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Mamme di giorno

Le “tagesmutter” conciliano lavoro e famiglia. Un modello educativo valido e diffuso in Europa, che in Italia però non viene ancora ricosciuto Sul tappetone morbido al centro del salotto Marta, 11 mesi, sfoglia il libro cartonato della fattoria. Sara, 14…

Tratto da Altreconomia 110 — Novembre 2009

Le “tagesmutter” conciliano lavoro e famiglia. Un modello educativo valido e diffuso in Europa, che in Italia però non viene ancora ricosciuto

Sul tappetone morbido al centro del salotto Marta, 11 mesi, sfoglia il libro cartonato della fattoria. Sara, 14 mesi, impila i cubi di stoffa, poi li butta giù con una manata e ride. Tan, 15 mesi strimpella un flauto di legno. Alfredo, 18 mesi, prepara una zuppa di ritagli di carta colorata per il suo bambolotto. Sono le 10 del mattino e questa è la casa di Donatella Soverino, popolata -come ogni giorno- da piccoli e vivaci inquilini. Trentotto anni, residente a Milano e mamma di tre figli di 9, 8 e 4 anni, Donatella è una donna che ha trovato il lavoro dei sogni e riesce a guadagnare facendo la mamma di professione. È una tagesmutter. Originario del Nord Europa, il termine tagesmutter si traduce con l’espressione italiana “mamma di giorno” e indica una persona adeguatamente formata che si occupa della custodia e dell’educazione di uno o più bambini (fino ad un massimo di 5 contemporaneamente) in età da prima infanzia. In sostanza, una mamma professionista che, per conciliare impegni familiari e lavoro, accudisce i bambini suoi e degli altri e ricava da questa attività un normale reddito: dichiarato e tassato. “Ero la segretaria del direttore marketing di una multinazionale -racconta Donatella-, poi mi sono sposata ed è arrivato il primo figlio. Il secondo dopo pochissimo, poi il terzo. Tre figli piccoli assorbivano tutte le mie energie e il lavoro è diventato incompatibile con la famiglia. Desideravo trovare una professione che mi permettesse di occuparmi di bambini. Ma volevo specializzarmi, non fare la babysitter”. Un giorno Donatella incappa quasi per caso in un corso di formazione per tagesmutter organizzato da una cooperativa di Milano. “La Casa Tagesmutter”, spiegano a Donatella, è una cooperativa sociale che si occupa della cura dei bambini in casa, impiega mamme-educatrici professioniste e fa parte del network Domus, realtà pioniera che nel ‘99 ha avviato in Trentino il primo progetto di tagesmutter. Tutte le “mamme di giorno” sono socie della cooperativa, lavorano a casa con orari flessibili e frequentano un corso di formazione di 250 ore. Hanno l’affiancamento costante di una coordinatrice gestionale, una coordinatrice formativa, una responsabile delle verifiche igieniche e di sicurezza delle case, una pedagogista, una psicologa e un pediatra. Il servizio di tagesmutter si basa sul principio della flessibilità degli orari come modalità migliore per rispondere alle esigenze educative e assistenziali delle famiglie. Per questo, tempi e modi del servizio vengono concordati con loro. Donatella per esempio ogni mattina alle 8 apre la sua casa ai bambini, poi scandisce la giornata con momenti distinti: accoglienza sul tappetone morbido, merenda con frutta fresca, nanna nella cameretta attrezzata con brandine da campeggio. Per chi non dorme ci sono attività alternative. Dopo il risveglio c’è il pranzo: dopo mangiato c’è chi va a casa e chi rimane per il riposino pomeridiano. Alle 15.30, quando gli ultimi bambini vanno via, Donatella smette i panni di tagesmutter e va a prendere i suoi figli a scuola. Il resto della giornata è per loro.
Secondo la pedagogista Rosi Rioli, i vantaggi del servizio consistono nel fatto che il progetto pedagogico della tagesmutter rispetta i tempi di ogni bambino e favorisce la sua autonomia, offrendo la possibilità di socializzare in un piccolo gruppo. Inoltre, la flessibilità di orario consente al bambino di rimanere il più possibile nella propria famiglia, ricorrendo al servizio solo nei momenti di effettivo bisogno. Va considerato anche l’aspetto economico: alla tagesmutter si pagano solo le ore di servizio utilizzate, senza l’onere di una retta mensile. 
In Italia, le prime tagesmutter arrivano nel ‘99 nella Provincia autonoma di Trento con la nascita della cooperativa “Tagesmutter-il Sorriso”. Il servizio ha sollecitato un dibattito politico che ha portato all’approvazione della Legge provinciale 4/2002, che riconosce e istituisce il servizio di “nido familiare tagesmutter”. Da qui nel luglio 2005 è stato avviato il progetto “DoMuS-Day Mother Service”, finanziato dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e dal Fondo sociale europeo, per esportare le tagesmutter in cinque regioni italiane: Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Lazio, Calabria. Nel 2007, conclusa la fase di sperimentazione, Domus si è trasformato in associazione nazionale delle “mamme di giorno” italiane. Oggi ne rappresenta la realtà più significativa, sia a livello numerico che a livello organizzativo. “Attualmente -spiega Caterina Masè, presidente dell’associazione- sono attive una decina di realtà associate a Domus: a Trento, Bolzano, Verona, Crema, Lodi, Milano, Parma, Forlì-Cesena e Roma”. In tutti questi casi il modello seguito per l’attivazione del servizio è quello trentino. Manca infatti una legge nazionale che definisca e regolamenti la professione di tagesmutter e, a livello regionale, ogni bando ha le sue varianti. “La situazione è molto confusa -prosegue Caterina Masè-. In una dozzina di Stati europei le tagesmutter sono la forma di custodia dei bambini in fascia 0-3 anni più usata. In questi Paesi c’è una normativa chiara, mentre in Italia, Grecia e Spagna le mamme di giorno non vengono considerate professioniste”. Se ne parlerà al convegno nazionale sulle tagesmutter, il 28 novembre a Trento. Per ora solo Domus ha la funzione di mettere regole e limiti per chi vuole accedere alla professione. Tutte le tagesmutter “secondo il modello trentino” frequentano un corso di formazione e possono accudire al massimo cinque bimbi (compresi i propri figli inseriti nel servizio) in fasce d’età stabilite dai vari bandi.
All’epoca della prima gravidanza la romana Orietta Giovannuzzi lavorava per un salone di bellezza come parrucchiera: i suoi datori di lavoro l’hanno messa alla porta. Orietta non poteva permettersi un nido privato. Oggi, è madre di due bambini ed è tagesmutter di professione. E rivela: “Ora guadagno anche 1.200 euro al mese”.

