Altre Economie
La fame secondo Nestlé
La ricetta per ricostruire l’immagine di un gruppo passa per partnership autorevoli. In Italia, la multinazionale fa greenwashing con l’Expo 2015 Non pochi genitori hanno protestato nel vedere in mano ai propri figli un libretto a fumetti intitolato Nutrire il…
La ricetta per ricostruire l’immagine di un gruppo passa per partnership autorevoli. In Italia, la multinazionale fa greenwashing con l’Expo 2015
Non pochi genitori hanno protestato nel vedere in mano ai propri figli un libretto a fumetti intitolato Nutrire il pianeta, energia per la vita, distribuito negli ultimi mesi a 180mila bambini delle scuole primarie della Lombardia dalla società Expo 2015. L’intento è sensibilizzare ai temi dell’esposizione universale, ma ad accompagnare le gesta del protagonista dell’opuscolo, il simpatico “Vitruvietto” (sopra), personaggio in stile vitruvio-leonardesco, c’è il messaggio “Good food, good life” dello sponsor principale, la multinazionale Nestlé. Proprio la società svizzera (vedi box) da anni sotto accusa e oggetto di campagne di boicottaggio in tutto il mondo per la sua condotta nella filiera produttiva e per gli effetti delle sue politiche commerciali nei Paesi del Sud del mondo. Ad esempio, la diffusione del latte in polvere, scoraggiando l’allattamento al seno in contesti igienici precari. Dopo anni passati a difendersi dalle accuse degli attivisti di tutto il mondo, Nestlè oggi, complice anche la progressiva ritirata del “popolo di Seattle”, ha perso l’imbarazzo. Così la multinazionale si ritrova protagonista non solo dell’inarrestabile corsa ad accaparrarsi le materie prime alla base dei suoi prodotti e a diffonderli nei mercati emergenti, ma anche di vere e proprie campagne mediatiche e “culturali” che associano il marchio Nestlé alla buona alimentazione e al benessere in generale. “Energico&vitale” è stata l’iniziativa per rispondere alla crisi economica e celebrare “tutto ciò che nutre, rafforza ed espande l’energia capace di accendere il pensiero e illuminare la creatività degli esseri umani”. Insieme a Nestlé, in questa originale risposta alla crisi, diversi personaggi del mondo dello spettacolo e l’immancabile società Expo 2015. Che, per nascondere le lotte di potere interne e quelle di interesse per le risorse in palio, si butta sul marketing, “appiccicando” agli studenti di Scienze dell’alimentazione e della nutrizione umana di Roma, l’etichetta di “expo-generation”. Lo scorso maggio si è svolto il convegno di lancio del progetto, che prevede la creazione di un comitato università-imprese convocato dall’Università campus bio-medico di Roma: all’appello hanno risposto Unilever, Heineken, Citterio, Riso Gallo e l’immancabile Nestlé. “Figure di ricercatori nutrizionali ben formati -ha detto nell’occasione la responsabile comunicazione istituzionale di Nestlé Italia Manuela Kron- sono già, e sempre più saranno, fondamentali per chi, come noi, ha a cuore il benessere complessivo della società”. E non poteva mancare, Nestlé, nemmeno lo scorso inverno, quando la società Expo 2015 ha firmato un memorandum di intesa per la sicurezza alimentare con Fao e Comune di Milano. L’azienda era presente con l’amministratore delegato Peter Brabeck-Letmathe. Il messaggio è chiaro: la lotta alla fame è un “affare privato”, e infatti alla firma del documento è seguito un forum di amministratori e proprietari di grandi aziende dell’agroalimentare, fra cui l’italiana Barilla, per discutere della lotta alla fame nel mondo. Per l’occasione Brabeck-Letmathe ha lanciato un’anatema contro gli attivisti “ben nutriti” di tutto il mondo contrari alle soluzioni “tecnologiche” alla fame (leggi Ogm, Organismi geneticamente modificati). Brabeck-Letmathe ha il “vizietto” delle battaglie culturali: pochi mesi fa il quotidiano inglese the Guardian ha ospitato un editoriale in cui l’ad di Nestlé teorizza la fine dell’era dell’acqua per tutti. “L’era dell’acqua a prezzi da usa e getta sta finendo -ha scritto-. Da tempo sostengo che abbiamo bisogno di porre un prezzo che sia in grado di dare più accuratamente valore alla nostra più preziosa commodity; anche l’Ocse e la Banca mondiale si stanno muovendo in questa direzione, e hanno recentemente pubblicato dei rapporti che suggeriscono di stabilire un prezzo migliore per l’acqua”. Come noto, oltre a Nescafé, latte in polvere e una miriade di prodotti a base di acqua, Nestlé ha enormi interessi nel mercato delle minerali (in Italia possiede marchi come Sanpellegrino, Panna e Vera). Brabeck-Letmathe lo aveva detto chiaramente anche nel corso di un’intervista nel film “We feed the world” (Nutriamo il mondo, del regista austriaco Erwin Wagenhofer): “Si tratta di decidere se privatizzare o meno le sorgenti e le reti di distribuzione dell’acqua alla popolazione. Possiamo vedere le cose da due diversi punti di vista: il primo, estremista oserei dire, è quello di coloro che, rappresentanti delle ong, insistono sul fatto che l’acqua debba essere considerata un diritto pubblico. Ciò significa che ognuno debba avere diritto all’approvvigionamento d’acqua. Una soluzione estrema”. Immaginiamoci dunque, da estremisti, il mondo “alla Nestlé”, un futuro in cui alla borsa di Chicago, oltre alle commodity agricole come i cereali o il riso, vengano quotate e scambiate sui mercati finanziari anche le acque. Le uscite dell’ad Nestlé non sono estemporanee: fanno parte di una politica aggressiva della multinazionale, volta ad occupare i luoghi e l’immaginario delle persone, anche in Italia. Dove la gente incontra Nestlé nella linea B della metro di Roma, mentre distribuisce gratis bottigliette di acqua minerale per combattere l’afa e il caldo. 81mila ragazzini, sempre a Roma, partecipano al concorso “Nutrikid”, lanciato da Nestlé in 200 scuole primarie: se lo aggiudica la quinta B della Appia Claudio che ha ideato la miglior campagna pubblicitaria “Mangiar sano ti conviene, resti in forma e vivi bene”. Orgoglioso il “Nutrition, Health and Wellness Manager” di Nestlé Italia Giovanni Praderio, che si occuperà di estendere il progetto a livello nazionale. L’anno prossimo il concorso sbarcherà in altre 4 città, raggiungendo in totale 141mila bambini in 7mila classi.
