Economia / Attualità
“Mobile money”: così i pagamenti con i cellulari si diffondono in Africa
Kenya, Tanzania, Zimbabwe, Ghana, Uganda, Gabon e Namibia: oltre il 40% della popolazione adulta di questi Paesi possiede un conto associato al proprio telefono. Il fenomeno cresce, con qualche esitazione, anche nei mercati del Mozambico
Anche nel caotico mercato di Xipamanine, a Maputo, capitale del Mozambico, apprezzano il mobile money. Si tratta del servizio di pagamento e trasferimento di denaro attraverso la rete cellulare. Da una decina di anni si sta diffondendo in Africa con effetti positivi a livello economico-sociale. A Xipamanine centinaia di persone sono indaffarate nelle attività di compravendita in un labirinto di bancarelle e piccoli negozi. Seduta su uno sgabello, Shanaya, 44 anni, vende tabacco proveniente dallo Zimbabwe. “Fino a qualche anno fa dovevo chiedere a un ‘chapero’ di trasportare il mio denaro fino a mia sorella che vive a Nord nella provincia di Manica per far arrivare i soldi al nostro fornitore di foglie di tabacco ad Harare. Ci voleva molto tempo ed era rischioso perché potevano rubarci tutto”.
Shanaya si riferisce ai conducenti di chapa, i pullmini gonfi di passeggeri che sono il mezzo popolare di trasporto. La maggior parte dei chaperos sono persone oneste e i mezzi vengono usati anche per trasportare merci e denaro da una zona a un’altra, ma a volte gli “inconvenienti” capitano. “Da quando ho aperto il mio conto M-Pesa tutto è diventato più facile -afferma la donna mostrando il suo cellulare-. Adesso verso i soldi sul mio conto telefonico e poi li invio a mia sorella in pochi minuti. Lei li va a ritirare dall’agente più vicino ed è fatta”. Più in là, sotto il portico di una casa coloniale, due giovani ragazzi siedono di fronte alle loro macchine da cucire intenti a rammendare vestiti e modellare capulanas, la coloratissima stoffa delle donne mozambicane.
Herminio è concentrato nel suo lavoro e non alza nemmeno lo sguardo mentre parla: “Vengo dalla provincia della Zambezia -1.130 chilometri dalla capitale- e mi sono trasferito qui per guadagnare di più e inviare i soldi alla mia famiglia. Con il mio telefono riesco a mandargli qualcosa quasi ogni giorno grazie al servizio di mobile money. Ho solo dovuto insegnare a mia madre come si fa. Non aveva mai preso un cellulare in mano in vita sua”.
In Africa, secondo l’International Growth Center (IGC), il 70% degli adulti attualmente non possiede un conto bancario mentre la maggior parte di loro utilizza un telefono cellulare. Una grossa parte degli abitanti vive ancora in aree rurali a distanze proibitive dalle filiali bancarie e spesso in condizioni di povertà tali da rendere insostenibili i costi di gestione di un conto: è la cosiddetta esclusione finanziaria che colpisce i segmenti più fragili della popolazione. Studi di IGC mostrano che quando le persone hanno accesso a strumenti come il mobile money sono maggiormente incentivate al risparmio per far fronte a eventi imprevisti e sembra che i benefici siano particolarmente apprezzati dalle donne. Un esperimento dell’IGC condotto nel 2017 si è concentrato proprio sulle cosiddette micro-imprenditrici (sarte, parrucchiere e commercianti informali) che lavorano nella periferia di Maputo. È risultato che la performance economica di queste donne migliora nettamente, fino a raggiungere gli stessi livelli dei colleghi, quando si dà loro accesso ad un conto mobile money. Inoltre le ricerche dimostrano che quando si riesce a migliorare la condizione della donna in una società, i benefici che si ottengono sono di tipo esponenziale poiché vengono trasmessi alla famiglia intera e così di fatto si estendono alle generazioni successive.
Il sistema del mobile money fu introdotto per la prima volta in Kenya nel 2007 dalla compagnia telefonica Safaricom con il nome di M-Pesa, la stessa di Shanaya. Gli utilizzatori possono depositare del denaro all’interno di un conto associato al loro numero di cellulare e fare trasferimenti verso conti di altri utenti attraverso messaggi protetti da un codice PIN. Il sistema in Kenya si è evoluto in modo rapido e capillare e rende possibile il pagamento di merci e servizi, come bollette o tasse.
