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Finanza / Opinioni

La guerra dentro e fuori il capitalismo finanziario statunitense sta per cominciare

© Natilyn Photography - Unsplahs

Tra le nomine chiave della nuova amministrazione americana c’è quella del Tesoro, non ancora definita. Criptovalute, nuova dollarizzazione e finanzieri d’assalto scalpitano. Ma se l’universo pop e le pretese di rinascita industriale del “clan Trump” possono riuscire a battere i resti delle democrazie liberali, difficilmente potranno sconfiggere l’espansionismo globale cinese. L’analisi di Alessandro Volpi

Donald Trump sta costruendo la sua “squadra”. In quella che è stata definita la più grande democrazia del mondo, sembra aperta la distruzione dei formalismi della democrazia liberale e della narrazione illuministica.

Nominare Procuratore generale un imputato per traffico sessuale di minorenni, mettere alla guida della Difesa un conduttore televisivo con croci tatuate sul petto, affidare la Sicurezza interna a una governatrice che ha sparato al suo cane perché non le obbediva, scegliere per la National intelligence una ex deputata democratica accusata di propaganda filorussa, designare dei “negazionisti” alla direzione dell’agenzia per l’Ambiente, al Territorio e alla Sanità vuol dire cancellare con una riga netta ogni traccia della mitologia dell’America politicamente corretta, dei “progressisti” bostoniani e kennediani.  

Vuol dire costruire la rappresentazione del Paese “popolare”, che vive sui social, che ha lavori troppo poveri per non essere arrabbiato con le élite e per sottostare alle eccessive “regole” democratiche, che pretende di farsi giustizia da solo, odiando, sparando e non accettando più giudizi morali sui propri gusti pornografici. Vuol dire dare voce a quel mondo che le pretese di superiorità dei “dem”, della parte più ricca e colta della upper class non ha mai compreso.  

Tra le nomine non figurano ancora le caselle economiche. Certo c’è Musk con un incarico tra il Cottarelli d’America e il disboscatore selvaggio di ogni vincolo agli spiriti animali dal capitalismo, ma mancano i posti chiave, a cominciare dal segretario al Tesoro. Tale nomina sembra orientata nella direzione di limitare il potere dei grandi fondi, a partire da BlackRock, Vanguard e State Street.

I due nomi più probabili, dopo il ritiro di John Paulson, sono quelli di Howard Lutnick e di Scott Bessent. Il primo è amministratore delegato della Cantor Fitzgerald, una società finanziaria che figura tra le poche abilitate dalla Federal reserve al collocamento dei titoli del debito pubblico americano ma è anche il “gestore” delle riserve della Stable Coin Tether. In altre parole, Lutnick potrebbe avviare una nuova stagione di centralità delle criptovalute e, attraverso le Stable Coin, immaginare una nuova forma di dollarizzazione: un cambiamento radicale rispetto al presidente Powell e alle logiche delle Big Three. Il secondo, Bessent, guida Key Square Group, ed è un finanziere d’assalto, alla testa di cordate di fondi hedge altamente speculativi che vogliono tassi bassi e soprattutto vogliono limitare se non abbattere il monopolio dei grandi fondi. La guerra del capitalismo finanziario Usa sta per cominciare. 

Intanto proprio le Big Three si stanno avvicinando ai Bitcoin perché forse hanno capito che devono assecondare la linea Trump. MicroStrategy Inc. ha operato un acquisto record di 51.780 Bitcoin, per un valore di circa 4,6 miliardi di dollari. Si tratta del più grande acquisto di Bitcoin da quando MicroStrategy ha iniziato ad accumulare la principale criptovaluta al mondo, ormai quattro anni fa.

Ma chi sono i suoi azionisti? È semplice: BlackRock, Vanguard e Capital Research possiedono il 25% della società e con questo acquisto danno un segno, chiaro, dell’apertura a una nuova attenzione alle criptovalute che non si limita alla sola creazione di Etf. 

L’azione di pressione della possibile “squadra” economica di Trump sta facendo effetto nel modificare alcuni elementi del capitalismo finanziario che deve, definitivamente, abbandonare il Novecento. Persino il boom dell’oro pare cedere all’onda Bitcoin che ha già superato l’argento. Certo nella scelta del suo segretario al Tesoro Trump dovrà fare molta attenzione perché la narrazione pop del suo vice Vance di restaurare un’America industriale, a colpi di dazi e con una politica monetaria espansiva, liquidando il recalcitrante Powell, può essere pericolosissima, sfasciando la dollarizzazione e, con essa, l’economia statunitense.  

In tale prospettiva diventa decisiva un’ultima considerazione che può essere resa esplicita da un fatto particolare. La Cina ha inaugurato un maxi hub in Perù, un megaporto finanziato dalla Cosco shipping ports, la compagnia di Stato che si occupa di infrastrutture ed è attiva in tutto il mondo. La creazione di questo scalo mette tutta l’America latina nell’orbita cinese, e rafforza il monopolio del Paese comunista nel controllo dei grandi porti per container. Tutto ciò rende più facile dire che l’universo pop e le pretese di rinascita industriale del clan Trump possono riuscire a battere i resti delle democrazie liberali ma difficilmente potranno sconfiggere il nuovo Impero celeste. 

Alessandro Volpi è docente di Storia contemporanea presso il dipartimento di Scienze politiche dell’Università di Pisa. Si occupa di temi relativi ai processi di trasformazione culturale ed economica nell’Ottocento e nel Novecento. Il suo ultimo libro è “Nelle mani dei fondi” (Altreconomia, 2024)

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