Interni
L’arte del farmaco al servizio della gente
Una cooperativa riunisce 420 farmacisti. Insieme, dal 2007, per garantire un servizio migliore nei piccoli centri e produrre “generici” a basso costo L’unione fa la tachipirina. È quello che hanno sperimentato 420 farmacisti che si sono associati in cooperativa e…
Una cooperativa riunisce 420 farmacisti. Insieme, dal 2007, per garantire un servizio migliore nei piccoli centri e produrre “generici” a basso costo
L’unione fa la tachipirina. È quello che hanno sperimentato 420 farmacisti che si sono associati in cooperativa e da alcuni mesi producono con il loro marchio un farmaco generico a base di paracetamolo, il principio attivo analgesico e antipiretico di cui “tachipirina” è il nome commerciale più diffuso. È grazie a questa scelta che tanto la piccola farmacia montana di Viù (mille abitanti, ancora in provincia di Torino ma già montagna) quanto il grande esercizio in centro a Torino possono offrire ai clienti un farmaco allo stesso prezzo del supermercato: un vantaggio per il farmacista, ma anche per il singolo cittadino. La cooperativa si chiama Farmagruppo (www.farmagruppo.org) ed è stata costituita a Torino nel 2007 da un gruppo di farmacisti. Già abituati a scambiarsi idee e informazioni (in città opera dal 1946 l’Associazione titolari di farmacia), hanno scelto di affrontare insieme la sfida della parziale liberalizzazione dei farmaci introdotta dal decreto Bersani del 2006 (vedi box).
Nel mondo delle farmacie le cooperative non sono affatto una novità: ci sono molte esperienze di vecchia data (una delle più antiche è nata in Sardegna nel 1944), sorte per sostenere il potere contrattuale dei singoli esercenti verso le grandi case farmaceutiche. La loro funzione principale è agire come gruppi di acquisto per ottenere maggiori sconti e migliori condizioni. La cooperativa Farmagruppo deve rispondere a un problema in più: non solo trattare con le imprese multinazionali del farmaco, ma anche operare in un mercato in regime di concorrenza dove è necessario offrire più servizi per essere attrattivi. A seguito della riforma del 2006, infatti, i medicinali da banco possono essere venduti sia nei centri commerciali che nelle parafarmacie, e la liberalizzazione dei prezzi ha avuto come effetto anche alcune importanti riduzioni. Soprattutto per chi abita in città, è oggi possibile acquistare il farmaco generico dell’aspirina a un prezzo sensibilmente più basso di quello imposto in farmacia qualche anno fa.
Tutt’altra storia, invece, per chi abita a Viù, o negli altri piccoli centri isolati o in montagna, dove i numeri ridotti di abitanti non hanno invogliato né la grande distribuzione né l’apertura di nuovi esercizi. La scelta di costituirsi in cooperativa è stata per i soci di Farmagruppo un modo per far fronte ad entrambe le situazioni. Alle cooperative di montagna ha dato la possibilità di offrire ai clienti prodotti paragonabili a quelli delle città per qualità, varietà e prezzo. Alle farmacie di città, invece, consente di essere maggiormente competitive per prezzi e servizi, fronteggiando meglio la molteplicità dei concorrenti. Una prima operazione è stata la produzione di farmaci in proprio così da offrire prezzi inferiori a quelli dei concorrenti. Hanno dato l’incarico a una società che produce medicinali conto terzi e da gennaio è in vendita preso le farmacie associate il paracetamolo Farmagruppo in confezione da 20 compresse, venduto a 1,90 euro, contro i 2,50 del generico più economico e i 4,12 del marchio più affermato. Nello stesso periodo si è anche avviata la produzione dell’acido acetilsalicilico con vitamina C (in pratica, l’aspirina): 20 compresse a 1,90 euro contro i 4,90 per la confezione da 10 bustine del marchio ufficiale (e persino 10 centesimi meno del farmaco generico prodotto dalla catena di distribuzione Coop). L’iniziativa è piaciuta sia ai clienti che