Quanto costa il servizio
In Italia il costo del servizio tagesmutter varia da un minimo di 3,50 ad un massimo di 6,50 euro all’ora. Solo nelle regioni in cui c’è la convenzione con un ente pubblico (la Regione o il Comune) che si accolla parte della tariffa oraria, il prezzo diventa concorrenziale con quello di una babysitter, quindi realmente conveniente. È il caso di Roma, dove la sperimentazione del servizio è finanziata dalla Regione Lazio, che nel 2008 ha messo a disposizione 3,3 milioni di euro: due milioni per formare le tagesmutter, il resto per avviare il progetto e abbattere le quote. “Più ore si richiedono più il prezzo diminuisce -spiega Luca Mancini, presidente della cooperativa Santi Pietro e Paolo, capofila del progetto Casanido di Roma (www.santipietroepaolo.it)- la regione paga 3 euro per ogni ora di servizio erogata, quindi nella peggiore delle ipotesi ogni famiglia spende 3,50 euro all’ora e nella migliore delle ipotesi 1,50”.
Proprio perché l’abbattimento dei costi, possibile solo con un contributo pubblico, è quello che rende il prezzo di una tagesmutter accessibile a tutti, diventa necessaria una legge nazionale che -collocando le “mamme di giorno” all’interno dei servizi per l’infanzia al pari di asili nido pubblici e privati- preveda un intervento economico pubblico. Soldi ben spesi, se si pensa che le famiglie italiane spendono da 290 a 800 euro al mese per mandare i propri figli al nido, data la scarsità di strutture pubbliche disponibili.

Info: www.tagesmutter-domus.it, il sito dell’Associazione Domus; www.lacasa-tagesmutter.it, cooperativa “La Casa”, Milano; www.tagesmutter-ilsorriso.it, cooperativa “Il Sorriso”, Trento; www.casabimbo.it, Cooperativa “Casa Bimbo”, Bolzano

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