Ambiente / Opinioni
La prospettiva del suolo per scegliere i candidati alle elezioni europee
Analizzare gli ettari cementificati o le posizioni assunte in merito al più importante regolatore climatico dopo gli oceani da parte di chi ha avuto incarichi amministrativi è un metro di giudizio necessario. Il caso di Bari, ad esempio, dice cose interessanti. Perché non è più il tempo delle buone intenzioni. L’analisi di Paolo Pileri
Sono giorni e ore di febbrili attività partitiche per “scegliere” i candidati da portare in Europa. In quel Parlamento che faticosamente a fine febbraio 2024 ha approvato una mezza direttiva sulla rigenerazione della natura (Nature restoration law) -poi bloccata, anche a causa del veto italiano- e che ancora non riesce a mettere a punto una direttiva seria sullo stop al consumo di suolo. Non è difficile scegliere i candidati: basterebbe andare a vedere se e come si sono pronunciati sulla questione suolo e, qualora avessero avuto l’onore di essere sindaci, governatori, consiglieri regionali o parlamentari, quali sono gli indicatori di consumo di suolo del Comune o della Regione che hanno amministrato.
Nei giorni appena passati il Partito democratico ha fatto una prima scelta sui candidati. La prima per la circoscrizione Sud è Lucia Annunziata, nota giornalista. Non è stata sindaca, quindi non ci sono statistiche da esporre. Non ricordo prese di posizione rilevanti sulla difesa del suolo ma forse me le sono perse io. Il secondo in lista è l’attuale sindaco di Bari, Antonio Decaro, di cui la segretaria del Pd ha elogiato l’attività definendolo -leggo dalla stampa- un ottimo amministratore, “tra i migliori“. Sono corso subito a sfogliare i rapporti nazionali sul consumo di suolo dell’Ispra per cercare di leggere attraverso la lente di terra se e come l’amministrazione Decaro si sia distinta per il non consumo di suolo o per il contenimento di tale consumo, o viceversa. I dati sono riportati nella tabella che segue.
Non metto in dubbio le tante azioni e politiche virtuose di cui il sindaco di Bari sono certo si sia contraddistinto (sebbene non le abbia trovate sui giornali insieme alla scoppiettante notizia di candidatura), ma sul fronte dell’uso del suolo i dati non giocano a favore della sua politica amministrativa locale. E bisogna prenderne atto. Tra il 2016 e il 2022 nel solo Comune di Bari sono stati ben 104 gli ettari cementificati, una media di 17,3 all’anno. Nello stesso periodo, nella provincia o città metropolitana -di cui ricordo che il sindaco del capoluogo è primo cittadino- gli ettari cementificati sono stati ben 761, una media di 126,8 all’anno. Una cifra che pone quella città metropolitana tra i top-consumer al pari dell’intera Regione Basilicata (nel 2022 ha consumato “solo” 100 ettari) o del Trentino-Alto Adige, 130 ettari nel 2022.
La popolazione della città metropolitana è pure diminuita tra il 2016 e il 2022: da 1,26 milioni a 1,22. Idem quella del Comune di Bari: dati Istat alla mano, da 324.198 nel 2016 a 316.736 nel 2022. Voglio ricordare che una delle azioni politiche chiave di un sindaco è proprio quella di guidare in un verso o nell’altro la trasformazione urbanistica del Comune che amministra. Mi chiedo allora perché non usare l’uso del suolo come termometro per valutare la buona, meno buona o per nulla buona condotta amministrativa di un sindaco.
Ricordate Matilde Casa, sindaca di Lauriano, in provincia di Torino, per tre mandati? Ecco, lei tolse edificabilità dal suo piano urbanistico dando prova concreta di ridurre il consumo di suolo. Per questo fu mandata a processo (penale) da cui ne uscì senza pena dopo due anni travagliati. Lei non è stata mai scelta per nessuna candidatura (peraltro era una sindaca vicinissima al Partito democratico). Mi pare di poter dire che è ancora il mondo al contrario di alcuni anni fa. Essere virtuosi in tema di uso del suolo non paga, politicamente parlando. Esserne invece dei consumatori, sì, paga.
Rimane il fatto che sul tavolo del futuro ci sono temi come la pace e la lotta agli armamenti (innanzitutto), ma subito dopo il grande tema ecologico del surriscaldamento del Pianeta che si declina lungo mille rivoli, incluso il suolo che, lo ricordo ancora, è il più grande regolatore climatico dopo gli oceani e ben prima degli alberi (che peraltro senza suolo e senza biodiversità del suolo manco esisterebbero). Quindi “fa strano” che questo tema non sia preso affatto come filtro per decidere le candidature.
Ovviamente non sul lato delle buone intenzioni e delle promesse che tutti sono in grado di fare, ma sul lato dei fatti che chi ha amministrato ha il dovere di dimostrare. Ecco, se fossi io a suggerire le indicazioni per la selezione dei candidati, saprei a quali dati guardare. Non solo al suolo, si intende, ma nemmeno zero considerazione per il suolo. Altrimenti la credibilità di un grande o piccolo partito si scioglie come neve al sole. E invece siamo di nuovo all’anno zero e il tema non è ancora entrato nel discorso politico.
Quindi le cittadine e i cittadini alzino la voce, facciano domande, portino dati, verifichino se e come i candidati alle elezioni europee che hanno un passato da amministratori si siano battuti ed esposti sull’argomento. Facciano loro domande per verificare che cosa sanno concretamente (e non astrattamente) di suolo, di ecologia, di biodiversità, di clima, di inquinanti, anche di impatto delle rinnovabili. Fare domande a chi si candida è un diritto dei cittadini, un’azione legittima di cittadinanza.
Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022)
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