ai farmacisti, e così dai 300 soci iniziali la cooperativa è presto passata ai 420 attuali, distribuiti in 15 province tra Piemonte, Liguria e Val d’Aosta: farmacie metropolitane, ma anche farmacie di montagna che hanno fatturati piccoli, comprano pochi pezzi di medicinali ma possono fruire di prezzi e servizi del tutto analoghi a quelle urbane. Nella stessa direzione vanno anche gli altri servizi che la cooperativa mette a disposizione. Farmagruppo offre ai soci un paniere di prodotti da banco e farmaci senza ricetta a prezzi decisamente inferiori a quelli di mercato: ecco allora il collirio a 4,20 euro contro i 6,00 dello stesso prodotto a prezzo pieno, la Citrosodina a 3,90 invece che 4,89 o il termometro a infrarossi a 33,50 invece che 48,00. I prodotti in offerta cambiano ogni due mesi, seguono le richieste della stagione e sono comunicati ai clienti sia dalla farmacia che sul sito della cooperativa: un’attenzione che i clienti paiono gradire e che, a detta dei farmacisti, aiuta a migliorare il rapporto tra gestore e cliente. A maggio ha preso il via una campagna che ha offerto per una settimana la possibilità di effettuare l’esame gratuito della glicemia in tutte le farmacie associate: un risparmio per il cittadino (questo test costa usualmente tra i 5 e i 7 euro in farmacia) e, anche in questo caso, un vantaggio ulteriore per chi vive lontano da strutture sanitarie e non ha accesso immediato a laboratori clinici.
Prossimamente, infine, Farmagruppo presenterà le sue nuove produzioni (dall’integratore salino di magnesio e potassio alla pomata anti-scottature, sempre con una riduzione dal 30 al 50% rispetto ai principali concorrenti) mentre sul sito sono già presenti i nuovi servizi in farmacia, tra cui l’elettrocardiogramma, l’analisi dell’acqua e alcuni esami del sangue. Vittorio Guerci, il farmacista di Viù, è contento. All’assemblea della cooperativa partecipano sempre, lui o suo fratello, perché alla loro cooperativa ci tengono. Dice che sono contenti anche i suoi clienti perché vedono che anche la farmacia prova ad aiutarli in un modo diverso, e si fidano di più.
Forse la novità di questa esperienza è tutta qui: nel tornare a far fare ai farmacisti i farmaci per i clienti.
Semplice, ma non banale.
Parafarmacia all’italiana
Oggi la legge prevede che esista una farmacia ogni 4mila abitanti nei comuni con più di 12.500 abitanti e una ogni 5mila abitanti nei comuni con meno di 12.500 abitanti. Come segnalato anche dall’Antitrust, questo limite numerico imposto fa si che in molti comuni ci possa essere una sola farmacia, il che è fonte di monopoli locali che possono ledere il consumatore. Su questo fronte è andata ad incidere la (parziale) liberalizzazione dei farmaci introdotta nel luglio 2006 dal decreto legge 223 (“Decreto Bersani”). Questo provvedimento ha consentito la vendita di farmaci anche presso negozi e supermercati (purché sempre in presenza di un farmacista abilitato) e ha sostanzialmente liberalizzato i costi dei farmaci da banco autorizzando una politica di sconti. Sono nate così molte parafarmacie (secondo l’associazione che le riunisce, dal 2006 sono oltre 2.750, con circa 5.000 addetti): punti vendita simili alle farmacie che possono dispensare prodotti cosiddetti “da banco” come ad esempio integratori alimentari, prodotti erboristici, articoli sanitari, prodotti per l’infanzia e per l’igiene, ma anche farmaci vendibili senza obbligo di ricetta come, appunto, il paractamolo e molti altri farmaci di uso comune. Le parafarmacie sono oggi sotto scacco: il disegno di legge Gasparri-Tomassini, infatti, si propone di riformare il Decreto Bersani garantendo la presenza dei punti vendita dei farmaci nei centri commerciali, ma togliendo l’autorizzazione alle parafarmacie definite dal sottosegretario del Welfare con delega alla Salute Ferruccio Fazio, in una recente intervista, “una curiosa terza via all’italiana”.