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Ambiente / Reportage

Ad Alessandria l’ombra di un progetto di fotovoltaico a terra su un’oasi di biodiversità

Alcune zone già pannellizzate nel vicino Comune di Sezzadio © Alessandro Ghiggi

In una porzione agreste della Pianura padana, vitale e produttiva sia in termini biologici sia di resa agricola, si vuole realizzare un progetto agrivoltaico su un’area complessiva di 33 ettari, tra sbancamento e spazio per i pannelli. Un intervento che rischia di compromettere un intero habitat. Ecco perché

Siamo in provincia di Alessandria, in quella porzione di Pianura padana da più di un secolo consacrata all’agricoltura intensiva, all’urbanizzazione e alla cementificazione. Non lontano da questa realtà caotica, in posizione sopraelevata, si trova un altopiano, un antico terrazzo alluvionale solcato a Est dal torrente Orba e a Ovest dal fiume Bormida.

Un fazzoletto di terra di quasi novanta chilometri quadrati dove si coltivano cereali, si governano le vigne, si falcia il fieno e si taglia la legna secondo ritmi ancestrali. Queste attività, insieme al basso grado di urbanizzazione e alla conversione al biologico di un numero sempre crescente di terreni, hanno consentito il mantenimento di una biodiversità non comune in ambito agricolo. In particolare per quanto riguarda gli uccelli, principali indicatori della salute di un ecosistema.

Nei settori Sud-orientali dell’altopiano vengono tenuti a dimora gli ultimi estesi appezzamenti di prato stabile inframmezzati da lembi di pascolo e filari alberati di cerro: un paesaggio ormai raro ai margini di una pianura coltivata in modo intensivo. Qui i trattori si presentano una sola volta all’anno, per la mietitura del fieno. Il prato e il pascolo hanno consentito a milioni di insetti e a una nutrita comunità di altre forme viventi del soprassuolo e del sottosuolo di proliferare anno dopo anno.

Il risultato è stato sorprendente: da vent’anni a questa parte circa 140 specie di uccelli hanno visitato regolarmente questi campi per la nidificazione, la sosta migratoria o per trascorrervi l’inverno. La maggior parte gode di speciali forme di protezione e tra queste emerge la splendida ghiandaia marina (coracias garrulus) che è tornata a stabilirsi proprio in questi campi nell’alessandrino -approfittando dei pioppi bianchi isolati dei quali occupa vecchie cavità abbandonate dal picchio- a settant’anni dall’ultima nidificazione accertata nel Piemonte.

Stiamo parlando di una cosiddetta “specie ombrello”, garante cioè dell’ottimo stato di salute dell’habitat in cui vive, il cui numero di coppie nidificanti ha raggiunto numeri mai registrati prima in tutto il Nord Italia: dalla segnalazione della prima coppia nel 2016 si è passati a 15 nel 2022 con un aumento esponenziale alle oltre trenta nel 2023, in un piccolo fazzoletto di terra.

Le ragioni di questo exploit, oltre che nella qualità ambientale, risiedono anche nel clima, caratterizzato da estati calde e asciutte, da una costante insolazione e dalla ricca presenza di ortotteri (grilli e cavallette), la principale fonte di alimentazione della ghiandaia marina e di molte altre specie.

Ma su questo piccolo paradiso incombe ora l’ombra della cosiddetta green economy, che spesso e paradossalmente vorrebbe realizzare i propri impianti a discapito degli ultimi scampoli di natura selvaggia (ad esempio, quando si propone la costruzione di impianti eolici lungo i crinali appenninici) o di ambienti agresti a elevata naturalità e bellezza come nel nostro caso.

Una ghiandaia marina si affaccia da un nido in legno © Alessandro Ghiggi

La ditta Ski 26 Srl intende infatti realizzare nel territorio del Comune di Predosa (AL) un progetto agrivoltaico di dieci ettari (che si estende su un’area complessiva di 33, comprensivi dello sbancamento per l’allaccio della centrale) che dovrebbe sorgere proprio nel cuore della colonia delle ghiandaie marine, compromettendola irrimediabilmente. Un report della Commissione europea (Lammerant et al., 2020) riporta e conferma dati preoccupanti sull’impatto negativo che hanno queste tecnologie sulle comunità ornitiche, con particolare riguardo alla radicale sottrazione di habitat riproduttivo e foraggero per la maggior parte degli animali di ambiente prativo e campestre a vantaggio di specie più generaliste e opportuniste, con ricadute catastrofiche sulla biodiversità vegetale e microbica del suolo (Bai et al., 2022; Pileri, 2022).