Poi, in tempi di crisi delle casse statali e mentre si tagliano le risorse pubbliche all’Università e alla ricerca, Nestlé finanzia 4 progetti in collaborazione con la Conferenza dei rettori italiani (Crui). Con le Università Iulm (privata) di Milano e Federico II (pubblica) di Napoli, ha lanciato una raccolta di idee progettuali, selezionando tre ambiti di investigazione: alimentazione, sostenibilità e multiculturalità. Una “call for ideas” volta a selezionare quattro progetti di ricerca da finanziare su “argomenti coerenti con le priorità strategiche del gruppo in area scientifica e di creazione di valore condiviso, i cui risultati saranno visibili e diventeranno patrimonio collettivo nel prossimo biennio”. A scriverlo è Manuel Andrés, capo mercato del gruppo Nestlé Italia, nell’introduzione del volume che pubblica tutte le proposte di ricerca raccolte in decine di università italiane. La multinazionale si occupa anche dei figli dei dipendenti: organizza uno “Junior campus” a Milano per i bambini, da 3 a 14 anni, dei mille dipendenti milanesi. Per i ragazzi attività ludiche, ma anche educative sui temi della salute, del benessere e del rispetto delle risorse ambientali insieme a psicologi ed educatori. Beati loro.
A chi resta fuori dalla “Nestlé generation” non resta che aspirare di entrare a farne parte, con buona pace delle campagne di boicottaggio e degli effetti del latte in polvere. Proprio nel momento in cui lo Stato si ritira, il dolce e rassicurante sapore di cioccolato del privato si espande in ogni angolo. Sembra di ascoltare il vecchio adagio keynesiano: ci occuperemo di voi, dalla culla alla tomba. Firmato Nestlé.
Leader senza vincoli
Nestlé, leader dell’industria alimentare e nona impresa per dimensioni al mondo, ha interessi anche in ambito farmaceutico. Lavora in 130 Paesi e offre ai supermercati di tutto il mondo oltre 10mila prodotti. Nel 2009 ha fatturato 105 miliardi di dollari, con utili per quasi 11,5. Domina il mercato delle acque minerali, imbottigliando oltre 20 miliardi di litri all’anno, e mette in commercio il 13% del caffè e l’11% del cacao mondiale. È il più grande trasformatore di latte (12 miliardi di litri all’anno). A partire dagli anni 70 finì nel mirino di attivisti di tutto il mondo con forti campagne di boicottaggio, accusata di promuovere il latte per neonati nei Paesi in via di sviluppo e non solo, soprattutto attraverso forniture gratuite a strutture ospedaliere. Nel 1982 ha aderito al protocollo dell’Organizzazione mondiale della salute (l’International Code of Marketing of Breast-milk Substitutes) sulla promozione di surrogati del latte materno. Ma nel corso degli anni ha infranto il Codice, soprattutto nei Paesi poveri. Nestlé non rispetta i diritti umani nelle filiere produttive del cacao e del caffè. Recentemente la società ha annunciato di voler investire 943 milioni di dollari in Africa nei prossimi 3 anni, e di aspettarsi dai mercati “emergenti” il 45% dei profitti nei prossimi 10 anni. In Italia fattura 2,3 miliardi di dollari e impiega 6mila persone in 15 stabilimenti. Nel 2008 ha speso 2,3 miliardi di euro in pubblicità per promuovere il proprio marchio e lo slogan “Good food, good life”. Ha però concordato con la Federal Trade Commission Usa di ritirare una pubblicità ingannevole di una bevanda per bambini: il messaggio di Nestlé sosteneva che rafforzasse il sistema immunitario prevenendo infezioni delle vie respiratorie nei bambini fino a 13 anni.