Ambiente / Attualità
L’ampliamento del porto di Genova per navi da crociera e portacontainer è un problema
Gli sversamenti di ghiaia necessari alla costruzione della diga foranea e i lavori di dragaggio per ampliare il Terminal Rinfuse preoccupano i pescatori e le organizzazioni ambientaliste. Il governo ha dato il via libera all’uso dei sedimenti per riempire i cassoni della diga, parlando di “sostenibilità ed economia circolare”. Mentre la Procura ipotizza lo smaltimento di fanghi potenzialmente tossici
A Genova le attività legate all’espansione del porto sollevano timori sul futuro della pesca e sui danni ambientali. In particolare, alcuni pescatori sono preoccupati per gli sversamenti di ghiaia necessari alla costruzione della diga foranea e per i lavori di dragaggio per ampliare il Terminal rinfuse (il gate di accesso per i prodotti alla rinfusa e non solo, che transitano da e per il Nord Italia, ndr). Questi interventi, che permetteranno l’ingresso di grandi navi da crociera e portacontainer, generano un massiccio movimento di sedimenti e causano acqua torbida e l’impoverimento dell’habitat marino.
“I lavori della diga ci stanno creando tantissimi problemi già ora e chissà in futuro. Ci hanno tolto il tratto di mare da Cornigliano alla Foce, vitale per noi, soprattutto tra novembre e aprile, quando le barche pescano lungo il tratto riparato dalla diga”, spiega un membro della Cooperativa piccoli pescatori di Genova, che ha preferito rimanere anonimo, il cui mestiere gli è stato tramandato da quattro generazioni. Quando i pescherecci attraversano questa zona con gli strumenti accesi non trovano più traccia di pesce. “Ogni barca dà lavoro a quattro famiglie, e qui nel porto ce ne sono circa cento -spiega il pescatore-. Ma la condizione è desolante. Non sappiamo più dove gettare le reti”.
Numerose segnalazioni ricevute da Stefano Bigliazzi, presidente di Legambiente Genova, indicano l’allontanamento dei pesci dalle aree interessate dai lavori in corso. “Il movimento dei sedimenti in mare coinvolge un terreno vivo, che ospita cibo per molte specie marine -osserva Bigliazzi-. Quando i pesci abbandonano un’area, significa che la zona è diventata inospitale per la vita marina, segnale di una contaminazione che li tiene lontani”.
Per accogliere le grandi navi portacontainer al porto di Genova sono infatti in corso imponenti lavori, a partire dall’ampliamento del terminal Msc, che includono il tombamento delle darsene per aumentare la capacità del piazzale.
È giunta alle fasi finali la realizzazione delle prime 850 colonne sommerse della nuova diga foranea, con 370mila tonnellate di materiale posate sul fondo. Per consolidare l’area e per preparare lo spazio alla posa dei cassoni in cemento armato vengono utilizzate colonne di ghiaia infisse nel terreno argilloso, che formeranno la struttura della nuova diga. I dragaggi, necessari per garantire la profondità dei canali, sono essenziali per permettere l’accesso a queste navi di grandi dimensioni.
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“I lavori sui fondali davanti al terminal Msc, anche se sono sedimenti fini e molto inquinanti di per sé e per legge sono da trattare in modo specifico, grazie a un decreto legge Salva-diga potranno essere usati per riempire le celle dei cassoni in cemento armato che costituiscono l’ossatura della diga”, spiega ad Altreconomia Piero Silva, ingegnere ed ex direttore tecnico del project management consulting della diga.
Silva sottolinea che “il dragaggio è una delle attività che provoca l’impatto ambientale più importante per la vita marina” poiché implica lo spostamento di grandi quantità di sedimenti per mantenere i fondali profondi. Questi sedimenti, una volta rimossi, restano in sospensione nell’acqua, creano torbidità e mettono a rischio l’habitat delle specie marine.
In passato, i materiali dragati venivano spesso scaricati in mare aperto senza misure di contenimento, con effetti nocivi per l’ecosistema marino. A Genova, non ci sono vasche di colmata (che servono per gestire elevati volumi di materiale di dragaggio), ma al loro posto ci sono delle fosse lungo le dighe che vengono utilizzate per versare il materiale dragato.
“Questo metodo è molto più critico perché nelle fosse non c’è nessun contenimento, e si crea sicuramente torbidità -precisa l’ingegnere-. La fossa più utilizzata è il canale di calma tra la diga e l’aeroporto, un’area non navigabile e utilizzata per versarci i materiali dragati”.
Silva spiega che “il problema nell’utilizzare i cassoni della diga per contenere il materiale dragato è legato ai tempi”. Mentre il dragaggio, infatti, è un’attività molto rapida, in grado di movimentare anche 50mila-100mila metri cubi al giorno con macchine di grande capacità, “la costruzione e il posizionamento dei cassoni procede molto più lentamente”.
Al momento, sono stati posizionati cinque cassoni, sui 105 totali necessari per completare la struttura della diga. E la fine dei lavori, fissata al 30 novembre 2026, è slittata al novembre 2027. Il progetto della nuova diga foranea prevede lo scarico in mare di circa sette milioni di tonnellate di roccia, con “un impatto considerevole: in questi sversamenti, circa il 10% (pari a circa 700mila tonnellate) è costituito da materiali fini che entrano in sospensione”.
Così, il 16 luglio 2024, la Regione Liguria ha bloccato il piano per riempire i cassoni della nuova diga con materiali di recupero e sedimenti provenienti dai dragaggi, a causa delle presunte elevate concentrazioni di inquinanti chimici nei sedimenti portuali e il rischio di gravi danni ambientali.
Nel frattempo, il 20 agosto 2024 la Procura di Genova ha avviato un’inchiesta sui presunti dragaggi illeciti in porto, ipotizzando reati come lo smaltimento illegale di circa 700mila metri cubi di fanghi, potenzialmente tossici, e violazioni ambientali a carico di otto indagati tra Regione e Autorità portuale.
Il piano, elaborato con l’intento di utilizzare materiali di risulta prodotti sia dal cantiere della diga sia da altri lavori sul territorio, presenta però criticità secondo i tecnici. Per la Regione sono riversabili nei cassoni solo materiali dalla classe A alla classe D. Una delle questioni principali riguarda quindi il trattamento dei fanghi più inquinanti, classificati come classe E: mentre il piano prevede di sversarli nei cassoni, la Regione e la stessa Autorità portuale sottolineano che andrebbero gestiti come rifiuti pericolosi.
Il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha dato il via libera all’uso dei sedimenti dei dragaggi e dei materiali provenienti da demolizioni e rocce da scavo di altri cantieri per riempire i cassoni della diga, tramite il decreto legge Ambiente sulle “politiche di sostenibilità ed economia circolare per le infrastrutture”. Questa norma, in vigore dal 17 ottobre 2024, consentirebbe di aggirare e semplificare le lunghe procedure per il trattamento di questi sedimenti. Tra i materiali previsti figura anche l’utilizzo di 220mila metri cubi di terre di risulta provenienti dagli scavi a Sestri Ponente, dove è in corso la realizzazione di un bacino per Fincantieri, destinati anch’essi ai cassoni.
Tuttavia, la Regione ha sollevato dubbi sulla “scarsamente indagata presenza di amianto e nichel in queste terre”. Ma per Bigliazzi il cuore della questione è “la salubrità e il rispetto del mare: una delle più belle e importanti ricchezze che Genova deve custodire”.
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