Anche pipistrelli -ben rappresentati con diverse specie di ambiente aperto e boschivo- correrebbero serie minacce a seguito della frammentazione e conseguente sparizione del loro habitat (Tinsley et al., 2023).

La biodiversità, occorre sempre ricordarlo, non costituisce solo un imprescindibile valore scientifico, culturale ed estetico, ma è anche l’unica garanzia della corretta funzionalità ecosistemica che è alla base della nostra prosperità e qualità della vita. Ecco perché il ritorno spontaneo di una nuova specie autoctona, laddove molte altre sono scomparse o hanno visto ridursi drasticamente la consistenza numerica delle popolazioni, è una gran bella notizia.

Le installazioni di pannelli fotovoltaici possono, inoltre, comportare rischi di impatto diretto con varie specie di uccelli, pipistrelli e insetti sia per “inganno visivo” (questo succede soprattutto per quelle strettamente acquatiche), sia per normale collisione (che avvengono durante migrazioni notturne, diurne e voli di trasferimento). Il danno potrebbe altresì interessare mammiferi terrestri, anfibi e rettili perché la realizzazione di campi fotovoltaici rischia di interrompere preziosi corridoi ecologici, impedendo quell’interscambio per la salute delle popolazioni e per il mantenimento dell’equilibrio ecosistemico. È in questo senso attualmente in corso l’individuazione dei corridoi ecologici nell’ambito della Rete ecologica della provincia di Alessandria.

Ciò detto è ragionevole pensare che l’effetto domino legato alla crescente diffusione di queste installazioni possa condurre a una rapida e irreversibile sparizione non solo della ghiandaia marina che, caso unico in Regione, ha trovato in queste aree il suo habitat naturale, ma anche di tutte le altre specie a essa connesse.

Ci pare dunque incredibile che, a fronte di una situazione generale (e locale) di un ambiente naturale soffocato e assediato da un’antropizzazione compulsiva che riflette un’assoluta inconsapevolezza delle dinamiche della vita sul Pianeta, si possa pensare di stravolgere e “industrializzare” un paesaggio agreste che, lo ribadiamo, è ancora vitale e produttivo sia in termini biologici sia di resa agricola, ricoprendolo di pannelli fotovoltaici.

Ma allettati da offerte interessanti da parte dei proponenti può capitare che i proprietari dei fondi non ci pensino due volte a vendere o affittare i propri terreni, del tutto indifferenti a valori diversi da quelli monetari. E allora che cosa possiamo fare? Il problema, in ultima analisi, è sempre lo stesso: a nessuno importa tutto ciò perché pochissimi, ormai, vivono e frequentano consapevolmente il proprio territorio.

Così, nella generale indifferenza, rischia di venire banalizzato e desertificato un altipiano dove ancora volano numerose le rondini, le allodole, i rigogoli, le upupe e le tortore selvatiche. Dove milioni di cavallette e grilli animano la terra. E dove la ghiandaia marina, non a caso, ha scelto di tornare a colorare di turchese la campagna. Ignara che le sorti magnifiche e progressive dello sviluppo “sostenibile” sarebbero giunte così presto anche qui.

Alessandro Ghiggi è ornitologo e documentarista. Si occupa di migrazione ed ecologia dell’avifauna in relazione ai cambiamenti climatici e ambientali. Dal 2023 è fondatore del progetto indipendente di tutela ambientale Campagne turchesi.

Antonio Scatassi è guida naturalistica e divulgatore ambientale. Tiene regolarmente conferenze, lezioni e corsi su temi naturalistici, focalizzandosi sul rapporto uomo-ambiente naturale. Svolge monitoraggi avifaunistici. Dal 2023 collabora al progetto Campagne turchesi.

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