Diritti / Attualità
Il ricordo delle vittime dell’immigrazione parte da Lampedusa e arriva a Trieste
Il 3 ottobre 2013 un barcone proveniente dalla Libia si ribaltava davanti alle coste di Lampedusa causando oltre 360 morti. In ricordo di quella strage si celebra (o dovrebbe celebrare) la Giornata in memoria delle vittime dell’immigrazione, istituita per legge. Quest’anno l’evento centrale si svolgerà a Trieste, non a caso
All’alba del 3 ottobre 2013 un barcone proveniente dalla Libia e con centinaia di migranti a bordo si ribalta davanti alle coste di Lampedusa. Pochi si salvano rispetto ai 366 morti, molti dei quali donne e bambini. Quel giorno il mondo s’indigna, l’Europa piange, l’Italia si sveglia dando vita all’operazione “Mare nostrum” interrotta un anno dopo per lasciare il campo ad altri programmi realizzati dagli Stati europei progressivamente sempre più deboli fino a sparire del tutto, trasformando il Mediterraneo in un cimitero e criminalizzando le organizzazioni non governative impegnate nel soccorso.
In ricordo di quella tragedia il 3 ottobre in Italia si celebra la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione, voluta dal Parlamento con un’apposita legge (la numero 45 del 21 marzo 2016) al fine “di conservare e di rinnovare la memoria di quanti hanno perso la vita nel tentativo di emigrare verso il nostro Paese per sfuggire alle guerre, alle persecuzioni e alla miseria”. Nonostante si tratti di una ricorrenza istituzionale, si sa poco o nulla dell’esistenza di questa giornata nazionale. E certo non sono “organizzati in tutto il territorio nazionale cerimonie, iniziative e incontri al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica alla solidarietà civile nei confronti dei migranti, al rispetto della dignità umana e del valore della vita di ciascun individuo, all’integrazione e all’accoglienza” come invece dispone, all’articolo 2, una norma di fatto rimossa dalla coscienza collettiva.
La situazione non è affatto migliorata rispetto al lontano 2013. Italia ed Europa continuano infatti a finanziare sia la cosiddetta guardia costiera libica affinché blocchi le persone in fuga e le riporti indietro, sia i centri di detenzione nel Paese Nordafricano. Luoghi, come ha evidenziato anche papa Francesco, “di confinamento e di tortura”. La situazione non è meno tragica (e si è notevolmente aggravata negli ultimi anni) lungo le vie di fuga terrestri, in particolare lungo la rotta balcanica. Teatro dalla Turchia fino a Trieste di indicibili sofferenze, violenze e respingimenti illegali nei confronti delle persone in fuga.
Molti fatti (dal muro che la Polonia sta costruendo lungo la frontiera con la Bielorussia, ai naufragi per mancanza di soccorsi nel Mediterraneo, dalle violenze della rotta balcanica ai tentativi di bloccare con ogni mezzo i rifugiati ai confini esterni dell’Unione) indicano come l’Europa stia smarrendo la propria identità e sia forse in gioco la sua stessa sopravvivenza come progetto politico di costruzione di uno spazio di libertà e giustizia. La scelta del Comitato nazionale per le celebrazioni del 3 ottobre (promosso da Pax Christi) di individuare nel Friuli-Venezia Giulia e nella città di Trieste il luogo dove organizzare (oltre a Lampedusa) l’evento centrale del 2022 assume pertanto un valore particolare, in quanto richiama l’attenzione su quelle rotte di terra di cui in Italia si parla poco, ma che rappresentano sul piano europeo una via d’ingresso non meno importante rispetto a quelle marittime.
Nei giorni del primo e del 2 ottobre in val Rosandra, nel Comune di San Dorligo della Valle (Dolina in sloveno), nel Sud-Est della provincia di Trieste, verranno organizzati alcuni eventi di grande significato simbolico. Il primo sarà la commemorazione in programma sabato primo ottobre presso il cimitero di sant’Antonio in Bosco, in ricordo della morte avvenuta nel lontano 1973 di quattro cittadini maliani morti di freddo e di stenti proprio nella Val Rosandra, alle porte di Trieste, al termine di quella rotta balcanica che già esisteva. A riprova di come quelli che (erroneamente) appaiono eventi recenti sono invece drammatiche realtà che coinvolgono il nostro Paese da mezzo secolo. Le celebrazioni continueranno, nella stessa serata con lo spettacolo “Lampedusa Beach” di e con l’attrice Sara Alzetta, presso il teatro France Prešeren di Bagnoli della Rosandra.
L’evento di più alto valore simbolico si terrà domenica 2 ottobre dalle ore 10.30: una breve marcia accessibile a persone di tutte le età che si svolgerà a ridosso del confine sloveno concludendosi poi di fronte al teatro Prešeren. Si tratta di uno dei tanti sentieri percorsi quotidianamente dai migranti che, stremati e feriti, giungono a Trieste nell’indifferenza generale dove trovano una città e un Paese ostili, che faticano ad accoglierli, come abbiamo raccontato in questo approfondimento.
Si tratta di sentieri che oggi sono relativamente “aperti” ma dove fino a gennaio 2021 venivano messi sistematicamente in atto quei respingimenti illegali dei richiedenti asilo (oltre mille fino a fine 2021, secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno) e di cui si è riusciti a parlare con grande fatica spezzando il muro del silenzio che avvolgeva quella torbida operazione che prese il via il 15 maggio 2020 sulla base di una direttiva mai resa nota, nonostante sia stata chiesta dal Parlamento in più occasioni. Una direttiva firmata dall’allora capo di Gabinetto del ministero dell’Interno, prefetto Matteo Piantedosi, il cui nome circola oggi tra i candidati al ministero dell’Interno del nuovo esecutivo. Una ferita alla legalità mai richiusa in quanto il governo italiano ha sospeso le riammissioni dopo il contenzioso giudiziario di fronte al Tribunale di Roma ma non ha mai ammesso pubblicamente l’illiceità della propria grave condotta.
Gianfranco Schiavone è studioso di migrazioni. Già componente del direttivo dell’Asgi, è presidente del Consorzio italiano di solidarietà-Ufficio rifugiati Onlus di Trieste
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