Cultura e scienza / Opinioni
Nuovi percorsi per rafforzare la democrazia
In Italia c’è ancora strada da fare per arrivare a una “democrazia post-razziale” e superare la pesante eredità del colonialismo. Si inizia rafforzando il metodo di una democrazia accogliente insieme ai principi che la ispirano, come ha insegnato la Riace di Mimmo Lucano. Le “idee eretiche” di Roberto Mancini
Beni comuni: di chi? Di noi italiani o davvero di tutti? Nei movimenti che si impegnano per questi beni c’è una forte idea di cittadinanza e di società comunitaria democratica. Ma mi pare ancora insufficiente la percezione della contraddizione interetnica e interculturale, retaggio di quel colonialismo che tuttora avvelena i rapporti internazionali e opprime molti popoli. Questo fa sì che noi italiani -per quanto “alternativi” e progressisti- spesso tendiamo, senza rendercene conto, a ragionare solo entro il perimetro della nostra cultura e a riunirci tra noi. Eppure i beni comuni sono veramente di tutti. L’impegno per una “democrazia post-razziale”, come la chiama il filosofo della Guinea-Bissau Filomeno Lopes, ha ancora molta strada da fare.
Le priorità principali sono le seguenti: una politica estera finalmente orientata alla cooperazione equa con i Paesi non occidentali, ponendo fine ai commerci dell’industria bellica e allo sfruttamento delle risorse altrui; il riconoscimento immediato della cittadinanza per le figlie e i figli di genitori stranieri che sono nati e cresciuti nel nostro Paese; un progetto complessivo di accoglienza che diventi costruzione di buona cittadinanza per tutti; un percorso di apertura e di decolonizzazione della cultura italiana (popolare e intellettuale) grazie al dialogo con gli esponenti della diaspora africana, asiatica e latinoamericana residenti in Italia e con le comunità delle persone emigrate.
Per quanto riguarda l’accoglienza che diventa buona cittadinanza, l’esperienza di Riace, pur con i suoi limiti, rimane un riferimento esemplare che andrebbe migliorato e moltiplicato nel nostro Paese. Con l’attacco al suo sindaco si è provato a cancellare quella esperienza. In realtà Mimmo Lucano è stato condannato già molti anni fa per quello che rappresentava. Campagne di diffamazione sono state lanciate contro di lui perché Riace stava mostrando come lo Stato democratico dovrebbe rispondere al fenomeno dell’immigrazione. Chi è mosso dall’odio e dall’ignoranza lo ha condannato subito perché il suo metodo -quello di un’accoglienza che diventa cittadinanza condivisa- era intollerabile visto che confutava sia la logica del respingimento che la logica delle pure risposte di emergenza. Chi ha avuto un “tornaconto politico” non è stato certo il sindaco di Riace ma chi gli ha lanciato contro tutto il discredito possibile.
La recente sentenza del tribunale di Locri ha inflitto una condanna incredibilmente pesante a Mimmo Lucano su fatti specifici. Si deve rispetto alla magistratura e io la rispetto talmente tanto che ho fiducia nel fatto che in appello essa lo assolverà. Perché bisogna anzitutto rispettare la verità e la giustizia. E per verità e giustizia la coscienza impone di affermare che Mimmo Lucano ha combattuto i sistemi criminali e non ha avuto alcun tipo di tornaconto. Può avere fatto errori o illeciti amministrativi, questo sarà verificato nel giudizio di appello, ma di sicuro ha dedicato se stesso al bene comune. Ora è doveroso dire basta alla criminalizzazione dell’accoglienza, della solidarietà, della giustizia che interviene a liberare le persone colpite da iniquità, come chiede l’articolo tre della Costituzione.
Bisogna rafforzare e perfezionare non solo il metodo della democrazia accogliente ma l’etica e la cultura che lo ispirano. È urgente riunire le associazioni di volontariato, gli organismi di tutela dei diritti umani, i movimenti popolari e di lotta sociale, le forze politiche democratiche e le comunità delle persone straniere residenti in Italia per decidere insieme come proseguire su questa strada. La coralità tra persone di etnia diversa sarà il metodo e lo spirito di tale impegno perché il primo dei beni comuni è la vita e il secondo è la nostra indivisibile umanità. Non si può più eludere il compito di mettere mano a un progetto di una democrazia post-razziale del bene comune dove il razzismo, il pregiudizio e la persecuzione siano solo un triste ricordo.
Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata; il suo libro più recente è “Filosofia della salvezza. Percorsi di liberazione dal sistema di autodistruzione” (EUM, 2019)
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