa. Si tratta di un provvedimento “contro il terrorismo” che conferisce maggiori poteri ai servizi segreti e stabilisce una serie di deroghe ai princìpi costituzionali che tutelano la privacy dei cittadini. La legge è stata approvata sull’onda delle preoccupazioni suscitate dall’assalto armato dello scorso ottobre al parlamento federale canadese: un attentatore uccise un militare e sparò all’interno del parlamento, prima di essere ucciso dalle forze di sicurezza. Il governo di Stephen Harper ha reagito con provvedimenti che si ispirano a un nuovo concetto chiave: la sorveglianza totale. La promessa di sicurezza si traduce in piani di controllo che sono percepiti come più efficaci quanto più allargano la rosa dei sospettati. L’esito è fatalmente l’intrusione nella vita e nelle attività di innumerevoli cittadini. Il Globe & Mail, uno dei maggiori quotidiani del Paese, non ha nascosto la propria preoccupazione: c’è il rischio, ha spiegato, che la semplice condivisione di informazioni e commenti riguardanti attentati e gruppi terroristici sia motivo sufficiente per far scattare la sorveglianza, con tutto ciò che ne segue. Il “Bill C-51” prevede anche eccezioni alle normali procedure giudiziarie e di polizia nel trattamento dei sospettati. Per il liberale e democratico Canada, il “Bill C-51” è stato un piccolo choc, tanto da suscitare un vasto movimento di protesta, cui ha preso parte anche l’influente e allarmatissima Margaret Atwood.

In verità stiamo vivendo l’onda lunga del progetto di sorveglianza globale svelato da Edward Snowden, l’ex dipendente della Cia considerato da alcuni un eroe della libertà di coscienza e della lotta per la democrazia, ma anche additato come un irresponsabile da molti leader politici, osservatori, giornalisti di mezzo mondo. A distanza di oltre due anni, possiamo dire che la rivelazione di quei piani non ha suscitato un’indignazione abbastanza forte da spingere i governi a correggere il tiro. Il sogno, o forse l’incubo del controllo totale di tutti i cittadini continua ad essere il cuore dei progetti contro il terrorismo jihadista. Ma a ben vedere, più che di prevenzione contro possibili attentati, si tratta della proposta di un nuovo modello sociale. Il consueto scambio “meno diritti e libertà, più sicurezza”, tipico dei “governi della paura” post 11 settembre, è in fase di evoluzione: si alza la posta delle rinunce chieste ai cittadini, si estende a dismisura l’area d’intervento delle polizie segrete, si sfruttano senza limiti le possibilità tecnologiche di sorveglianza. Ai cittadini si chiede di accettare l’idea di vivere in società teleguidate da poteri di polizia senza confini, specie nella sfera della comunicazione.

Anche la Francia si è dotata di una nuova legge sui servizi di intelligence e come nel caso del Canada si attribuiscono poteri straordinari ai servizi segreti, messi al riparo  dal controllo giudiziario in casi di “emergenza” e “urgenza assoluta”. La legge consente anche di avviare piani di sorveglianza mirata grazie alle cosiddette “scatole nere”, cioè  l’esame automatico dei “metadati” di navigazione (durata delle connessioni, indirizzi dei siti visitati e così via): quando un “profilo” tende a somigliare a quelli di gruppi terroristici e presunti simpatizzanti, scatta l’intervento della polizia segreta, senza il bisogno che vi sia l’intervento di un magistrato.
Sullo sfondo, come nel caso canadese, c’è il miraggio della sorveglianza totale. Il mito del pronto intervento dei commando si somma alla fantasia del controllo cui nulla sfugge, un mito reso credibile dall’alone di onnipotenza che circonda le tecnologie della comunicazione.
Edward Snowden ha commentato la legge francese in modo lapidario: “La sorveglianza di massa esiste già in Francia e non ha impedito l’attacco contro Charlie Hebdo. Sappiamo già che non è efficace. Questa legge non aumenta la sicurezza ma la sorveglianza”. Ma forse dobbiamo dire: appunto.

© Riproduzione riservata

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Altreconomia per non perderti le nostre inchieste, le novità editoriali e gli eventi.