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Il Paese dei borghi
Ospitalità, cura del paesaggio e promozione culturale. Le “comunità del cambiamento” dell’associazione Borghi Autentici d’Italia, destinazione turistica, culturale, ambientale e produttiva di qualità, aperta a visitatori che desiderano realizzare un’esperienza originale. Dal 25 al 28 giugno è in programma la festa nazionale a Saluzzo (CN). E domenica, dalle 16, è in programma la presentazione del libro "I racconti della Comunità Ospitali" (Altreconomia edizioni)
Il primo Comune italiano è Montesegale. Da aprile 2015 questa piccola realtà dell’Oltrepò pavese, un castello del dodicesimo secolo e ventuno frazioni sparse su un territorio di quasi 1.500 ettari, può fregiarsi -ed è la prima in Italia- del riconoscimento di Borgo Autentico Certificato, un’iniziativa dell’associazione Borghi Autentici d’Italia (BAI, borghiautenticiditalia.it) che vuole accompagnare l’impegno verso la sostenibilità degli enti soci. Per Montesegale, che ha meno di 500 abitanti, ed è uno dei 15 Comuni al cui interno è possibile produrre il salame D.O.P. di Varzi, la “certificazione” è parte di un percorso di miglioramento della qualità della vità all’interno della comunità, che dura 5 anni. Il sindaco, Carlo Ferrari, lo chiama semplicemente “sviluppo”, nel descrivere gli interventi raccolti in un documento definito “Piano di miglioramento”, una vera strategia di sviluppo locale integrato redatta con il supporto di BAI.
L’associazione è nata nel 2002, e si occupa di progetti strategici per quello che definisce -appunto- “sviluppo durevole” delle comunità, associando ad oggi 230 soggetti (tra Comuni e Unioni di Comuni), la maggior parte dei quali al di sotto dei 5mila abitanti. “Il processo di certificazione coinvolge, ad oggi, 9 Comuni aderenti a BAI, di cui Montesegale è il primo ad aver concluso la fase iniziale del percorso” spiega ad Ae Anastasia Fontanesi, che coordina il progetto per Borghi Autentici d’Italia, che si avvale della collaborazione di un ente certificatore esterno, DEKRA (dekra.it), incaricato degli audit nei Comuni e del rilascio del certificato finale.
“L’elaborazione del ‘Piano di miglioramento’ -racconta Ferrari-, è avvenuta coinvolgendo i cittadini, e questo per una piccola comunità come la nostra, con meno di 500 abitanti, è fondamentale: tutti insieme saremo chiamati a realizzare gli interventi. A mio avviso -aggiunge- partiamo avvantaggiati: a Montesegale non c’è stata nessuna colata di cemento, e conserviamo un paesaggio di qualità. Il nostro Piano di governo del territorio non prevede nuove aree edificabili, e dà premialità -sconto sugli oneri d’urbanizzazione e sulla tassa sui rifiuti- per chi recupera il patrimonio edilizio mantenendo le caratteristiche delle strutture esistenti”. Ecco un esempio concreto dei princìpi cui ogni comunità che desidera la certificazione deve adeguarsi. In tutto sono sei, “tre obbligatori, e tre volontari -elenca Fontanesi-: tra i primi c’è l’approccio ‘Smart Small Community’, che interessa la macroarea della sostenibilità energetica e ambientale, la diffusione e promozione della qualità urbana, per un’immagine più ordinata e coerente del borgo, e la promozione di una comunità coesa e solidale, con servizi di supporto mirati per le fasce sociali più deboli”.
Gli elementi facoltativi che possono entrare a far parte del “Piano di miglioramento”, che non è un documento d’intenti, ma un atto amministrativo approvato prima dalla giunta e poi dal consiglio comunale, riguardano la tutela e valorizzazione del paesaggio e della biodiversità, per salvaguardare le produzioni tipiche locali e l’ambiente naturale, la valorizzazione del patrimonio culturale e della sua fruizione e -infine- l’adesione al progetto di Comunità Ospitale, per trasformare il Comune in una destinazione turistica, culturale, ambientale e produttiva di qualità aperta a visitatori che desiderano realizzare un’esperienza originale.
