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Interni

La banca dietro la cassa

Quasi un milione di persone, in Italia, ha un libretto di risparmio in una delle Coop. Sapere come questa impiega i soldi però non è semplice —

Tratto da Altreconomia 149 — Maggio 2013

Entrare a far parte dell’universo Coop presso il banco dell’ipermercato di Viale Umbria, a Milano, è semplice. Occorrono venticinque euro e il tempo necessario per compilare due moduli e apporre sei firme. In cambio, una sporta con la spesa già fatta. “Ora sei socio”, sorride l’impiegata, che rilancia: “Conosci il nostro prestito sociale?”. Apro il foglio informativo che mi ha lasciato. Posso depositare da zero a 35mila euro, in contanti, assegni o bonifici. Chi li riceve s’impegna a rimborsarli immediatamente, riconoscendomi un interesse (al netto della ritenuta fiscale) che oscilla tra l‘1,20% (se deposito fino a 4mila euro) e il 2% (se deposito più di 17mila euro). Come fosse una banca, dove gli sportelli affiancano casse e carrelli. “E i miei soldi che fine fanno?”.
Insieme agli altri cinquantuno punti vendita, il supermercato dove ho raggiunto altri 870mila soci, dà forma a Coop Lombardia. Con questa, costituita nel 1926, ci sono Unicoop Firenze (1891), Coop Estense (1923), Unicoop Tirreno (1945), Coop Consumatori Nordest (1945), Coop Liguria (1945), Coop Centro Italia (1947), Coop Adriatica (1968), Nova Coop (1989). Colossi della grande distribuzione cui 7 milioni di persone, nel 2011, associandosi, hanno riconosciuto fiducia. E c’è anche chi, oltre alla fiducia, ha aperto anche un libretto di risparmio, contribuendo a fine 2011 a una raccolta che ha superato gli 11 miliardi di euro. Tutto ciò è previsto e regolato dalla legge, e al 2011, ultimo anno cui si rifanno i bilanci, i prestatori toccano quota 970mila. Il meccanismo è semplice: chi presta (persona fisica) non ha spese, chi si finanzia (la Coop) lo fa spendendo meno rispetto alle condizioni imposte dal credito bancario. Per sventare entusiasmi incontrollati, il Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio ha stabilito che il prestito sociale non possa valere più di tre volte il patrimonio netto della cooperativa. “E i miei soldi che fine fanno?”.
La disponibile impiegata non può aiutarmi, mi indica un ufficio: il “settore finanziario”. Delle nove grandi cooperative di consumo, le uniche che hanno accettato di rispondere a questa semplice domanda sono state sono state Nova Coop -nella persona del direttore finanziario Sergio Bertona- e Coop Adriatica -con l’omologo Stefano Dall’Ara-. Delle altre, tra chi era indaffarato nel predisporre il bilancio 2012 (come Unicoop Firenze), chi ha delegato “l’ufficio stampa di Roma” (come Unicoop Tirreno), chi ha ringraziato per l’attenzione ma declinato (“Uscirete senza di noi, grazie lo stesso”, come Coop Consumatori Nordest) e chi ha preferito rispondere con una nota scritta di sei righe (come Coop Centro Italia), restano le fredde ma significative cifre del bilancio, che riportiamo nell’infografica delle pagine che seguono.
Nova Coop, che opera in Piemonte e in una parte della Lombardia, è quella che per dimensioni e anagrafe ha registrato a fine 2011 una raccolta tra i soci per 676 milioni di euro (la più bassa per entità) e un fatturato di 1 miliardo e 30 milioni di euro. Stefano Bertona riassume così l’anno trascorso: “Il 2012 ha rappresentato per noi una fase di leggero calo nella raccolta, nell’ordine del 2%, il che è dipeso per gran parte dalla politica aggressiva delle banche, che hanno promesso tassi da capogiro ai correntisti pur di reperire liquidità”. Tendenza che secondo il direttore finanziario di Nova Coop ha conosciuto un’inversione all’inizio del 2013: “Dopo che la Bce ha iniettato ingente liquidità a favore del sistema bancario al tasso dell’1%, i tassi sono scesi e così i rendimenti dei Bot. Il risultato è che nei primi tre mesi dell’anno il nostro prestito sociale è tornato ai massimi livelli (704 milioni, più alto dal 2009)”. L’analisi attenta di Bertona inizia a diventar generica quando c’è da raccontare dove e perché la cooperativa investe le proprie risorse, impiegando eventualmente i risparmi dei soci: “Dovendo garantire la restituzione immediata ai soci, il nostro portafoglio è molto liquido ed è costituito da titoli di Stato, titolo del mercato obbligazionario e qualcosina di azionario”. Ad esempio? “Quello che c’è nel listino italiano, istituti bancari, industrie e imprese attive nel comparto energetico”. Più preciso è Dall’Ara di Coop Adriatica, seconda tra le nove per entità del prestito sociale al 2011 (1,9 miliardi di euro), oltre 1 milione e 100mila soci e un fatturato annuo pari a 2,1 miliardi di euro. “Il prestito 2012 ha chiuso in calo del 4,2%, viste le difficoltà delle famiglie di medio livello presenti nei territorio cui ci rivolgiamo: Marche, Veneto, Emilia-Romagna, ma nel 2013 la raccolta ha ricominciato a salire”. Le attività d’investimento della cooperativa -pari a 2,2 miliardi di euro- vedono il 55% di liquidità, il 43% nel mercato obbligazionario ed il restante in azioni. “Rispetto alla seconda categoria, per metà sono titoli governativi, il resto se lo dividono banche -JP Morgan, Goldman Sachs, Intesa Sanpaolo-, assicurazioni -Axa, Alliance, Unipol-, o grandi imprese -Eni o Enel”. —

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