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Ambiente / Opinioni

Nuove varietà per una nuova agricoltura

Nell’ultimo secolo la ricerca sulle sementi si è chiusa in laboratorio e ha escluso i territori periferici. Ora deve tornare a dialogare con loro. Prima parte. La rubrica della “Rete Semi Rurali” a cura di Riccardo Bocci

Tratto da Altreconomia 226 — Maggio 2020
© Emma - Unsplash

Uno degli effetti positivi di questo difficile periodo sembra quello di essere pronti a ridiscutere il nostro modello di produzione e approvvigionamento dei prodotti agricoli. Diversi appelli, articoli di inchiesta, proposte strategiche stanno circolando per sostenere un modello agricolo locale, legato a un sistema distributivo più equo nei confronti degli agricoltori e dei molti operai agricoli impiegati come manodopera nei campi, e più salutare per noi consumatori dei prodotti finiti. Ma per poter realizzare un simile ambizioso progetto è necessario cominciare a rimettere in discussione anche il nostro sistema di ricerca agricola e in particolare le modalità con cui “creiamo” le varietà che poi saranno coltivate. Finora abbiamo prodotto varietà ad alta resa nelle stazioni sperimentali, e poi, per avere gli stessi risultati anche fuori dalle stazioni, abbiamo avvicinato tutti gli ambienti coltivati a dei laboratori grazie all’uso della chimica e a spese dell’ambiente.

In tale processo abbiamo lasciato indietro tutti gli ambienti e le agricolture marginali dove questo modello di ricerca non riusciva a funzionare per limiti fisici, sociali, culturali o economici. Oggi è necessario ripartire da questi territori per costruire l’agricoltura di domani e per farlo dobbiamo innestare nelle aree dimenticate dalla modernità un livello di ricerca appropriata ai loro contesti che consenta di far fronte alle sfide future con un misto di innovazione e tradizione.  La ricerca agricola deve uscire dai laboratori e dalle stazioni, dove si è confinata nell’ultimo secolo, per tornare a dialogare con il territorio e gli agricoltori di quelle che definiamo, a torto, periferie. Dobbiamo ridare “polpa all’osso”, ovvero le aree interne della penisola, quell’Appennino inteso come spina dorsale dell’Italia descritto in lento prosciugamento dallo storico Manlio Rossi Doria già negli anni 50. Le sementi svolgono un ruolo chiave in questo percorso, sia tecnico sia simbolico.

60%: le aree interne rappresentano il 60% della superficie nazionale, il 52% dei comuni e il 22% della popolazione

Abbiamo bisogno di nuove varietà in grado di adattarsi ai contesti di coltivazione e consumo; non avere come unico metro di giudizio della performance varietale la produttività ad ettaro o la sua capacità di rispondere alle necessità della distribuzione lunga o della trasformazione industriale. Abbiamo bisogno di varietà in cui possiamo riconoscerci un’altra volta, che parlano di noi e con noi. Inoltre, abbiamo bisogno di diversificare l’agricoltura per far fronte ai cambiamenti climatici, abbandonando il dogma dell’uniformità usando più varietà o specie differenti nelle rotazioni e in ambienti diversi.
In sintesi, abbiamo bisogno di diversità per rimetterla in coltivazione tal quale e per usarla come base per innovazione e sviluppo varietale. Ma dove andare a prendere questa diversità? A chi andare a chiedere queste sementi? Dove trovarle? Ovviamente, queste tipologie varietali non sono disponibili sul mercato sementiero, dominato da standardizzazione e uniformità.

Al momento le risposte possibili sono due: rivolgersi alle realtà associative che conservano la biodiversità agricola, che cominciamo a chiamare “Case delle sementi”, o alle banche pubbliche che nei loro frigoriferi hanno nel corso degli anni stoccato le varietà che via via scomparivano dai campi sostituite dalle varietà moderne o ad alta resa o semplicemente svanite insieme agli agricoltori che le coltivavano. Nelle prossime rubriche entreremo in questo mondo, raccontando come funziona, come fare a chiedere varietà e come sono o non sono supportate dalle politiche pubbliche.

Riccardo Bocci è agronomo. Dal 2014 è direttore tecnico della Rete Semi Rurali, rete di associazioni attive nella gestione dinamica della biodiversità agricola

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