Esteri / Approfondimento
Il dato utile: ecco perché l’indagine statistica fa bene alle democrazie
Offrire a istituzioni, cittadini e media la possibilità di accedere facilmente e gratuitamente alle elaborazioni dagli istituti di statistica è una delle sfide più importanti per il futuro. Le esperienze di Palestina, Tanzania e Myanmar
In Palestina nemmeno la raccolta dei dati sul campo, primo passo per compilare le statistiche ufficiali del Palestinian central bureau of statistics (PCBS), è una cosa facile: il territorio è diviso in due aree separate tra loro (la Cisgiordania e la Striscia di Gaza) e c’è un’occupazione militare che rende molto più complesso per gli operatori muoversi tra una località all’altra. “A volte i soldati israeliani li fermano, o impediscono loro di accedere alle località dove sono diretti”, spiega ad Altreconomia Ola Awad, presidente del Palestinian central bureau of statistics e dell’International association of official statistics tra il 2015 e il 2017.
Superare questi -e molti altri ostacoli- per collezionare ed elaborare dati sulla popolazione, l’andamento dei prezzi o il tasso di occupazione non è però un mero esercizio astratto, che si conclude con la compilazione di tabelle e di grafici. Al contrario, può produrre risultati concreti per la vita di migliaia di persone. “Le nostre statistiche hanno messo in luce un divario tra le esigenze del mercato del lavoro e l’offerta dei titoli di studio in possesso dei nostri laureati -spiega Ola Awad-. Così abbiamo iniziato a diffondere comunicati stampa ad hoc a ridosso della pubblicazione dei risultati delle scuole superiori, per mostrare agli studenti e alle famiglie quelli che sono i bisogni del mercato del lavoro”. I dati statistici, diventano così un utile fattore di orientamento che permettono ai più giovani di scegliere con maggiore consapevolezza il proprio percorso di studi.
L’analisi dei numeri può anche cambiare il destino di una vita come spiega Albina Chuwa, direttore generale dell’Ufficio di statistica nazionale della Tanzania: “Quando abbiamo effettuato la raccolta di dati demografici nel 1996 e abbiamo analizzato il tasso di mortalità materna abbiamo scoperto che, nel periodo compreso tra il 1987 e il 1996, era estremamente elevato: 529 decessi ogni 100.000 nati vivi. Sulla base di quei dati, il governo ha deciso di indagarne le cause e di intervenire. Con una successiva rilevazione, nel 2008, abbiamo potuto accertare che il tasso di mortalità materna è sceso a 454 ogni 100.000 nati vivi”.
“La raccolta e l’analisi dei dati ha permesso di modificare positivamente le politiche del mio Paese”, aggiunge Wah Wah Maung, direttore generale del Central Statistical Organization del Myanmar. “L’analisi dei dati relativi alla registrazione delle nascite e dei decessi, ha permesso di individuare le principali cause di mortalità e, sulla base delle informazioni ottenute, è stato possibile orientare le politiche e la spesa sanitaria. Allo stesso modo, avere informazioni corrette può migliorare i modelli di coltivazione, aumentando la produttività”.
L’analisi, la gestione dei dati, il problema del finanziamento degli istituti nazionali di statistica sono stati alcuni dei temi al centro del World Data Forum che si è svolto a Dubai, nell’ottobre 2018. Inoltre, l’entrata in vigore dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e la definizione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) ha posto “enormi sfide per il sistema statistico e dei dati globali”, ha sottolineato Liu Zhenmin, sottosegretario generale per gli affari economici e sociali dell’Onu, durante il discorso di apertura. Solo se si hanno a disposizione dati precisi che misurano i diversi indicatori (oltre 240) stabiliti dalle Nazioni Unite per monitorare il raggiungimento degli SDGs, sarà possibile verificare il raggiungimento dei traguardi fissati nell’Agenda 2030. “Gli SDGs sono molto ambiziosi per i Paesi in via di sviluppo -puntualizza Wah Wah Maung-. Gli indicatori degli Obiettivi di sviluppo sostenibile si concentrano anche su molte aree trasversali. Abbiamo quindi bisogno di dati per settori specifici, come ad esempio le statistiche di genere, le disabilità, le catastrofi, le statistiche ambientali non solo a livello nazionale ma anche a livello locale e disaggregato”.
Una sfida impegnativa per tutti i Paesi, ma particolarmente gravosa per quelli più poveri, che spesso devono fare i conti con la mancanza risorse economiche, tecnologiche e di personale qualificato. Il report “Counting on Statistics” presentato dall’istituto di ricerca statunitense AidData (aiddata.org) evidenzia come la crescente domanda di statistiche ufficiali “non è stata soddisfatta con un corrispondente aumento della capacità dei Paesi di fornire tali dati. Inoltre, si stima che tra il 2016 e il 2030 vi sia un deficit di finanziamento per le statistiche pari a circa 200 milioni di dollari l’anno”.
