Ambiente / Opinioni
Il povero e meraviglioso paesaggio del Lago di Garda sta per essere deturpato: fermatevi
I promotori della ciclabile a sbalzo di tre-cinque metri di aggetto, ancorata alle falesie tra le più belle e uniche al mondo, non ci sentono: lo sfregio di cemento e travi iniziato nel tratto lombardo vuole continuare anche in Trentino. “Sarà un vero debito sulle spalle dei più giovani e ingrasserà un turismo già grasso”, denuncia Paolo Pileri
Sbagliare è umano, capita. Ci si scusa e si torna sui propri passi. Ma perseverare nello sbaglio è il sintomo di un apparato decisionale a pezzi che non riesce più a dare prove di umiltà e si rifugia nell’unico mondo che conosce, quello dell’ostinazione e dell’esercizio del potere che la propria posizione gli consente. Più per scommessa che per ragionevolezza, credo.
È il caso del povero paesaggio del Garda prossimo alla deturpazione, per sempre. E per farci che cosa? Una ciclabile a sbalzo di tre-cinque metri di aggetto, ancorata alle falesie tra le più belle e certamente uniche al mondo: cemento, gallerie, muri di sostegno, reti paramassi, pali, asfalto, travi in acciaio sfigureranno per sempre la scena nel tratto trentino, prossimo alla realizzazione.
Ho da subito espresso la mia contrarietà (3 febbraio 2022 su Altreconomia) portando le ragioni per le quali fermare lo scempio di quella passerella ciclabile e dando alcuni suggerimenti per alternative possibili e gradevoli (una navigazione dedicata ai cicloturisti, con tanto di ammirazione delle falesie gardesane). La buona politica è quella che sa fermarsi, non quella che misura il proprio valore sulla pervicacia e magari alza la voce per convincere.
Al mio articolo è seguito l’appello sul Giornale di Brescia dell’architetto Luca Rinaldi, Soprintendente per il paesaggio di Bergamo e Brescia, che implorava lo stop al turismo di sfruttamento che uccide e ucciderà il Lago di Garda. E poi altre numerose prese di posizioni di associazioni (Italia Nostra in testa), comitati, intellettuali, sindaci e imprenditori. Ma niente.
Il coltello a serramanico che ha iniziato a ferire a morte la falesia nel tratto lombardo anni fa deve continuare la sua corsa di sangue e annichilimento paesaggistico perché così qualcuno ha deciso: e non sia mai che ci ripensa.
Perderemo uno dei paesaggi simbolici d’Italia e del mondo. Stiamo sfregiando un patrimonio al pari di quei furori iconoclasti di guerra che abbattono i paesaggi culturali per far dimenticare ai popoli chi sono. Ho più volte detto che, pur amando la ciclabilità ed essendo ideatore della ciclovia VENTO, anche fare infrastrutture ciclabili può essere fortemente insostenibile e il caso del Garda ne è la prova.
Non basta dire “bici” per ottenere sostenibilità. Purtroppo la schizofrenia del turismo commerciale, l’ossessione per l’attrattività e il richiamo della speculazione (sempre a vantaggio di pochi ma con il contributo di tutti) non smettono di occupare la scena nel nostro Paese.
E come se non bastasse, la ciliegina sulla torta arriva dall’annuncio della spesa folle di tutta questa operazione distruttiva: 65 milioni di euro, pubblici, come riporta il comunicato di Italia Nostra del 6 giugno 2023, a cui si dovrà sommare un’imprecisata ma elevatissima spesa per le manutenzioni (somme che nessuno di coloro che stanno decidendo sulla pelle del futuro di tutti si prende la briga di dire).
L’ultima determina dirigenziale, a firma del commissario straordinario Francesco Misdaris, datata 28 luglio 2023, va ad approvare una spesa di 2,18 milioni di euro per il tratto Galleria delle Limniadi, un “percorso di lunghezza poco inferiore a 100 metri”, il che vuol dire che si realizzerà un’opera ciclabile dal costo di circa 90 volte quello di una ciclabile tradizionale, di quelle che vediamo in pianura.
Fate conto che la spesa per 100 metri di autostrada oscilla tra 1,9 e 3,5 milioni di euro, quindi si sta spendendo quanto un’autostrada per fare una ciclabile (non ho parole). E nella determina dirigenziale si afferma che “il progetto […] risponde ai principi di sobrietà”. Non so che idea abbiano in Trentino della sobrietà ma non mi pare questo né il caso né l’occasione per inquinare una parola sacrosanta che dovrebbe illuminare le scelte politiche e tecniche nel nostro Paese.
Quella ciclabile è e sarà un vero debito sulle spalle dei più giovani. E per giunta per ingrassare un turismo già grasso, di massa e distruttivo che certo non echeggia nel Paese come esempio di virtù per l’equità sociale, per lo stop al consumo di suolo, per il giusto salario agli stagionali, per essere un’oasi dove il “nero” non esiste.
Alla fine che cosa si sta facendo? Un’opera che decongestionerà il traffico? No. Un’opera che ridurrà il turismo dissipativo per sostituirlo con uno sostenibile? No. Si sta semplicemente facendo l’ennesimo santuario venale per far fare incassi a una manciata di privati e spendendo un mare di soldi di tutti: la formula perfetta dell’indebitamento pubblico che ha fustigato l’Italia per decenni e decenni e che ora viene riproposta in formato green, senza che la solfa cambi. Fermate quella ciclovia, date un buon esempio al Paese.
Paolo Pileri è ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano. Il suo ultimo libro è “L’intelligenza del suolo” (Altreconomia, 2022)
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