Interni / Varie
L’universo dei bandi
Erogazioni a sportello, finanziamenti e progettualità. Perché è importante conoscere il sistema delle risorse messe a disposizione da istituzioni e privati. Spazio Excursus: "Possiamo dire con certezza che all’8 ottobre 2015, un soggetto che avesse bisogno di soldi aveva a disposizione bandi per oltre 7,85 miliardi di euro"
L’8 ottobre 2015 erano a disposizione quasi 8 miliardi di euro. Serviva solo una buona idea e un piano solido. Enti non profit -ma non solo- sanno che per sostenere le proprie attività e sviluppare progetti esistono i fondi messi a disposizioni da numerosi soggetti, sia pubblici sia privati. Si tratta di bandi ed erogazioni il cui ammontare è mutevole nel corso dell’anno, e non facile da monitorare. L’osservazione del fenomeno dà spesso conto della direzione cui gli enti finanziatori indirizzano il proprio modello di economia da sostenere. E magari sfata alcuni miti: “Ad esempio non registriamo una riduzione delle somme messe a disposizione, perlomeno negli ultimi due anni. Il problema semmai è essere in grado di riceverle”. Eugenia Montagnini è, con Maria Chiara Cremona, fondatrice di Excursus, “spazio di formazione partecipata” nato nel 2006 -anche se il gruppo è attivo dal 1998-. Si occupano di formazione e consulenza, e tra le attività c’è proprio quella di monitorare tutti i bandi cui profit, non profit e PA possono rivolgersi per cercare finanziamenti, fornendo a chi ne fa richiesta una consulenza su misura (il servizio si chiama “Bando nella matassa”, www.studioexcursus.com).
Innanzitutto, le definizioni: “C’è una premessa fondamentale da fare subito: i bandi sono comunicazioni pubbliche attraverso le quali enti erogatori, di diverso tipo e genere, mettono a disposizione dei finanziamenti, che sono nel loro budget di spesa. Ovvero con un ‘avviso’ dicono: a fronte di questo tema, territorio, emergenza ci piacerebbe che soggetti di vario genere presentassero un’idea e un progetto entro una data scadenza. A fronte di quel che perviene -seguendo dei criteri di valutazione che nella maggioranza dei casi sono esplicitati nel bando stesso- si decide a chi dare soldi, e quanti. Poi esistono le cosiddette ‘erogazioni a sportello’: l’ente erogatore -e si tratta soprattutto di fondazioni- indica un obiettivo, o una visione, e chi si riconosce va a bussare.
Tra i soggetti finanziatori ci sono la Commissione europea, gli enti pubblici -fra questi la presidenza del Consiglio dei ministri, i vari ministeri, le Regioni, le Province e i Comuni-, le fondazioni non bancarie -che vanno divise in tre categorie: private indipendenti, d’azienda (corporate) e di comunità-. Poi ci sono le fondazioni bancarie, le Camere di commercio e varie piccole realtà che sporadicamente pubblicano un bando. Le stesse realtà che pubblicano bandi possono anche erogare a sportello (le fondazioni, soprattutto).
Per le erogazioni a sportello, dunque, molti enti non rendono noto prima quanto verseranno. Nel caso dei bandi le cifre sono spesso indicate subito”.
Quanti sono i soggetti finanziatori?
“In totale noi monitoriamo 753 soggetti, di cui il 30% di sola erogazione. Non possiamo dire quanti sono i soldi erogati, perché mancano censimenti ufficiali. Non c’è ad esempio una ‘Autorità delle Fondazioni’. Gli ultimi dati Istat sono del 2009, e siamo in attesa di conoscere dati più recenti. Possiamo dire con certezza che all’8 ottobre 2015, un soggetto che avesse bisogno di soldi aveva a disposizione bandi per oltre 7,85 miliardi di euro. La stragrande maggioranza di questi messi a disposizione dalla Commissione europea attraverso i suoi programmi -come Horizon 2020, Creative Europe etc-: si tratta di 103 bandi per 7,28 miliardi di euro. Sempre a quella data, ad esempio, le istituzioni italiane avevano 59 bandi attivi, per oltre 550 milioni di euro di finanziamenti. Ma ogni giorno il quadro dei bandi muta.
In ogni caso, la media è di 30 nuovi bandi a settimana”.
Esistono significative differenze territoriali?
“Abbiamo l’impressione che alcune Regioni facciano meno bandi, ma la riflessione riguarda soprattutto le fondazioni. Ce ne sono poche al Sud -3,4 ogni 100mila abitanti, nel Nordovest 10 in più-. Le due maggiori sono infatti Fondazione Cariplo (Lombardia) e Compagnia di San Paolo (Piemonte). Nel Nordovest è bene tenere a mente il ruolo che le fondazioni bancarie hanno rivestito nel far nascere e implementare le fondazioni di comunità, le quali raccolgono denaro in un dato territorio, si occupano di quello e lì impiegano i fondi”.
Dalla fotografia dei bandi emergono tipologie di progetto e intervento più sostenute di altre?
“La fotografia ci dice che oggi il primo tema scelto dai finanziatori è un generico ‘innovazione’; poi in ricerca e sviluppo, ambiente e sostenibilità. Gli enti erogatori italiani finanziano poi imprenditorialità e sviluppo di comunità. Per quanto riguarda l’innovazione, stando ai bandi, emerge una criticità: diminuiscono le risorse per servizi più tradizionali, ad esempio il welfare. Questo in un momento in cui i servizi sono in una situazione di sofferenza. Su di essi il pubblico investe di meno, e per gli enti che li gestiscono è difficile poter accedere a un finanziamento attraverso un bando. Funziona meglio l’erogazione a sportello”.
Quali sono i tempi di accesso ai fondi messi a disposizione dai bandi, e come avviene la loro erogazione?
“La valutazione di un progetto pervenuto avviene di solito in un tempo medio di tre mesi -due per i bandi regionali, anche 5 per bandi grandi come Horizon-. La maggior parte prevede il versamento di un acconto tra il 30 e il 50% della cifra stabilita. In rari casi si chiede l’anticipo totale da parte di chi ha chiesto i soldi. Molti enti erogano il 100% della somma indicata nel progetti, altri preferiscono incentivare la responsabilità del soggetto finanziato e differenziare.
Un elemento fondamentale riguarda la sostenibilità sul lungo periodo, che ha a che fare con la certezza che terminato il finanziamento il progetto prosegua. Spesso non si tiene conto del fatto che i progetti interessanti necessitano di tempo più lunghi di quelli pensati. Nell’ambito delle politiche sociali di progetti innovativi ne sono stati fatti molti. Ma gli enti erogatori -e in particolare gli enti pubblici- dovrebbero osservare meglio le progettualità per trasformarle in politiche sociali, e non pretendere che due anni di accompagnamento possano essere sufficienti. Penso ai progetti di coesione sociale: bisognerebbe valutarne l’andamento dopo due anni, dopo cinque e poi dieci, per avere un’analisi adeguata”. —
© Riproduzione riservata