Interni
L’integrazione lascia la sua impronta
Una cooperativa costruisce “ponti” tra Italia e Albania. I giovani immigrati possono costruirsi un domani senza rinnegare il proprio passato
Ogni anno 4.500 ragazzini immigrati arrivano in Italia senza essere accompagnati da nessun adulto. Sono, per la maggior parte, maschi tra i 16 ai 18 anni, ma alcuni sono anche più piccoli. Entrano in Italia senza documenti e nell’irregolarità spesso si trovano a vivere, costretti in mondi contigui a quelli della criminalità che -illegalmente- li ha portati in Italia. Alcuni vengono in contatto con i servizi sociali, il volontariato e la cooperazione che si occupano di immigrati, o con la Questura, e da qui vengono affidati ai servizi di tutela e integrazione: uno di questi è la cooperativa sociale Impronta di Lucca.
Quando i servizi incontrano un ragazzino straniero arrivato in Italia da solo, la cosa più normale sarebbe prendere contatto con la sua famiglia per decidere cosa fare.
Solo che di solito non succede. Quello che accade è che scende in campo la burocrazia: ad ogni minore viene nominato un tutore legale, si fanno le pratiche per sistemare il permesso di soggiorno e si cerca una comunità che lo ospiti fino alla maggiore età.
Una di queste comunità è gestita dalla cooperativa sociale Impronta di Lucca.
Quando te la trovi davanti sembra una struttura come tante altre: una vecchia villa -ai tempi una sorta di orfanotrofio- circondata da un bel parco, appoggiata alle mura della città. Grandi scaloni interni, qualche manifesto un po’ precario alle pareti per dare colore all’ambiente. Poi parli con Paolo Gaddini, trent’anni, indocili capelli neri trattenuti a stento in una coda, nel 2005 giovanissimo co-fondatore della cooperativa e oggi suo vice-presidente, e capisci che invece sei in un posto speciale. Quello che Paolo racconta con grande passione non è solo il presente della cooperativa, ma anche la sua storia e quella dei suoi colleghi: perché qui “sono le relazioni personali che fanno la differenza”. Così un giorno, proprio grazie alle relazioni con i ragazzi che accolgono, a furia di stare insieme a loro, e di starci bene, e in ascolto, hanno scoperto una cosa importante: il ragazzino minorenne che arriva in Italia da solo non è semplicemente un tipo coraggioso e intraprendente che ha fatto una scelta d’indipendenza. Molto spesso è una vera e propria speranza per la famiglia “allargata” di provenienza, che investe (anche -ma non solo- economicamente) nel suo progetto migratorio perché lui possa poi contribuire al sostentamento della famiglia. Il permesso di soggiorno per i minori affidati non permette però di cercare lavoro, e i ragazzi sono spinti ad avvicinarsi a percorsi di microcriminalità per cominciare a guadagnare e mandare un po’ di soldi a casa. A questo punto i ragazzini devono scegliere: rimanere nel progetto familiare e rinunciare all’integrazione in Italia, o al contrario aderire acriticamente al nuovo contesto di vita recidendo i legami con le proprie origini. In questa prospettiva, qualunque scelta è sbagliata perché contrappone passato e futuro, famiglia e comunità.
Alla cooperativa Impronta, però, hanno sempre creduto in una “terza via” che consenta ai giovani di riconoscere le loro radici e di (tra)piantarle nel nuovo terreno, in un reciproco scambio.
A partire dal 2007 Paolo e i suoi colleghi non si sono più accontentati di prendere contatto con i genitori dei ragazzini accolti, per lo più albanesi. In Albania ci sono andati, giocandosi le ferie e pagando di tasca propria il viaggio per incontrarli.
I viaggi in Albania (perché dopo il primo nel 2007 ce ne sono stati tanti altri) servono proprio a questo: gli operatori incontrano i genitori dei ragazzini accolti, raccontano come stanno i loro figli e dove sono ospitati, spiegano quali attività svolgono e che cosa possono (e non possono) fare in Italia e cercano il consenso sul progetto educativo dei loro figli.
Per la famiglia questo spesso comporta la rinuncia alle attese di aiuto immediato, a favore di un progetto di inserimento in Italia più di lungo periodo, ma anche più stabile, regolare e qualificato.
In cooperativa infatti ai minori viene proposto un percorso che prevede innanzitutto l’insegnamento della lingua italiana e, appena possibile, anche un corso di formazione professionale teorico e pratico scelto, con i ragazzi, secondo le loro attitudini: l’obiettivo è consentire loro, raggiunta la maggiore età, di avere un lavoro, un permesso di soggiorno regolare e la capacità di mantenersi e badare a sé stessi.