Secondo il report “Counting on Statistics”, tra il 2016 e il 2030 vi sarà un deficit di finanziamento per le statistiche pari a circa 200 milioni di dollari l’anno
“Servono risorse per poter utilizzare nel modo migliore gli strumenti tecnologici oggi disponibili, penso ad esempio alla tecnologia mobile”, puntualizza Albina Chuwa, che racconta di come spesso i suoi operatori impiegati sul campo debbano ancora effettuare la raccolta di dati e informazioni su schede cartacee.
Per far fronte alla scarsità di risorse, Leesha Delatie-Budair, direttore generale aggiunto dell’Istituto di statistica della Giamaica, ha puntato sull’efficienza: “La nostra prima priorità”, ha spiegato intervenendo al World Data Forum di Dubai. Con l’adozione dell’Agenda 2030, ha spiegato, le richieste agli uffici di statistica sono aumentati esponenzialmente: “Per questo motivo stiamo cercando di essere il più efficienti possibile per fare fronte alla scarsità di risorse. Perché sebbene i dati siano importanti non otterremo mai tutti i fondi di cui avremmo bisogno. Ed è necessario che tutti i finanziamenti che riceviamo, dal governo o da altri partner, sia utilizzato nel modo migliore possibile”.
In molti di questi Paesi, alla carenza di risorse si sommano poi problemi apparentemente banali come la scarsa accessibilità dei territori su cui condurre le indagini (mancanza di strade e infrastrutture), la presenza di gruppi paramilitari che impediscono l’accesso ad alcune aree del Paese, conflitti o una generale condizione di insicurezza. Per superare alcuni degli ostacoli causati dall’occupazione militare israeliana, l’istituto di statistica palestinese ha iniziato ad avvalersi della raccolta elettronica dei dati già nel 2009, come spiega con orgoglio Ola Awad: “Abbiamo iniziato con le regular surveys che vengono svolte con base mensile per i prezzi dei prodotti al consumo. Questo ci ha permesso di raggiungere un’altissima qualità e di raccogliere i dati in tempi molto più rapidi”. Il grande salto è arrivato nel 2017, quando il PCBS ha deciso di utilizzare la raccolta elettronica dei dati anche per il terzo censimento generale della popolazione. Avvalendosi inoltre delle più moderne tecniche di geolocalizzazione che permettono di pubblicare mappe dettagliate, popolate da diversi indicatori statistici. “Abbiamo completato la raccolta dei dati nel dicembre 2017 -spiega Ola Awad- tre mesi dopo abbiamo potuto presentare i primi dati preliminari. Il nostro modo di lavorare è stato riconosciuto come buona prassi e inserito nelle linee guida delle Nazioni Unite”. Il ricorso alla tecnologia e l’ottima formazione dei giovani impegnati nella raccolta dati sul campo ha permesso al PCBS di mettere a punto anche soluzioni innovative per risolvere una serie di problemi specifici. Legati ad esempio all’utilizzo del GPS per localizzare con la massima precisione le unità statistiche anche in contesti molto affollati, come i campi profughi.
Per superare alcuni degli ostacoli causati dall’occupazione israeliana, l’istituto di statistica palestinese ha iniziato ad avvalersi della raccolta elettronica dei dati già nel 2009
Per dare ai dati la possibilità di esprimere al meglio la loro forza occorre poi che questi siano il più possibile accessibili. Non solo ai decisori politici, ma anche alla popolazione e ai media “Le informazioni statistiche riguardano la trasparenza: quando conosci la reale situazione del tuo Paese puoi chiederne conto al governo. I dati sono padre e madre per la democrazia”, puntualizza Albina Chuwa. Offrire a quanti più soggetti possibile -governi, istituzioni, cittadini, media- la possibilità di accedere facilmente e gratuitamente ai dati elaborati dagli istituti di statistica è una delle sfide più importanti per il prossimo futuro. I primi passi in questa direzione non mancano. Grazie alla collaborazione avviata con l’istituto di statistica canadese, ad esempio, nel corso del 2018 l’istituto di statistica della Giamaica ha iniziato a pubblicare anche infografiche, per veicolare i propri contenuti in maniera più rapida e immediata. “Nella comunicazione è essenziale anche il modo in cui riusciamo a comunicare l’importanza dei dati ai decisori politici -ha puntualizzato Leesha Delatie-Budair nel suo intervento-. Inoltre vogliamo che anche i cittadini possano capire i nostri contenuti. Dico spesso ai miei colleghi che non dobbiamo scrivere per noi stessi, ma per le persone comuni. Per questo motivo abbiamo istituto un comitato di revisione editoriale, che al suo interno non ha nessun esperto di statistica”.
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