Cultura e scienza / Attualità
Maurizio Stammati. Il teatro sale in cattedra
All’interno dei laboratori organizzati nelle scuole, bambini e ragazzi costruiscono relazioni, prendono coscienza di sé e del proprio corpo. Combattendo la solitudine
Si può crescere con il teatro? L’esperienza del Teatro Bertolt Brecht, fondato nel 1974 a Formia (LT) ci insegna che non sono è possibile, ma anche necessario. Dal 1993 il Bertolt Brecht ha avviato una scuola di teatro con corsi per allievi “dai 7 ai 99 anni” e dal 1990 porta avanti il progetto “La zattera del teatro”, che coinvolge con i suoi laboratori oltre duemila studenti degli istituti primari e secondari del Lazio. Con una caratteristica speciale: il teatro è una materia curricolare. “‘La zattera del teatro’ rappresenta una scialuppa di salvataggio nel maremoto delle offerte formative scolastiche”, dice Maurizio Stammati, dal 1987 direttore del Teatro Bertolt Brecht.
Maurizio, di che teatro parliamo quando ci riferiamo alla didattica teatrale nelle scuole?
MS Non è il teatro dei professionisti o dei primi attori. La dinamica è opposta: il gioco del teatro può fare la differenza nel creare uno spirito di gruppo, senza competizione, e innescare un meccanismo creativo nei ragazzi. Durante l’anno scolastico, grazie ai laboratori di teatro s’instaurano relazioni forti sia tra i componenti della classe sia con gli adulti di riferimento, insegnanti e genitori: è un percorso che si fa insieme. A partire dalla scelta del tema, che ogni anno emerge dalle esigenze didattiche degli istituti scolastici. Ma il senso profondo del teatro a scuola sta nel restituire ai ragazzi la possibilità di giocare indagando le emozioni. Negli anni, infatti, abbiamo visto crescere la solitudine dei bambini e degli adolescenti, sempre più vincolati agli schermi di cellulari, videogiochi, televisioni. Lavorare sul gruppo ci aiuta a combatterla. E, alla fine, c’è sempre un risultato, che è uno spettacolo collettivo che esce dalle categorie del “bello” o del “brutto” per posizionarsi nella categoria del “necessario”: è il frutto del lavoro specifico di quel gruppo.
Erano gli anni Novanta quando avete iniziato a portare il teatro nelle scuole. Cosa è cambiato in 28 anni?
MS Quando abbiamo iniziato, la parola “teatro” era associata alle parole “testo” e “memoria”. A scuola, infatti, il teatro è spesso stato identificato come un testo da imparare a memoria. Ma nel corso degli anni abbiamo compreso sempre più l’esigenza di rendere questa idea complementare a una fisicità, mettendo il corpo del ragazzo al centro del racconto. Per questo, la prima fase dei nostri laboratori è sempre dedicata a un training, un lavoro fisico e di gioco che mette al centro il corpo del bambino. È un passaggio fondamentale, perché un meccanismo di conoscenza emotiva non può mai prescindere da una conoscenza fisica e la fisicità dei ragazzi va rimotivata: dobbiamo restituirle una ragione. In questo modo, da un teatro di “memoria mentale” siamo passati alla memoria del corpo: le azioni fisiche dei ragazzi, consapevoli o meno, sottolineano i testi. In altre parole, siamo legati ai testi solo in funzione di quello che possono generare nei ragazzi, partendo dal principio che lo spettatore ricorderà più facilmente quello che è stato fatto in scena, rispetto a quello che è stato detto. E, preferibilmente, queste azioni sono di gruppo: lavoriamo per un teatro collettivo, dove non esiste un protagonista, ma ciascuno lo può diventare.
Da un punto di vista economico, in che modo progetti come il vostro possono stare in piedi?
MS La chiave di volta è costruire progetti che abbiano la capacità di radicarsi nel tempo e nel territorio, diventando un bisogno delle scuole. Il teatro a scuola è diventato necessario per gli adulti -insegnanti e genitori- che ne hanno viste le ricadute positive. A noi è successo così. Abbiamo iniziato grazie a un finanziamento della Regione Lazio, che ci ha dato la possibilità di entrare gratuitamente nelle scuole del territorio, con i nostri laboratori di teatro, facendo conoscere la pedagogia teatrale. Ma quando questo finanziamento è poi mancato, si è attivata un’economia privata pur di farci continuare il lavoro iniziato. Oggi sono le famiglie stesse che sostengono i laboratori collocati in orario curriculare. Parliamo ovviamente di piccole cifre, accessibili: i genitori pagano 40 euro all’anno per tenere il teatro dentro la scuola tra i mesi di dicembre e giugno.
“Crediamo nel teatro come formidabile strumento di svago e divertimento, ma anche di formazione, crescita e prevenzione e consideriamo le attività culturali come momenti insostituibili che concorrono a definire la qualità della vita”
Una caratteristica del vostro teatro a scuola è la volontà di uscire dalle classi per contaminarsi con il territorio.
MS A Itri (LT) è stato così: abbiamo costruito una kermesse di tre giorni durante la quale 400 studenti hanno invaso il centro storico del paese, rappresentando i loro lavori finali nei vicoli, nelle piazze o dai balconi, rivitalizzando così un paese in via di abbandono. I ragazzi portano una grande energia, che contribuisce a ripopolare non solo i luoghi, ma anche l’immaginario e le visioni di futuro.
Siete in contatto con altre esperienze di pedagogia attraverso il teatro?
MS Partecipiamo alla rete “Utopia teatro ragazzi”, nata nel maggio 2011, che riunisce una ventina di compagnie dal Veneto alla Sicilia che fanno spettacoli di teatro per ragazzi e pedagogia attraverso il teatro nelle scuole. Crediamo nel teatro come formidabile strumento non solo di svago e divertimento, ma anche di formazione, crescita e prevenzione e consideriamo le attività culturali come momenti insostituibili che concorrono a definire la qualità della vita. Ogni anno organizziamo il festival internazionale di teatro per ragazzi “Marameo”, che quest’anno sarà tra le Marche e il Lazio dal 25 giugno al 30 settembre.
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