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L’indagine europea sul mercato senza regole degli influencer

© erik-lucatero - Unsplash

La Commissione europea ha reso noti i risultati di uno screening sui principali influencer. Quasi tutti i soggetti analizzati veicolano contenuti commerciali ma solo uno su cinque segnala in maniera corretta che si tratta di pubblicità. Una prassi che danneggia i consumatori. In 358 finiscono sotto la lente per ulteriori approfondimenti

Il 14 febbraio, nel giorno in cui Chiara Ferragni ha annunciato di aver presentato un ricorso al Tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio per l’annullamento della sanzione elevata dall’Antitrust per il “caso” del pandoro Balocco, la Commissione europea ha reso noti i risultati di uno screening dei post sui social media degli influencer. Un’azione ispettiva -definita tecnicamente “sweep“, il verbo spazzare, per indicare operazioni svolte simultaneamente dalle autorità nazionali preposte all’applicazione della legge nei Paesi partecipanti- a cui hanno preso parte anche le autorità nazionali per la tutela dei consumatori di 22 Stati membri, tra cui l’Italia.

L’indagine ha confermato ciò che sintetizzava il titolo dell’articolo di Altreconomia dedicato proprio all’affaire Ferragni-Balocco: il mercato degli influencer è al momento senza regole. Quasi tutti (il 97%) i soggetti analizzati, ad esempio, ha pubblicato contenuti commerciali ma solo uno su cinque ha indicato sistematicamente che il contenuto fosse pubblicitario. L’obiettivo dell’indagine era quello di verificare se gli influencer rendessero note le loro attività pubblicitarie, come richiesto dalla normativa dell’Unione europea sui consumatori. Sono stati così controllati i post di 576 influencer, pubblicati sulle principali piattaforme di social media. Tra questi anche 82 soggetti con oltre un milione di follower e 301 oltre i 100mila. Diversi influencer erano attivi su più piattaforme: 572 avevano post su Instagram, 334 su TikTok, 224 su YouTube, 202 su Facebook, 82 su X (ex Twitter), 52 su Snapchat e 28 su Twitch.

Lo screening ha messo in luce molteplici comportamenti controversi: il 78% degli influencer verificati, ad esempio, esercita un’attività commerciale, ma solo il 36% è registrato come “impresa” nel Paese in cui risiede. Il 30% non fornisce alcun dettaglio aziendale sui propri post (come indirizzo mail, nome della società, indirizzo postale o numero di registrazione al registro delle imprese). Quasi quattro su dieci non utilizzano le etichette della piattaforma che servono a evidenziare i contenuti commerciali, come la levetta “partnership a pagamento” su Instagram; al contrario, optano per diciture diverse, come “collaborazione” (16%), “partnership” (15%) o ringraziamenti generici al marchio partner (11%). E ancora: il 40% degli influencer ha supportato i propri prodotti, servizi o marchi e il 60% di questi non ha divulgato in modo coerente, o del tutto, la pubblicità. Infine, il 44% possiede un proprio sito web, dal quale la maggioranza è in grado di vendere direttamente.

A seguito dell’indagine, 358 influencer sono stati selezionati per ulteriori approfondimenti: le autorità nazionali li contatteranno per chiedere loro di rispettare le regole in vigore. Se necessario, potranno essere intraprese ulteriori azioni di controllo, in conformità con le procedure nazionali.

Una nota stampa diffusa dalla Commissione europea evidenzia che “le pratiche di marketing problematiche dimostrano l’importanza di disporre di una legislazione moderna e solida, adeguata a garantire la correttezza digitale dei consumatori online. Per questo motivo, i risultati dell’indagine confluiranno anche nel ‘Digital fairness fitness check’ sul diritto dei consumatori dell’Ue, lanciato nella primavera del 2022 dalla Commissione”. L’obiettivo della verifica è valutare i problemi che i consumatori devono affrontare nei mercati digitali e di determinare se il diritto europeo applicabile è sufficiente a garantire un livello elevato di protezione.

I principali settori di attività interessati sono, in ordine decrescente, moda, lifestyle, bellezza, cibo, viaggi e fitness/sport. Inoltre, 119 influencer sono stati considerati promotori di attività malsane o pericolose, come cibo spazzatura, bevande alcoliche, trattamenti medici o estetici, gioco d’azzardo o servizi finanziari come il trading di criptovalute.

L’obiettivo della Commissione europea non è frenare un nuovo mercato, ma provare a stabilire regole e a fare in modo che vengano rispettate: nel 2023 la Commissione europea ha lanciato l’Influencer legal hub, piattaforma dove gli operatori del settore possono trovare informazioni pratiche sulla loro conformità al diritto europeo. Il diritto dei consumatori stabilisce infatti che le comunicazioni commerciali debbano essere trasparenti, comprese quelle digitali degli influencer, che “non devono ingannare i consumatori con informazioni false o non veritiere sui prodotti o servizi promossi, che rientrano nella direttiva sulle pratiche commerciali sleali” sottolinea la Commissione europea. E aggiunge: “Qualsiasi promozione di prodotti o servizi di un marchio in un post che faccia guadagnare all’influencer entrate o altri tipi di benefici deve essere indicata come attività pubblicitaria”. Quando poi gli influencer vendono prodotti o servizi per conto proprio hanno gli stessi obblighi legali dei negozi online, come ad esempio fornire ai clienti il diritto di recesso, come richiesto dalla direttiva sui diritti dei consumatori.

Per quanto riguarda i contenuti audiovisivi, gli influencer devono rispettare anche norme specifiche sulle comunicazioni commerciali nel settore, sull’incitamento alla violenza e all’odio e sui contenuti dannosi per i minori: non devono pregiudicare la salute o la sicurezza, né sfruttare l’inesperienza o la credulità dei minori e non devono mostrare irragionevolmente i minori in situazioni pericolose. Una influencer come Chiara Ferragni, che ha un pubblico di oltre 29 milioni di follower, raggiunge senz’altro un numero di persone più elevato rispetto a qualsiasi media tradizionale: è tempo che lei e i suoi colleghi se ne facciano carico. “Con lo sviluppo delle piattaforme di social media, la scena degli influencer è diventata un vero e proprio business. Oggi, la maggior parte di loro ottiene ricavi dai propri post. Tuttavia, i nostri risultati mostrano che non sempre lo rivelino ai loro pubblico. Queste persone hanno un notevole potere sui loro follower, molti dei quali sono minorenni. Li invito a essere molto più trasparenti nei confronti del loro pubblico”, ha commentato Didier Reynders, commissario europeo per la Giustizia.

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