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La Palazzina Liberty di Milano, un bene comune che è ancora abbandonato alle ambiguità

Lo stato attuale della Palazzina Liberty a Milano

Dall’edificio di proprietà del Comune costruito nel 1908 è passato un pezzo importante della storia culturale e aggregativa della città. Intitolato a Dario Fo e Franca Rame -che negli anni 70 lo fecero rivivere-, giace però in un limbo. Con il rischio di diventare l’ennesimo guscio vuoto dell’industria degli eventi. L’idea della Giunta Sala non è chiara, denuncia il Comitato Palazzina Liberty bene comune

La Palazzina Liberty, che si trova a Milano, nel Parco Marinai d’Italia, lungo Corso 22 marzo, è un bene storico-architettonico di proprietà comunale, noto e significativo per la città. Costruita nel 1908, ebbe la funzione di centro di ristoro del mercato ortofrutticolo circostante; lo stile liberty la caratterizza appunto in modo discreto ma elegante.

Dopo il trasferimento dell’Ortomercato, nel 1960, la Palazzina cessò la sua attività e cadde in stato di abbandono e degrado fino a quando, nel marzo 1974, l’amministrazione comunale ne consegnò le chiavi al Collettivo teatrale “La Comune” di Dario Fo e Franca Rame, in regime di usufrutto temporaneo.

Ben presto però il Comune arrivò a considerare quel luogo, nel frattempo diventato il laboratorio e la scena delle intense attività teatrali e politico-culturali lì ospitate, come una semplice “occupazione abusiva”. Eppure la Palazzina si era inserita vitalmente nel territorio avviando una scuola di spettacolo aperta al quartiere, promuovendo iniziative politiche, come la grande festa popolare per la vittoria al referendum sul divorzio, e dibattiti culturali a respiro anche internazionale, intessendo relazioni con le realtà sindacali di avanguardia, con i collettivi studenteschi e con i movimenti vertenziali di quella stagione.

Con il 1980, anno in cui Dario Fo, Franca Rame e il Collettivo posero fine alle loro attività alla Palazzina, iniziò un nuovo periodo di abbandono: una costante che caratterizza anche la sua storia più recente, come vedremo.  

Nel 1988 cominciarono i lavori di ristrutturazione che, una volta ultimati, ne consentirono la riapertura: nel tempo vi trovarono spazio la Civica orchestra di fiati, le stagioni musicali dell’orchestra da camera Milano Classica, le serate de La casa della poesia, le tante iniziative pubbliche organizzate da varie associazioni, tra le quali l’Anpi, e, in coordinamento tra l’Area spettacolo del Comune, artisti e istituzioni del quartiere, “Palazzina Liberty in Musica”. 

Il 23 ottobre 2017 la Palazzina fu intitolata a Dario Fo e Franca Rame, con il riconoscimento pubblico della sua storia e della sua rilevanza culturale e aggregativa: “La Palazzina è un simbolo importante perché anche da qui è passata la formazione della città”, dichiarò il sindaco Giuseppe Sala. 

Ma quattro anni dopo arrivò una smentita plateale: a ottobre 2021 il Consiglio comunale approvò le linee guida di un bando che prevedeva la “concessione a terzi” dell’edificio, che nel frattempo era stato chiuso e abbandonato, motivando la scelta con l’impossibilità, da parte dell’amministrazione, di assicurare la prosecuzione della gestione della programmazione e il reperimento dei fondi necessari alle necessarie opere di messa in sicurezza e di adeguamento normativo dei locali.  

Fu questo il motivo per cui si formò il Comitato Palazzina Liberty bene comune, che firma questo intervento. Non ci convinceva la proclamazione della volontà dell’amministrazione di assicurare, anche con la nuova gestione, la continuità di relazioni col territorio e le sue associazioni e l’accessibilità dei prezzi. Vedevamo chiaramente il rischio (o, per meglio dire, la certezza) che le regole del “libero mercato” potessero indirizzare la gestione in direzione opposta, privilegiando la redditività economica (e la caratterizzazione di “divertimentificio”) a discapito della qualità dell’offerta culturale e della larga fruizione sia da parte delle associazioni di zona sia degli spettatori. La Palazzina doveva invece rimanere un bene comune a gestione pubblica. Quindi quell’ipotesi era per noi da rigettare in toto. 

Sulla base di questa consapevolezza, il Comitato organizzò a marzo 2022 una partecipata raccolta di firme, sia cartacee sia online e a maggio un presidio-spettacolo davanti alla Palazzina, con moltissimi interventi di esponenti del mondo della cultura, dello spettacolo, della musica e un folto pubblico di cittadini/e della zona e della città, a riaffermare i principi della rivendicazione avanzata dal Comitato.

A seguito di questa presa di posizione, il Comune rinunciò all’affidamento a privati e decise di intraprendere, a proprie spese, i lavori di messa in sicurezza e rifunzionalizzazione della Palazzina. Il Comitato riconobbe in questo un passo importante e una prima vittoria, ma non sufficienti e smentiti dai fatti, visto che si verificarono da subito ritardi nell’avvio dei lavori e si manifestò irresolutezza sulle prospettive di gestione, come denunciammo a seguito di diversi incontri con l’assessorato alla Cultura. Le recenti dichiarazioni dell’assessore Tommaso Sacchi a la Repubblica lasciano ancora molti punti oscuri e ambigui sulla questione, che è bene conoscere. Eccoli in sintesi.  

I costi: continua il balletto sulle cifre. Un anno fa, si parlava di un importo complessivo di circa cinque milioni e mezzo di euro (550mila per il piano rialzato e cinque milioni per il sotterraneo). Sacchi parla ora di circa un milione, non precisando per quale destinazione. Sentiamo ora, da altre fonti, accennare a due milioni. Non è seria, questa oscillazione di così grande portata sull’entità, la provenienza e la destinazione di questi fondi.  

I tempi: anche qui, nulla di certo. Si prevedeva di concludere il piano rialzato nel terzo trimestre del 2024, per poi -dopo una fase di riapertura provvisoria- lavorare nel sotterraneo e avviare definitivamente la Palazzina nella seconda metà del 2026. I lavori, iniziati come si è detto in ritardo, sono stati interrotti di recente per un intervento della Sovrintendenza alle Belle arti. Sacchi ora promette una chiusura dei lavori per aprile-maggio 2025, ma anche qui “dimentica” di precisare che probabilmente parla solo del piano rialzato e non dell’intero edificio. 

La gestione: come abbiamo detto, il Comitato Palazzina Liberty bene comune ha sottolineato da tempo e con forza la necessità che la Palazzina restasse di proprietà e gestione pubblica, contro ogni tentativo di privatizzazione. Se le minacce di esternalizzazione sono rientrate, permane un grande e preoccupante silenzio sulle effettive forme di gestione che possano attuare quei principi. 

Tutto questo non può che ravvivare le nostre critiche per il trattamento riservato all’intera partita e ci spinge a una denuncia pubblica della situazione. 

Comitato Palazzina Liberty bene comune 

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