Ciò significa, spiega Maurizio Capelli, segretario generale di Borghi Autentici d’Italia, “far diventare il borgo, ma soprattuto la comunità, una ‘destinazione’, non solo dal punto di vista turistico, legato a una visita, o di svago, ma anche un luogo da scegliere per risiedere in modo definitivo o temporaneo”. Perché questo sia possibile, aggiunge Capelli, “le persone devono poter apprezzare lo stile di vita incontrato, le emozioni, le attività dedicate allo svago e al tempo libero, dallo sport alle escursioni. Ma non solo: questa destinazione dev’essere percepita come un luogo dove il visitatore può condividere, ed apprezzare, il clima sociale, identitario, emozionale”. Borghi Autentici d’Italia cerca di interpretare il “concetto greco della ospitalità, dov’è ospite tanto colui che viene ospitato quanto colui che ospita. Declinare questo paradigma significa -spiega Capelli- “dover fare un sacco di cose: chiama in causa la voglia di ospitare, e coloro che direttamente o indirettamente svolgono una funzione pubblica o privata che può migliorare il meccanismo dell’accoglienza devono accettarne la filosofia, e coalizzarsi, far rete, per creare valori aggiunti altrimenti impossibili”. La filosofia dell’associazione nelle comunità che scelgono di diventare “ospitali”, che in tutta Italia sono 37, è rappresentata da una figura “per noi è cruciale, quella del ‘tutor dell’ospite’, solitamente un anziano in pensione -un ex insegnante o maestro elementare locale- o un giovane appassionato che deve accogliere il turista, e prenderlo in carico con discrezione e delicatezza -racconta Capelli-. Chi arriva deve percepire che ha un ‘amico sul posto’, una persona che è sempre con lui quando vuole scoprire il borgo e il suo territorio, ma non farà percepire la sua presenza come farebbe una guida o accompagnatore turistico”.
Il progetto strategico della Comunità Ospitali è in fase di sviluppo da diversi anni, e oggi rappresenta -da Aggius, in provincia di Olbia-Tempio, a Sutrio, in Friuli, una delle azioni di promozione del territorio più efficaci ed importanti per Borghi Autentici d’Italia. “Questa visione partecipativa di turismo esperienziale di comunità si realizza attraverso diverse fasi, che vedono gli esperti BAI come trait d’union tra gli operatori locali, l’amministrazione, i cittadini e i turisti. Un progetto integrato che punta a unire la complessità delle risorse locali, materiali e immateriali, come un unico percorso nella ‘esperienza’ del viaggio. Esperienza e non prodotto, perché quello che gli ospiti si portano a casa è il ricordo di un’esperienza umana alla riscoperta dei valori dei nostri borghi, insieme al patrimonio culturale, le tradizioni artigianali, i prodotti agroalimentari, il paesaggio e la biodiversità, un unico sistema complesso che si presenta agli occhi del turista come ‘un nuovo mondo da riscoprire’ -scrive Ivan Stomeo, sindaco di Melpignano, in provincia di Lecce e presidente dell’associazione nell’introduzione al libro “I racconti delle comunità ospitali”, vedi box-. Una Comunità Ospitale si visita perché si è in cerca di quel valore aggiunto che altrove non si può trovare: la riscoperta dell’autenticità, le relazioni umane, i momenti di socialità, le feste, le celebrazioni religiose, i rituali del passato, strumenti importanti attraverso i quali il viaggiatore potrà davvero diventare parte della comunità locale, anche se per pochi giorni”. Un esempio: Aliano, in provincia di Matera, il borgo descritto da Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato ad Eboli. Qui, dove lo scrittore fu mandato al confino dal regime fascista, oggi è di casa della Comunità che ospita il festival “La luna e i calanchi”, ideato dal paesologo Franco Arminio (l’edizione 2015 è in programma dal 27 al 30 agosto, lalunaeicalanchi.it). Un altro: Berceto, in provincia di Parma, che non è solo un casello autostradale lungo l’A15 ma -a poco distanza- un borgo quasi montano (è a 820 metri sul livello del mare) e un importante centro storico sorto lungo la via Francigena, che è stata la principale via di comunicazione -a piedi- tra il centro dell’Europa e il Sud Italia. L’ultimo: Scurcola Marsicana, in provincia dell’Aquila. Un borgo a 700 metri sul livello del mare, all’interno del Parco naturale regionale del Sirente Velino (parcosirentevelino.it). È quassù, e non a Roma, o a Milano, che ha sede legale l’associazione Borghi Autentici d’Italia, quasi a voler rimarcare che tra “osso” (aree interne) e “polpa” (pianure), per usare le categorie dell’economista Manlio Rossi-Doria, ha scelte le prime.
Anche Montesegale è una Comunità Ospitale, aperta: “Oggi la legge c’impone di unificare la gestione di molti servizi con gli altri enti della Comunità montana, che su una superficie di 500 chilometri quadrati ospita appena 17mila persone -spiega il sindaco del borgo nell’Oltrepò pavese, Ferrari-. Ritengo così che le nostrebuone pratiche amministrative, ‘ratificate’ all’unanimità in consiglio comunale votando il ‘Piano di miglioramento’, possano essere amplificate, rappresentando un investimento per la nostra comunità”. La certificazione, del resto, è una sintesi della progettazione strategica di Borghi Autentici d’Italia, “perché -conferma Anastasia Fontanesi- nei 6 princìpi sintetizziamo tutte le strategie e i valori che formano il Manifesto dei Borghi Autentici, cioè la carta fondamentale dell’Associazione”. Al Comune associato BAI non chiede di realizzare una singola azione, come il turismo, ma di indirizzare e uniformare la propria prassi amministrativa sui grandi temi dello sviluppo sostenibile e della qualità. Tra i progetti pilota, ad esempio, c’è anche Uranos, che riguarda la tutela e la valorizzazione del paesaggio, ma anche l’adattamento ai cambiamenti climatici e la resilienza, nonché il miglioramento del verde urbano del borgo.
