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Aree Expo: tutte le incognite della “Città del futuro”
A oltre due anni dalla fine dell’Esposizione Universale, presentato il piano di “rigenerazione” del milione di metri quadrati tra Rho e Milano. Nonostante gli annunci, però, ci sono ancora dubbi sul loro destino, a partire dalla presenza dell’Università Statale. In ogni caso, il “Parco scientifico” pubblico previsto è solo una parte minoritaria dell’intero progetto. Che è perlopiù immobiliare
A pochi passi dai cancelli dell’Expo c’è un trenino turistico con il motore acceso. È martedì 28 novembre e la navetta è lì per raccogliere i passeggeri appena usciti dalla stazione “Rho-Fiera” della metropolitana di Milano e portarli all’auditorium della Cascina Triulza. Nel sito dell’Esposizione Universale del 2015, infatti, sta per essere presentato il nuovo “masterplan” della “città del futuro”. O, per usare le parole di Carlo Ratti, architetto e fondatore dell’omonimo studio associato (CRA), la “Milano di domani”.
Il concorso internazionale è stato lanciato all’inizio del 2017 dalla società proprietaria dei terreni -1 milione di metri quadrati-, Arexpo Spa, a prevalente capitale pubblico e con il ministero dell’Economia come principale azionista. Scopo del bando era la trasformazione dell’ex area Expo, come prescritto dalle “Linee guida” redatte da Arexpo nel settembre 2016 in collaborazione con la società di consulenza PricewaterhouseCooper (PWC, 140mila euro di incarico). Ad aggiudicarsi la gara a novembre, dopo tre proroghe e il cambio in corsa di alcune condizioni, è stato un consorzio d’imprese guidato dal colosso australiano del realestate “Lendlease” (attivo peraltro nel progetto Tor di Valle dello stadio della Roma). Il piano finanziario del masterplan che avrebbe convinto Arexpo è però stato stilato per “Lendlease” proprio da PricewaterhouseCooper, che così ha giocato un doppio ruolo: prima estensore delle regole e poi concorrente.
Sul maxischermo di Cascina Triulza scorrono i render del progetto di città immaginato da “Lendlease”. Cardo e Decumano trasformati in “parco tematico”, auto senza conducente, “piazza del benessere” e “piazza del mercato contadino”, palloncini che volano sulle facciate dei grattacieli e corsi d’acqua navigabili in canoa. Bucolico, ma c’è un equivoco. Tutti gli interventi dei relatori (progettisti, sviluppatori, amministratori, Arexpo) ruotano intorno al “Parco scientifico e tecnologico” rappresentato dal centro di ricerca Human Technopole, dal campus dell’Università Statale di Milano e dall’ospedale Galeazzi del Gruppo San Donato. Come se tutto l’intervento di “rigenerazione” del post-Expo lì si esaurisse. In realtà, Human Technopole, Statale e Galeazzi occuperanno, ottimisticamente, 240-250mila metri quadrati. Tutto il resto conoscerà un destino diverso.
Rispetto alla parte “pubblica”, il consorzio guidato da “Lendlease” affiancherà Arexpo nell’attività di “advisory tecnica, economica e finanziaria”. La base d’asta al ribasso era di 3 milioni di euro e l’affare si è concluso a un milione. Il ruolo del colosso finisce qui perché i terreni del “Parco” restano in pancia ad Arexpo. Con due certezze e una (grossa) incognita. Il centro di ricerca Human Technopole è una presenza assicurata. La Fondazione chiamata a realizzare e condurre il grande “laboratorio” non ha ancora uno statuto ma è già forte del (contestato) finanziamento decennale da 1,6 miliardi di euro garantito, senza alcun concorso di idee, dal Governo. L’Ospedale Galeazzi, all’inizio di agosto 2017, ha firmato l’accordo preliminare per l’acquisto delle aree di Arexpo. La presenza dell’Università Statale, invece, è una “ipotesi” solo “probabile”. Le parole sono del rettore Gianluca Vago, che abbiamo intervistato a margine della conferenza stampa (qui sotto il video). Eppure la Statale è l’attore principale della componente “pubblica” della rigenerazione. Dovrebbe infatti trasferire i dipartimenti scientifici dal quartiere di Città Studi di Milano (circa 20mila persone). Un’operazione che si aggira intorno ai 350-380 milioni di euro. Almeno 120 milioni sarebbero dovuti derivare dalla “valorizzazione” (ovvero la vendita) degli edifici storici di Città Studi. Ma c’è un problema: ad oggi l’Università non ha un piano economico e finanziario e non conosce ancora il “valore” di Città Studi.
Mentre il versante “pubblico” (e minoritario) dell’operazione immobiliare vacilla e il grande parco promesso alla città dopo l’Esposizione si è ristretto in una sommatoria di spazi “attrezzati” (un “parco tematico” secondo il progettista Andreas Kipar di Land Italia), il cuore del bando, cui non si è sostanzialmente accennato durante la conferenza stampa, è saldamente in mano a “Lendlease”. Ed è privato.
La “fase 2” del concorso prevede infatti la concessione di 480mila metri quadrati di superficie lorda di pavimento (SLP), a cui si aggiungono 30mila metri quadrati di housing sociale, per 99 anni in diritto di superficie. “Lendlease”, in cambio, dovrà versare un canone complessivo al proprietario, Arexpo, pari a 671 milioni di euro. Su quelle aree, poste a Sud del Decumano, un successivo “Piano integrato di intervento” dovrà regolare la nascita di insediamenti terziari, commerciali e residenziali. In testa finora ci sarebbero importanti multinazionali del farmaco, le cui manifestazioni di interesse, però, non erano vincolanti e ora andranno verificate dopo la sfumata ipotesi dell’Agenzia europea del farmaco a Milano.
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