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“In Yemen la malnutrizione è dilagante”. La denuncia di Medici senza frontiere

L'Al Salam Hospital ad Amran in Yemen a marzo 2025 © Msf

Ilaria Rasulo, capomissione di Msf per lo Yemen, descrive dal campo il collasso del Paese sconvolto da più di dieci anni di guerra. Si stima che 17 milioni di persone si trovino in uno stato di insicurezza alimentare e che i casi di morbillo siano quadruplicati tra il 2022 e il 2024. Su tutto ciò incombe l’interruzione del programma Usaid disposto dall’amministrazione Trump che ha tagliato 768 milioni di dollari, la metà di tutti gli aiuti ricevuti dalle organizzazioni umanitarie a San’a’

Il 19 marzo è uscito “Malnutrizione dilagante”, il rapporto di Medici senza frontiere (Msf) sulla situazione di grave insicurezza alimentare in Yemen. La ricerca si basa sui dati raccolti dalla stessa organizzazione, tra il 2022 e il 2024, negli ospedali e nelle cliniche in cui lavora nel Paese. Nei tre anni analizzati, il personale di Msf ha curato ben 35.442 bambini malnutriti sotto i cinque anni, ma non basta. Le richieste di assistenza sono in continuo aumento e l’anno scorso alcuni ospedali di Msf hanno registrato un tasso di occupazione dei letti del 200%, mettendo a dura prova il personale. Si tratta della richiesta più alta negli ultimi sei anni. Come si è arrivati a questo punto? Lo abbiamo chiesto a Ilaria Rasulo, dal 2022 capomissione di Medici senza frontiere in Yemen.

“La situazione di malnutrizione non è esplosa oggi, ma va avanti da parecchi anni. Il problema è che la gente non ha soldi. Lo Yemen non è un Paese in cui il cibo non si trova, ma i prezzi sono troppo elevati. A causa della guerra -spiega Rasulo- il sistema economico è completamente collassato e gli stessi costi di trasporto rappresentano un ostacolo per l’accesso alle cure, in un Paese in cui il 70% della popolazione vive in zone remote, lontano dalle strutture mediche di base. Questo porta le famiglie a posticipare la partenza verso i centri nutrizionali, arrivando quando la situazione è già gravissima. Le stesse mamme incinte spesso soffrono di malnutrizione. Di conseguenza, il bambino alla nascita è già sottopeso, la madre non ha sufficiente latte per nutrirlo e quello artificiale è troppo costoso. È un cane che si morde la coda”.

Al problema dell’insicurezza alimentare, che in Yemen riguarda 17 milioni di persone, si aggiunge quello del morbillo, malattia infettiva costante e crescente nel Paese. Nei centri di Msf nei governatorati di Amran e Saada, i casi di morbillo sono aumentati del 338,5% in tre anni, passando da 851 nel 2022 a 3.732 nel 2024. La bassa copertura vaccinale è un fattore chiave delle epidemie, ma un vincolo imposto dal governo impedisce di effettuare vaccinazioni a tappeto, casa per casa: possono essere somministrate invece solo in ospedale, riducendo così il numero di persone raggiungibili. In condizioni normali, il morbillo è guaribile in una decina di giorni, ma nei casi di malnutrizione infantile può portare a complicanze fatali.

A peggiorare ulteriormente la situazione, un’epidemia di colera e di diarrea acquosa acuta ha colpito lo Yemen tra il 2023 e il 2024, a causa della contaminazione di cibo e acqua. Due gravi inondazioni hanno inoltre danneggiato case, infrastrutture, centri sanitari e interrotto la produzione agricola. Tutto ciò ha aggravato lo stato di insicurezza alimentare nel Paese, in un circolo vizioso per cui i bambini malnutriti avevano più probabilità di ammalarsi e il colera e le diarree hanno peggiorato ulteriormente il loro stato di malnutrizione. Tra marzo e la fine del 2024, Msf ha curato 53mila casi di diarrea acuta e colera.

Ilaria Rasulo, capomissione di Msf per lo Yemen © Francesca Bellini

“L’anno scorso è stato molto pesante dal punto di vista climatico e sanitario. Abbiamo cercato di curare tutti quelli che potevamo, ma la nostra capacità è stata messa a dura prova. Nel 2022, nel governatorato di Hudaydah, abbiamo aperto un nuovo centro di alimentazione terapeutica e nel giro di due anni sono stati trattati più di 10mila bambini, un numero altissimo. Il 2024 è stato però anche l’anno in cui parecchi donatori di altre organizzazioni hanno iniziato ad applicare tagli di budget. Tagli che hanno un effetto boomerang anche sul nostro lavoro -commenta Rasulo-. E se il 2024 è stato difficile, con lo scenario che si prefigura, il 2025 rischia di esserlo ancora di più”.

All’inizio del 2025, infatti, il governo degli Stati Uniti ha deciso di sospendere i finanziamenti dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo sviluppo internazionale (Usaid), interrompendo per almeno 90 giorni gli aiuti umanitari e sanitari. Lo scorso anno questi fondi in Yemen ammontavano a 768 milioni di dollari, pari al 51% delle donazioni ricevute. In seguito a questo ordine, tantissime organizzazioni hanno dovuto bloccare le proprie attività e lasciare il Paese. Il ministro della Sanità stima che in Yemen 3,5 milioni di persone risentiranno di questi provvedimenti e che 167 strutture sanitarie non avranno più supporto, con il rischio di chiusura. Questo avviene in un Paese in cui il personale sanitario pubblico è carente perché non stipendiato, solo il 46% delle strutture sanitarie è funzionante e, di queste, soltanto il 20% ha uno staff qualificato per assistere mamme e bambini.

Essendo Medici senza frontiere un’organizzazione indipendente che si basa su donazioni private, non è direttamente toccata da questi tagli. Tuttavia, le persone che ricevevano supporto da altre organizzazioni, ora costrette ad andarsene, si riverseranno su Msf, aumentando ulteriormente l’alta richiesta di assistenza.

“Lavorare in Yemen non è per niente facile. Negli ultimi 18 mesi è stato ancora più difficile a causa dell’insicurezza. L’effetto domino della situazione a Gaza, con il fatto che gli Houthi abbiano preso le loro difese, ha avuto conseguenze sullo Yemen, dagli attacchi contro le navi commerciali nel Mar Rosso ai bombardamenti mirati nelle aree in cui lavoriamo. La protezione dei lavoratori umanitari è mancata e diventa difficile per le organizzazioni correre il rischio di operare in un posto dove non c’è sicurezza. A differenza dell’anno scorso, in cui gli attacchi di americani e britannici erano rivolti principalmente a strutture militari, ora colpiscono anche i civili. La sicurezza deve essere garantita e il rispetto del diritto internazionale umanitario non è negoziabile. Tuttavia, questo non è il momento di abbandonare lo Yemen -aggiunge la capomissione-. Il mio appello, dunque, a organizzazioni, donatori e a tutti quelli che hanno un’influenza, è di non lasciare questo Paese. Minore è la presenza umanitaria, la copertura e i dati disponibili, più invisibili diventano i bisogni, aumentando la probabilità che lo Yemen scivoli in una crisi dimenticata e silenziosa”.

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