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Crisi climatica / Attualità

Il teatro diffuso per vincere insieme la battaglia in difesa del Pianeta

Un momento della rappresentazione del Climate change theatre action (Ccta) presso le Dune degli Alberoni nel Sud della Laguna di Venezia © Luca Immesi

Ogni due anni il festival Climate change theatre action propone opere teatrali in diversi Paesi del mondo, in concomitanza con i lavori della Cop sul clima, per sensibilizzare la cittadinanza sul cambiamento climatico. E spingerla all’azione

Tratto da Altreconomia 267 — Febbraio 2024

Una coalizione di 50 drammaturghi provenienti da tutti i continenti e da culture indigene, impegnati a scrivere opere teatrali per sensibilizzare il pubblico sul cambiamento climatico e sulle azioni necessarie per combatterlo, mette i propri lavori gratuitamente a disposizione di potenziali organizzatori interessati a rappresentarli nel proprio Paese. È la realtà del Climate change theatre action (Ccta), un festival mondiale che dal 2015, attraverso la messa in scena di brevi opere teatrali, trasmette al pubblico la voce e le storia di chi si occupa di clima: dalle popolazioni indigene alla comunità scientifica.

Il Ccta è stato fondato nel 2015 da Elaine Ávila, Chantal Bilodeau, Roberta Levitow e Caridad Svichl, quattro drammaturghe e autrici canadesi e statunitensi, che hanno preso ispirazione dal NoPassport theatre alliance, un’iniziativa di teatro diffuso sul tema delle migrazioni nelle Americhe. Nel corso degli anni il Ccta si è consolidato in una collaborazione tra l’Arts and climate initiative e il Centre for sustainable practice in the arts, due centri culturali già attivi nel promuovere la sostenibilità ambientale e climatica nel mondo delle arti. Dalla sua fondazione a oggi si sono tenute quattro edizioni, a distanza di due anni l’una dall’altra, ognuna delle quali realizzata in concomitanza con la corrente Conferenza delle Nazioni Unite sul clima (Cop). L’ultimo festival, ad esempio, si è svolto durante i lavori della contestata Cop28 di Dubai, da settembre a dicembre 2023, in Canada, Stati Uniti, Italia, Austria, Germania, Inghilterra e India.

Durante i suoi otto anni di vita, il festival si è svolto in ben 28 Paesi in tutto il mondo. “Il Ccta vuole utilizzare la narrazione teatrale per rendere accessibili al pubblico le nozioni scientifiche sui cambiamenti climatici -spiega ad Altreconomia l’artista Giovanni Enrico Morassutti, referente italiano del movimento- suscitare una presa di coscienza sulla gravità della situazione e alimentare l’immaginazione per creare una visione di una società futura rigenerativa, equa e sostenibile. Inoltre permette a chi è generalmente marginalizzato, come i rappresentanti di comunità indigene o di Paesi del Sud globale, di far sentire la propria voce”. Secondo Morassutti queste persone non sono escluse solamente dal dibattito sul clima, ma anche dal circuito culturale del teatro. Non si tratta, quindi, solo di dare spazio a ciò che hanno da dire sull’ambiente ma anche di fornire loro un’opportunità per mostrare la propria arte. Così tra i 50 autori che hanno preso parte all’edizione 2023 troviamo Aleya Kassam, scrittrice e performer kenyota, Ethan King, drammaturgo delle Filippine e Lara Nasser, artista giordana.

Un altro scopo del Climate change theatre action è, proprio come dice il nome, quello di invitare all’azione, in qualunque forma. “Gli organizzatori sono chiamati a pensare a un’iniziativa educativa, sociale, politica o civica che possa essere incorporata nel loro evento -si legge sul sito-. Questa può coinvolgere la comunità scientifica, il mondo accademico ma anche organizzazioni ambientaliste locali”. Nelle precedenti edizioni del festival si è potuto assistere, infatti, a presentazioni da parte di scienziati, raccolte fondi per le vittime di eventi climatici estremi, dialoghi con e tra associazioni per la giustizia ambientale e sociale e la scrittura di lettere dirette a decisori politici.