Per riallacciare in modo più efficace i legami familiari, di recente Impronta ha ricevuto un aiuto importante: “Nel 2009 abbiamo conosciuto il fotografo Stefano Morelli e abbiamo iniziato a collaborare -racconta ancora Paolo-. È venuto per un po’ qui in comunità a fare delle foto con i ragazzi, quasi per gioco. Poi è nata l’idea di usare la fotografia per riprendere i contatti con le famiglie”. Morelli ha realizzato alcuni ritratti da inviare ai genitori, con cui i ragazzi hanno raccontato il loro cambiamento da quando avevano lasciato l’Albania: grandi pannelli in bianco e nero in cui ciascuno ha scelto cosa e come raccontare di sé e della sua vita. C’è chi si è messo in posa da palestra e chi davanti a un disegno della bandiera albanese appeso sopra il suo letto, chi con il regalo ricevuto dalla madre prima di partire e chi con in mano una spavalda sigaretta.
Quando Paolo racconta di questi incontri senti il turbamento che li ha attraversati: il gesto della mamma che poggia le foto del figlio sul divano, come se lui le fosse seduto accanto, o l’imbarazzo del padre che tiene le foto del figlio girate sul tavolo, così da celare un cambiamento che non vuol vedere. Questi viaggi hanno ricucito dei fili: i genitori si sono lasciati coinvolgere, padri e madri hanno ricevuto con emozione le notizie sui loro ragazzi e hanno condiviso con gli operatori scelte e valutazioni. Morelli ha seguito anche questa seconda parte del progetto, e in Albania ha fotografato sia la reazione dei genitori al momento della consegna delle foto, che alcuni ritratti dei familiari. Gli accordi presi, le foto scattate, i luoghi visitati con il loro carico di emozioni sono poi stati riconsegnati ai ragazzi e hanno rinsaldato non solo il legame tra minori e famiglie, ma anche quello con gli educatori della comunità con cui hanno condiviso una parte della propria storia. Tutto il progetto è poi stato documentato in un libro (La tela strappata, Bonanno Editore) che ne illustra sia le vicende che i fondamenti scientifici.
Passo dopo passo, quelli di Impronta hanno tracciato in Albania il loro sentiero, complice il capitale delle relazioni: Dritan è un ragazzo che, dopo alcuni anni in Italia, in parte trascorsi presso la comunità di Lucca, è tornato in Albania, dove ha aperto un’attività in proprio a Tirana. Qui è stato ricontattato da Impronta, ed è diventato un tramite nei rapporti con le famiglie e un “aggancio” per conoscere meglio il Paese.
Da questi contatti è nato anche un progetto di animazione in un quartiere molto degradato alla periferia di Tirana, dove Impronta gestisce e sostiene economicamente un centro di aggregazione per i ragazzi che offre formazione, incontri e un punto di riferimento per i giovani della zona ed è un aiuto anche per prevenire migrazioni senza progetto.
A gestire il servizio è un gruppo di operatori albanesi assunti dalla cooperativa, che li segue a distanza (ravvicinata). Presto l’attività passerà alla gestione diretta della neo-costituita associazione Impronta Albania, di cui Dritan è presidente. Impronta ha anche scelto di valorizzare la conoscenza del contesto albanese, offrendo viaggi di turismo responsabile: alle persone interessate viene proposto un pacchetto-vacanze che prevede l’ospitalità presso le famiglie, la visita del Paese, delle sue bellezze archeologiche e delle sue spiagge più incontaminate, ma anche l’incontro con gli operatori dei progetti locali. Questa attività recentissima (il primo gruppo è partito a luglio di quest’anno) consente sia di sostenere economicamente le famiglie ospitanti, sia di finanziare i progetti albanesi della cooperativa.
Nel frattempo a Lucca le attività fervono. Oggi la comunità può ospitare fino a 12 ragazzi dai 14 ai 18 anni: la maggior parte arriva dall’Albania e dal Marocco, ma di recente hanno cominciato ad accrescersi le fila di chi proviene da Libia e Tunisia. Per farsi meglio conoscere hanno aperto anche un blog (without-borders.tumblr.com) e una pagina facebook (cercate Comunità Carlo del Prete). Come in ogni famiglia, oltre al lavoro e allo studio, si dedica attenzione alle relazioni quotidiane: il tempo libero passato insieme, la preparazione della pizza e del pane, la manutenzione della casa, e un rigoglioso orto biodinamico. Un orto a misura di famiglia (allargata), non grandissimo ma molto curato, vera metafora del lavoro di questa paziente cooperativa. Che è consapevole che per avere buoni frutti bisogna preparare bene il terreno, rispettare le radici e aver cura di ogni pianta.
Cooperativa sociale Impronta
Sede legale: via Romana 615/o –
55100 Arancio – Lucca
Tel. e fax 0583-49.10.60,
www.improntacoop.it