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Diritti

Per Alemanno anche la protesta è una merce

Con grande disinvoltura, il sindaco di Roma Gianni Alemanno progetta l’introduzione di una tassa sui cortei. La motivazione è puramente economica: il Comune, dopo ogni manifestazione, deve provvedere alle pulizie, e non è giusto – dice il sindaco – che…

Con grande disinvoltura, il sindaco di Roma Gianni Alemanno progetta l’introduzione di una tassa sui cortei. La motivazione è puramente economica: il Comune, dopo ogni manifestazione, deve provvedere alle pulizie, e non è giusto – dice il sindaco – che i costi ricadano sui cittadini romani, visto che spesso chi partecipa ai cortei viene da fuori.

L’effetto principale di questa tassa – un contributo alle spese, secondo Alemanno – sarebbe la mercificazione  della protesta sindacale e politica: un autentico capolavoro al quale nessuno aveva finora pensato. I cortei li farà chi potrà permetterseli. Il sindaco dice che un corteo di diecimila persone costa al Comune 18mila euro. L’espressione del dissenso avrebbe dunque un tariffario ben preciso e il numero dei cortei calerebbe sicuramente, se la tassa Alemanno fosse davvero applicata.

Nel ragionieristico approccio del sindaco, a dire il vero, mancano un bel po’ di elementi, ad esempio il "contributo" che i manifestanti danno all’economia locale, con le spese di soggiorno, vitto e alloggio, e manca anche un ragionamento sui costi che il Comune deve pagare ogni giorno per la presenza in città di non romani: non solo turisti, ma anche gente di passaggio; per non parlare del traffico automobilistico, che deteriora le strade, sporca, insomma costa, e in larga misura è dovuto – il traffico – a non romani. Diciamo che una capitale, per il suo ruolo, assomma una serie di oneri e benefici che è ben difficile quantificare, ed è abbastanza strano che si pensi di recuperare qualche soldino tassando i cortei.

Il discorso di Alemanno in realtà tradisce la crescente insofferenza verso il dissenso e l’azione politica. Nei mesi scorsi, a Roma come a Milano e in altre città, si è parlato – e in qualche caso anche agito – di percorsi obbligati per i cortei, lontano dai centri storici, in modo da salvaguardare i "diritti" di chi non partecipa alle manifestazioni e rischia  di perdere tempo nel traffico bloccato, o di incontrare difficoltà nell’accesso a uffici e negozi.

Questo presunto diritto – ché diritto non è – a non essere disturbati, è l’ultima frontiera dell’ideologia consumista e della democrazia autoritaria: l’esercizio della libertà di espressione e manifestazione, viene subordinato ad improbabili "diritti dei consumatori". Quando un sindaco eletto democraticamente crede di interpretare il suo ruolo facendosi paladino di cittadini-utenti, più che di cittadini-cittadini, è segno che si è varcata una pericolosa linea di demarcazione.

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