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Il salotto buono

Un intreccio di partecipazioni azionarie lascia l’economia italiana nelle mani di un’élite, al vertice della quale c’è Mediobanca. E il suo presidente

Tratto da Altreconomia 100 — Dicembre 2008

Cesare Geronzi lo ha affermato esplicitamente nel corso dell’ultima assemblea degli azionisti: “Mediobanca è il perno del sistema italiano”. Dai tempi di Enrico Cuccia, che la fondò nel 1946, la banca milanese viene considerata il vero e proprio epicentro della finanza italiana, una realtà da 2 miliardi di ricavi l’anno, metà dei quali diventano utili. Tradotto: la poltrona di presidente del consiglio di amministrazione, da ottobre occupata da Geronzi, permette di guardare dall’alto, se non di esercitare un vero e proprio controllo, sulle attività economiche e produttive del nostro Paese.
Tra le diverse collegate e controllate, Mediobanca è in particolare l’azionista di riferimento di due società: le Assicurazioni Generali  e Rcs Mediagroup.
Assicurazioni Generali è il più grande gruppo assicurativo italiano. Secondo l’annuale classifica redatta dalla rivista statunitense Fortune, questa impresa è la 34esima più grande del mondo e la seconda in Italia (alle spalle dell’Eni) con 66 miliardi di euro di premi, utili per quasi 3 miliardi e 67mila dipendenti. Tutte le compagnie di assicurazione, e quindi anche Generali, hanno una caratteristica peculiare rispetto alla maggioranza delle altre imprese industriali: hanno il ciclo economico invertito. In pratica, come può constatare chiunque abbia una polizza auto o di altro tipo, le assicurazioni prima incassano i premi, ed eventualmente in un secondo momento sono chiamate a pagare i rimborsi nel caso si verifichi l’evento per cui ci si era rivolti all’assicurazione.
Questo significa che tali imprese dispongono di un’enorme liquidità, che deve essere investita e fatta fruttare per potere fare fronte a eventuali futuri pagamenti. Una liquidità che assume un’importanza enorme nel panorama italiano, e soprattutto alla luce della crisi finanziaria che stiamo attraversando, caratterizzata da una fortissima stretta creditizia e dall’affannosa ricerca di capitali da parte di banche e imprese (vedi Ae 99).
Rcs Mediagroup è invece la compagnia editrice del Corriere della Sera, considerato il più importante quotidiano italiano, e da sempre al centro di battaglie azionarie e scalate, vere o presunte, per assumerne il controllo.
Mediobanca è l’azionista di maggioranza relativa di queste due imprese, ma è ben lontana dalla maggioranza assoluta, avendo una quota del 15,669% e del 14,209% rispettivamente in Assicurazioni Generali e Rcs Mediagroup. Nessuno però mette in dubbio il fatto che Mediobanca, con queste quote, controlli le Assicurazioni Generali e Rcs Mediagroup. Per capirne il motivo, basta guardare nel dettaglio gli assetti azionari dei diversi gruppi. Consultando il sito della Consob, la Commissione che vigila sulle società quotate in Borsa, si scopre che a metà novembre 2008, dopo Mediobanca, tra i maggiori azionisti di Assicurazioni Generali figurano la Banca d’Italia, Unicredit, Carlo Tassara Spa (la società guidata dal francese Romain Zaleski) e le stesse Assicurazioni Generali, che controllano il 2,011% del proprio capitale.
Per quanto riguarda Rcs Mediagroup, tra gli azionisti, dopo Mediobanca, troviamo nuovamente le Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo, e due holding di partecipazioni: la Efiparind BV (una holding olandese legata all’Italcementi e alla famiglia Pesenti) e la Premafin Finanziaria (legata alla famiglia del costruttore Salvatore Ligresti). È interessante guardare con maggiore dettaglio anche altre partecipazioni degli stessi gruppi. Scopriamo così che le due holding di partecipazioni Efiparind BV e Premafin Finanziaria sono tra i maggiori azionisti proprio di Mediobanca. Ricordiamo anche che Unicredit, che compare tra gli azionisti rilevanti delle Assicurazioni Generali, detiene anche la quota di maggioranza relativa nella stessa Mediobanca con l’8,688%. Altro azionista importante in Mediobanca è la Carlo Tassara Spa, che già compare tra gli azionisti delle Assicurazioni Generali e che figura anche tra gli azionisti rilevanti di Intesa Sanpaolo con una quota superiore al 5%. Sempre in Intesa Sanpaolo, anche le Assicurazioni Generali possiedono una quota superiore al 5%.
Una situazione che a uno sguardo esterno appare “bloccata” con una serie di partecipazioni incrociate piuttosto intricata. In questo quadro la novità più importante emersa dall’ultima assemblea è probabilmente l’ingresso nel consiglio di amministrazione di Mediobanca di Marina Berlusconi, forte della partecipazione del padre di poco superiore al 2% nella stessa Mediobanca e di quella del 3,383% di Mediolanum, la banca controllata dallo stesso Berlusconi con Ennio Doris, anch’esso nel cda di Mediobanca.
Con gli altri nomi che compongono la lista del nuovo consiglio di amministrazione di Mediobanca, si ricava la stessa impressione di trovarsi di fronte a un “club” molto esclusivo, e riservato a pochissime persone ben selezionate. Accanto al presidente Geronzi siedono tra gli altri il presidente di Unicredit Dieter Rampl, il presidente delle Assicurazioni Generali Antoine Bernheim, il presidente della Pirelli Tronchetti Provera, il presidente di Fondiaria Sai Ligresti, il Presidente di Aeroporti di Roma Fabrizio Palenzona, il presidente di Autogrill Benetton, Carlo Pesenti, consigliere delegato di Italcementi e membro dei cda di Unicredit e Rcs Mediagroup, Roberto Bertazzoni, anch’esso membro dei cda delle “solite” Unicredit e Rcs Mediagroup e nominato come indipendente nel consiglio di sorveglianza di Mediobanca, e così via. 
Pochi dati per provare a spiegare quello che viene considerato il “salotto buono” della finanza italiana. Un salotto che ha un’importanza fondamentale negli equilibri economici, e di potere, del nostro Paese, e che garantisce il controllo di fatto sulla più grande compagnia assicurativa e sul più importante quotidiano d’Italia, oltre a diverse altre partecipazioni. Una ristretta élite si trova a guidare questa struttura, che nell’attuale crisi potrebbe avere un’importanza ancora più fondamentale per il destino, non solo economico, del Paese. Una struttura societaria costituita da un impressionante intreccio di partecipazioni azionarie che appare come una “matassa” societaria. Uno dei capi visibili di questa matassa è tutt’oggi nelle mani di Cesare Geronzi, seduto saldamente sulla poltrona di presidente.