“La catarsi del teatro, intesa come purificazione, può ispirarci anche nella battaglia più grande del nostro secolo: la difesa del Pianeta” – Giovanni Enrico Morassutti

Il Ccta è approdato due volte in Italia, grazie anche a Morassutti che vi ha partecipato nel 2021, come collaboratore e regista, mentre nell’ultima edizione del 2023 anche come referente e coordinatore del festival in Italia. Il primo evento si è svolto presso il comune di Morsano al Tagliamento (PN) lungo l’omonimo fiume friulano, uno dei pochi corsi d’acqua europei ancora incontaminati. La rappresentazione è stata finanziata tramite un progetto di crowdfunding sulla piattaforma Produzioni dal basso e sostenuta dalla sezione friulana di Legambiente e dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale del Friuli-Venezia Giulia (Arpa Fvg). Lungo le sponde del fiume si è potuto assistere alla messa in scena di una pièce teatrale della scrittrice canadese Wren Brian. “Per realizzare lo spettacolo ci siamo attenuti a rigidi standard di sostenibilità ambientale -continua Morassutti- tutti gli strumenti di scena sono stati alimentati con energia totalmente rinnovabile grazie a un generatore a pannelli solari messo a disposizione dall’azienda ‘La casa del sole’”.

Nell’edizione del 2023, l’evento si è tenuto il 24 settembre presso l’oasi Wwf delle Dune degli Alberoni, nella parte meridionale della laguna di Venezia. “La messa in scena di ‘Mirror Mirror’ scritta da Camila Le-Bert è stata realizzata anche grazie alla collaborazione, nel ruolo di corifei, dei volontari del Wwf e degli attivisti italiani di Extinction rebellion, nello specifico il gruppo performativo ‘Brigata red rebel’ che ho invitato a fungere da testimoni e giudici sul tema della giustizia climatica. Durante la preparazione sono emerse delle differenze tra le due associazioni e le abbiamo integrate all’interno dello spettacolo in modo da creare un dialogo tra due differenti voci del panorama ambientalista italiano”.

Giovanni Enrico Morassutti, attore, regista e imprenditore culturale, è il referente italiano per il Ccta. Nel 2021 ha portato l’evento in Italia per la prima volta allestendo la rappresentazione a Morsano al Tagliamento, lungo le sponde dell’omonimo fiume, uno dei pochi corsi d’acqua europei ancora incontaminati © Luca Immesi

La performance ha visto la partecipazione della ricercatrice peruviana Lianet Camara in rappresentanza dei popoli indigeni del Sud America: gli attori hanno messo in scena anche il “rito del ghiaccio” ispirato al tradizionale pellegrinaggio dei popoli andini al santuario di Taytacha Quyllurit’i in Perù, considerato patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco e minacciato dai cambiamenti climatici.

Come nella rappresentazione del 2021, anche in questa occasione si è cercato di prestare la massima attenzione a ridurre l’impatto ambientale grazie all’utilizzo, tra le altre cose, di imbarcazioni elettriche. Morassutti ha illustrato le linee guida di Climate change theatre action 2023 e l’evento realizzato presso l’oasi del Wwf, anche all’interno dell’undicesima edizione del concorso Climate ChanCe che si è svolto i primi di dicembre presso l’Ateneo Veneto e che ha visto la presenza, in qualità di relatore, anche del climatologo Luca Mercalli. È possibile guardare un breve documentario su quest’evento sul canale YouTube del Ccta.

“In entrambi gli eventi italiani del festival ho scelto una località di particolare rilevanza dal punto di vista ambientale e climatico -continua Morassutti, che è anche scrittore e imprenditore culturale-. Il Tagliamento è uno dei pochi fiumi montani incontaminati in Europa: volevo raccontare l’importanza di mantenere questa autenticità e di non modificarne la morfologia”. Le Dune degli Alberoni, invece, oltre a essere minacciate dal cambiamento climatico e dall’innalzamento del livello del mare (come tutta la laguna veneta e la città di Venezia), ospitano un’elevata varietà di biodiversità e di specie di grande interesse come i nidi di tartaruga marina e del fratino, uccello che abita spiagge e ambienti costieri. “Nonostante tutte e due le sedi non fossero teatri convenzionali, e questo ha limitato la possibilità di attirare pubblico, ho riscontrato un grande interesse da parte delle persone che sono venute ad assistere. L’importante, e penso che ci siamo riusciti, è trasmettere, attraverso quella vibrazione umana caratteristica del teatro che ha il potere di scuotere l’animo di ciascuno e che possiede l’essenza stessa della vita, il messaggio che nonostante il futuro ci venga spesso descritto come una distopia è possibile trovare un ‘domani’ migliore rispetto alla catastrofe climatica. La catarsi del teatro, intesa come purificazione, può ispirarci anche nella battaglia più grande del secolo in cui viviamo: la difesa del nostro Pianeta, il bene più prezioso che abbiamo”.

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