L’ente che aderisce a Borghi Autentici d’Italia -pagando una quota annuale, che garantisce la continuità dell’associazione- lo fa perché accetta una sfida, quella descritta appunto nel lungo e ricco “manifesto”, che in una cinquantina di pagine definisce la visione strategica comune. Sono, queste, “comunità del cambiamento”, dov’è maturato un nuovo approccio alla dinamiche di governance locale, essenziale per la sopravvivenza di piccoli e medi Comuni: per farlo è essenziale (anche) apprendere come “far leva sui patrimoni materiali e immateriali delle comunità” conclude Capelli, segretario generale di BAI, per poi condividerli.
La rete lo farà dal 25 al 28 giugno a Saluzzo (18mila abitanti in provincia di Cuneo, Comunità Ospitale), dove è in programma la Festa nazionale dei Borghi Autentici d’Italia. Un incontro aperto a tutti, che presenterà anche le esperienze di “turismo emozionale” (ed enogastronomico, vedi box) di BAI, guardando -e qui riprendiamo l’introduzione di Stomeo al libro “I racconti delle comunità ospitali”- “al benessere di una collettività, che non sia basato esclusivamente sulla crescita economica ma riscopra ciò che rende una comunità felice”.
Buon gusto di comunità
“Il gusto delle Comunità Ospitali” è il catalogo che raccoglie 31 proposte per un fine settimana all’insegna dell’enogastronomia in uno dei borghi aderenti alla “rete dell’ospitalità” di Borghi Autentici d’Italia. L’associazione è -a sua volta- socia di AITR, l’Associazione italiana per il turismo responsabile (aitr.org), e ciò garantisce che tutte le proposte del catalogo guardino a un turismo attento alle comunità locali: l’idea di prodotto tipico non ha niente a che fare con quella che propongono gli autogrill: dietro ogni piatto c’è una storia di “filiera corta”. A Fossato di Vico (Perugia), il fine settimana inizia con una passeggiata a Monte Cucco, alla scoperta degli ingredienti naturali (funghi, erbe spontanee, selvaggina e animali da pascolo) impiegati nella cucina tradizionale medioevale. Tre piccoli Comuni della provincia di Lecce, Alessano, Morciano di Leuca e Patù, promuovono la scoperta del “Salento autentico” nella penisola di Leuca, tra latticini, olio, vino e mare. La particolarità di ogni “viaggio” è che l’ospite può scegliere dove soggiornare e dove mangiare tra le strutture del borgo, che sono in rete: la promozione turistica riguarda il territorio, e punta a rafforzarlo nel suo insieme.
I racconti delle Comunità Ospitali
Una comunità e un luogo si possono raccontare in mille modi. In questo libro troverete numerosi registri narrativi: ci sono i suoni, il tono delle voci, l’accento, i ritornelli delle canzoni, il rumore delle battaglie; ci sono i colori, le sfumature di colore dei boschi, delle pietre e del mare; ci sono le parole, la Storia e le storie, la letteratura, le leggende e la tradizione orale; c’è la geografia, le mappe, le strade e le autostrade, i sentieri poco battuti; ci sono aromi e sapori, il fumo delle griglie, il fresco delle cantine e le piante aromatiche; ci sono soprattutto le persone, un’antropologia amicale, un elogio del saluto e del sentimento dell’ospitalità, che sia cortese o collettiva, a volte perfino ruvida, ma sempre sincera. 36 (e più) storytellers che -anche se non con la stessa grana di una guida turistica- restituiscono la personalità e i tratti essenziali di questi paesi e del loro capitale umano. Così Ivan Stomeo nella prefazione: “Una Comunità Ospitale si visita perché si è in cerca di quel valore aggiunto che altrove non si può trovare: la riscoperta dell’autenticità, le relazioni umane […] attraverso i quali il viaggiatore potrà davvero diventare parte della comunità locale, anche se per pochi giorni”. Un libro da cui farsi ispirare la prossima vacanza, per provare l’emozione il privilegio di essere cittadini temporanei.
“I racconti delle comunità ospitali”, a cura di Borghi Autentici d’Italia, 192 pp., 12 euro. In libreria e su altreconomia.it/libri
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