L’imperatore Cesare
A febbraio Cesare Geronzi compirà 74 anni. La sua vicenda inizia in Banca d’Italia; nel 1986 passa alla Cassa di risparmio di Roma (in seguito Capitalia), di cui ricopre la carica di presidente. Nel 2007 Capitalia si fonde con Unicredit, e Geronzi passa alla presidenza del Consiglio di sorveglianza di Mediobanca, di cui da ottobre è presidente del cda. Oggi Geronzi è indagato per usura aggravata e concorso in bancarotta fraudolenta nel processo Parmalat, e rinviato a giudizio per estorsione e bancarotta per il filone Eurolat. È anche indagato per frode nell’ambito del crack Cirio, ed è stato condannato in primo grado a un anno e 8 mesi (e a due anni di interdizione dagli uffici direttivi di qualunque società) per bancarotta nell’ambito del crack Italcase. (pr)

L’ultima idea, l’assalto ai privati
Il nuovo presidente di Mediobanca si è dimostrato attivo soprattutto attraverso la passione per l’attività verso i privati (retail), un settore che evidentemente Geronzi sente di conoscere bene e nel quale ha appena portato la nuovissima “Che Banca”, l’ultima nata sul mercato italiano. Formalmente posseduta da Compass, la più grande finanziaria italiana per il credito al consumo di totale proprietà di Mediobanca, “Che banca” ha solo pochi mesi, ma ha già fatto parlare molto di sé, probabilmente grazie alla campagna pubblicitaria martellante (5 milioni di euro solo per l’ondata con le musiche degli anni 60) e così poco vicina all’aplomb che distingueva Cuccia dai tanti suoi colleghi.
Assumendo l’ex amministratore delegato di Ing Direct Christian Miccoli, Geronzi non ha fatto altro che riprodurre nel sistema nazionale il modello che aveva già portato il conto con la zucca al milione di clienti e a depositi per 15,2 miliardi di euro: campagne promozionali sempre al limite tra realtà e finzione, una esasperata sottolineatura delle percentuali d’interesse (che in questo caso vengono addirittura versati all’apertura del conto) e nessun accenno alle responsabilità dell’istituto in nessuna materia che non abbia a che fare coi guadagni. Dietro questo “modello” c’è una banca low cost che offre servizi essenziali: un conto di deposito, una carte di credito e un mutuo. Niente servizi aggiuntivi, nessuna custodia titoli, nessun investimento di medio/lungo periodo, nessuno scoperto di conto, nessuna domiciliazione delle bollette. Geronzi di suo ha portato il felice rapporto coi sindacati, tanto efficace che sulla costituzione della rappresentanza interna la Uilca (unico sindacato presente in azienda) ha già promesso che darà battaglia in tribunale. Sostanzialmente l’azienda sembrerebbe suggerire ai propri dipendenti che iscriversi ai sindacati è certo legittimo, ma anche molto “antipatico” (mg).

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