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Il gioco delle maschere della politica italiana

“Coperta di ritratto”, olio su tela attribuibile a Raffaello, Gallerie degli Uffizi, Firenze

Il banchiere “salvatore”, il razzista e i carrieristi che cercano potere tradendo principi e ideali. Tutti mettono in scena una recita di egotismi. La rubrica di Tomaso Montanari

Tratto da Altreconomia 235 — Marzo 2021

“Sua cuique persona”. È il motto iscritto su una meravigliosa “coperta” cinquecentesca che si conserva agli Uffizi: una tavola dipinta, che rappresenta una maschera, che serviva a coprire un ritratto che non si voleva tenere sempre esposto. Non sappiamo con certezza chi l’abbia dipinta: è stata attribuita, con argomenti per nulla sciocchi, a Raffaello. Era un messaggio sottile, quello scritto sulla “coperta”: “Ognuno ha la propria maschera”. Più profondamente: ognuno ha il suo personaggio, nella vita. E “personaggio” viene proprio dalla parola latina “persona”: la maschera che faceva risuonare (“personare”) la voce degli attori, rendendola udibile in tutto il teatro. Tutti indossano una maschera. E c’è un ambito dove questa storia rischia di essere quella definitiva: la politica italiana dei nostri giorni.

Metti il caso di un grande banchiere che ha speso tutta la sua vita per lavorare (con gran competenza e successo) al servizio degli affari, della finanza, del potere dei soldi. Un potere che ha piegato quello degli Stati, cioè delle comunità dei cittadini. Quello delle persone umane. Ha vinto, quel potere: ha trasformato il mondo a sua immagine e somiglianza. Un mondo terribile, un Pianeta sull’orlo dell’abisso. Poi, a un certo punto ti chiedono di guidare proprio uno Stato: il tuo, in un momento di difficoltà. E tutti dicono che sei il salvatore. E tu accetti e indossi la tua maschera che dice che ci credi. Ma sotto la loro maschera, gli altri cosa pensano davvero?

E metti che sei stato un grande uomo d’affari, un politico di successo. Un potente. Che non è andato mai per il sottile. I mafiosi, li vedevi a pranzo. Ci hai fatto affari, devi tutto a loro. E poi corruzione, disonestà di ogni tipo. Ora tutti ti cercano, ti chiedono di aiutare il banchiere con i tuoi voti. E tu accetti e indossi la tua maschera che dice che ci credi. Ma sotto la loro maschera, gli altri cosa pensano davvero?

E metti che sei un carrierista cui importa solo del tuo potere. Sei un fascista, sei un razzista. Ma ora ti cercano, hanno bisogno dei tuoi voti. Tu hai bisogno di ripulirti. E tu accetti e indossi la tua maschera che dice che ci credi. Ma sotto la loro maschera, gli altri cosa pensano davvero?

E metti che sei un altro carrierista cui importa solo del tuo potere. Del tuo clan, inguaiato e odioso ormai a tutti. Sei tu che hai portato il banchiere al governo con una congiura. Lo hai fatto per odio e ambizione. Ma ora molti dicono che sei stato proprio bravo. Che si deve tutto a te. E indossi la tua maschera che dice che ci credi. Ma sotto la loro maschera, gli altri cosa pensano davvero?

E metti che sei un terzo carrierista cui importa solo del tuo potere. Hai cavalcato il tuo movimento, dicevi che uno vale uno. Hai tradito ogni ideale, ogni principio. Abbracci quelli che avresti dovuto combattere fino alla fine. Ma ti dicono che devi essere responsabile. E tu accetti e indossi la tua maschera che dice che ci credi. Ma sotto la loro maschera, gli altri cosa pensano davvero? Potremmo andare avanti molto a lungo. Dal Colle più alto al cronista politico più pateticamente servile, tutti indossano la propria maschera. In una sterminata recita che manda in scena altrettanti spaventosi egotismi.
Poi ci sono le persone vere: intendo quelle così povere che la maschera non se la possono nemmeno comprare. Guardano tutti quei potenti da cui dipende la loro vita: che belle maschere che hanno. E si domandano: ma sotto quelle maschere, cosa pensano davvero?

Tomaso Montanari è professore ordinario presso l’Università per stranieri di Siena. Ha vinto il Premio Giorgio Bassani di Italia Nostra

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