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La rinascita della “sinistra” come strumento per superare le strozzature della politica
La sinistra, a livello sia politico sia culturale, è sparita. Occorrono una leadership diffusa e un progetto di autentico rinnovamento per poterle rigenerare e farne delle forze di democratizzazione. A vantaggio dei cittadini e a favore di una democrazia partecipativa. Le “idee eretiche” di Roberto Mancini
Uscire dall’irrilevanza culturale e politica. È il compito urgente per chi desidera realizzare la democrazia integrale superando, oltre al capitalismo, ogni modello di società fondato sul potere. La partecipazione diffusa e le campagne dal basso sono indispensabili, ma poi si arriva al confronto con i governi e i parlamenti che devono deliberare. Perciò occorre avere uno strumento politico che superi la strozzatura data ogni volta dalla politica convenzionale.
Unire partecipazione e vita istituzionale è proprio, idealmente, della sinistra. Non intendo la “sinistra” identificata grossolanamente con chi non sta a destra. Il Partito democratico, in Italia, è il simbolo di questa fuorviante semplificazione. E non basterà l’arrivo di una segretaria aperta come Elly Schlein per consentire a questo partito di rinnovarsi nella cultura, nella composizione generazionale, nel radicamento sociale, nell’incisività politica, nel progetto. Serve comunque lo strumento politico di una sinistra intesa come prospettiva e movimento politico di servizio. Parlo di un orientamento che motiva le persone, le associazioni e le comunità nell’azione per rimuovere gli ostacoli che impediscono agli esseri umani (come dice l’articolo 3 della Costituzione) di vivere i loro diritti e di esercitare la corresponsabilità per il bene comune. Non penso a un’identità ideologica ma alla soggettività plurale di una sinistra etica, che assume l’apporto dell’ecologia, del femminismo, dell’antirazzismo, dell’antifascismo, dell’anticolonialismo, dei movimenti di economia trasformativa e dei soggetti popolari di liberazione attivi in ogni continente per tradurre questi apporti in modo efficace come forze di governo dei problemi dell’umanità e del mondo.
La sinistra politica è sparita, mentre quella culturale è esangue. Occorre costruire le condizioni che permettano di rigenerare entrambe per farne delle forze di democratizzazione. A partire da una leadership diffusa e da un vero progetto di rinnovamento
È di moda ritenere che destra e sinistra siano categorie superate, ma è falso perché la differenza di approccio persiste, solo che si ridefinisce in forme nuove. Si tratta quindi di categorie che vanno meglio comprese, non liquidate. L’autenticità della sinistra non è una questione di bandiera perché si attua solo nella prassi trasformativa della situazione esistente a tre condizioni: la scelta di superare la società di mercato e il capitalismo; la scelta di riconvertire il potere in azione nonviolenta e in servizio alla comunità dei viventi; la conseguente scelta di coralità e di giustizia riparativa, in modo da riattivare la cittadinanza di tutti gli esclusi: i più giovani, le donne, i popoli non occidentali e colonizzati, i poveri, i più vulnerabili per qualsiasi ragione.
Oggi, mentre la sinistra politica è sparita e la sinistra culturale è esangue, sono molti i fattori per rigenerare entrambe come forze di democratizzazione. Mi limito a indicarne tre. Il primo è dato dalla fiducia e dall’intelligenza progettuale che portano a prendere sul serio la costruzione di una società liberata. Il secondo fattore è la leadership democratica diffusa, fatta di guide autorevoli e maieutiche, mai di capi narcisisti. Il terzo è l’emersione di un vero progetto di rinnovamento della vita collettiva, che sia tanto lucido quanto appassionante. Un progetto il cui profilo giuridico è dato da una Costituzione della Terra e la cui concretizzazione resta affidata alla capacità di azione convergente dei movimenti prima citati.
Da dove si comincia? Il passaggio inaugurale del cammino è l’assunzione di responsabilità da parte di ogni singolo. Non esistono entità istituzionali e collettive democratiche che si muovano da sole. Esse prendono corpo solo se ciascuno fa quello che può fino in fondo, assumendo tale impegno come stile di vita. Si dirà che il singolo conta poco e tuttavia, per la sua imprevedibile quota di efficacia, conta realmente. La coscienza, la libertà, la solidarietà, la passione civile non si danno all’ingrosso, per contagio di massa. Affiorano nella decisione di ognuno. Come scriveva Aldo Moro nell’ultima lettera a sua moglie, queste forze di guarigione del mondo coinvolgono le persone una per una, occhi per occhi, volto per volto.
Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata; il suo libro più recente è “Gandhi. Al di là del principio di potere” (Feltrinelli, 2021)
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