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Diritti

L’informazione televisiva sui referendum è un diritto

Ennesimo richiamo alla televisione pubblica per l’oscuramente dei referendum. Ma anche le tv private, nazionali e locali, devono assicurare spazi. 

La televisione pubblica sta boicottando il referendum, l’informazione televisiva tutta lo sta facendo. Non sono solo i Comitati Promotori a sostenerlo, ma l’Agcom, l’Autorità Garante per le Comunicazioni, che ha rivolto l’ultimo invito alla Rai a rientrare nelle regole, assicurando spazi adeguati ai temi oggetto della tornata referendaria del 12 e 13 giugno. 

L’informazione della Rai sui referendum è giudicata "non idonea" e l’Agcom ha minacciato di adottare sanzioni nel corso della prossima riunione che si terrà martedì. La Rai deve attivarsi da oggi per garantire la diffusione giornaliera dei messaggi autogestiti su tutte le tre reti generaliste assicurando, a rotazione, la collocazione nella fascia di maggior ascolto; la diffusione di tribune elettorali su tutte le tre reti, assicurando a rotazione, almeno su una rete al giorno, la trasmissione nella fascia di maggior ascolto; garantire una rilevante presenza dei temi oggetto dei referendum nei telegiornali e nelle trasmissioni informative di maggior ascolto di tutte e tre le reti.

 La Rai ha provveduto ieri sera (in notevole ritardo sulla campagna elettorale) ad una nuova pianificazione sui messaggi. 

Ma non è un problema solo della Rai: anche le reti private sono state invitate dall’Agcom ad "assicurare la piu’ ampia informazione sui referendum" ed ha sollecitato anche i Corecom (i comitati regionali) ad attivarsi per le trasmissione dei messaggi autogestiti sulle emittenti locali.

Ottenere spazi per diffondere i messaggi dei referendum non è una gentile concessione dell’etere, ma un diritto che dovrebbe essere garantito dalla nostra democrazia, quindi chiederli non è chiedere un favore, ma reclamare un diritto.

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