“Solo il 46% degli esclusi finanziariamente conosce il termine ‘Banca’ e la quota scende a 19% quando si parla di ‘Atm’ o ‘tasso di interesse’”, Novella Maugeri
L’M-Pesa viene definito un servizio di branchless banking e funziona solo attraverso strumenti digitali. Gli utenti depositano e prelevano denaro non attraverso il classico “bancomat”, ma tramite una rete di agenti sparsi sul territorio in piccoli punti vendita. Questi hanno un ruolo cruciale perché, oltre che a movimentare somme di denaro, offrono assistenza come farebbe uno impiegato bancario. L’idea si è sparsa a macchia d’olio. Nel 2010 l’M-Pesa keniano è risultato il servizio di mobile money di maggior successo.
Nel primo anno di attività ha aderito circa un milione di utenti che nel 2016, secondo Safaricom, sono arrivati a 16,6 milioni pari a circa due terzi della popolazione adulta keniana. Nello stesso anno i ricavi di M-Pesa ammontavano a 400 milioni di dollari (il 20% dei ricavi della Safaricom), ha creato 860mila posti di lavoro registrando transazioni per circa un miliardo di dollari.
Questa tecnologia semplice ma innovativa si sta sviluppando enormemente a livello globale e, secondo gli ultimi dati della GSM Association (GSMA), è ormai disponibile in due terzi dei Paesi a basso e medio reddito del mondo. Nel 2016 è stata registrata una media di 43 milioni di operazioni al giorno e in un anno il sistema ha elaborato l’equivalente di 22 miliardi di dollari di transazioni.
È il continente africano a trainare la diffusione del mobile money: dei 556 milioni gli account registrati nel mondo nel dicembre del 2016, ben 277 si trovavano nella regione sub sahariana. Ormai in Kenya, Tanzania, Zimbabwe, Ghana, Uganda, Gabon e Namibia più del 40% della popolazione adulta possiede un conto mobile money. Ma il mercato ha ancora un ampio spazio di espansione nel continente visto che ad oggi le cifre parlano di più di un miliardo di persone che hanno accesso ad un telefono cellulare nel mondo in via di sviluppo e che potrebbero trasformarsi in potenziali clienti.
Ogni Paese reagisce differentemente all’introduzione di questo servizio che per attecchire ha bisogno di una serie di presupposti sociali, tecnologici e legislativi. Da questo punto di vista il Mozambico è un caso interessante. Sotto vari aspetti il Paese assomiglia molto al Kenya di dieci anni fa: un indice di povertà fra i più alti della regione (46,1% nel 2014-15), un elevato indice di disoccupazione (24,4% nel 2016, dato probabilmente sottostimato), e quasi il 90% della popolazione che vive di agricoltura. Solo il 36% degli adulti in Mozambico ha un conto bancario e considerati i bassi costi del mobile money e la gratuità di adesione al sistema, ci si sarebbe aspettati una maggiore diffusione. Tuttavia il servizio stenta a spiccare il volo.
Questa tecnologia fa il suo ingresso in Mozambico nel 2011 quando la compagnia Mcel avvia il servizio mKesh, ma con scarso successo. Due anni dopo la multinazionale Vodafone lancia M-Pesa, che gradualmente attira sempre più clienti soprattutto nelle aree urbane dove ha maggiore copertura.
Nell’ultimo anno i clienti M-Pesa sono aumentati del 58% e sono attualmente tre milioni. Recentemente ha fatto ingresso nel mercato un terzo gestore, la vietnamita Movitel, che assicura una copertura molto più capillare nelle aree rurali del centro-nord e proprio quest’anno ha lanciato il suo servizio di mobile money chiamato E-mola. Come si vede l’offerta e i brand non mancano, ma il successo stenta ad arrivare.
I ricercatori dell’IGC, consulenti economici del Governo mozambicano, ritengono che i fattori che contribuiscono a frenare la diffusione del mobile money siano un basso livello di educazione finanziaria della popolazione, una copertura telefonica non uniforme in tutto il Paese e carente nelle zone rurali, e una rete di agenti sul territorio poco capillare. Inoltre l’inter-connessione fra i vari gestori non è ancora stata regolamentata (al momento si può inviare denaro solo tra utenti di una stessa compagnia) e questo fattore riduce l’attrattiva del servizio.
“Quello degli agenti è un ruolo determinante perché non solo devono essere numerosi, ma anche preparati a fare ‘marketing spicciolo’ e spiegare come funziona questo strumento a persone senza alcuna educazione finanziaria. I numeri parlano chiaro: solo il 46% degli esclusi finanziariamente conosce il significato del termine ‘Banca’ e le percentuali scendono a 19% o meno quando si parla di altri termini semplici come ‘Atm’ o ‘tasso di interesse’”, afferma Novella Maugeri, economista per il programma IGC in Mozambico. “Ciò che dovrebbero fare essenzialmente questi agenti -conclude- è instillare un senso di fiducia verso questi nuovi strumenti finanziari in persone che nella loro vita hanno imparato a non fidarsi di nulla e di nessuno”.
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