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Finanza

Il cuore degli investimenti

A trent’anni dalla nascita della prima Mutua autogestione in Italia, e dopo il terremoto che ha sconvolto i mercati internazionali, quattro esperti riflettono sul movimento che rivendica l’etica nella finanza. Di cui abbiamo più che mai bisogno

Tratto da Altreconomia 98 — Ottobre 2008

Sono passati trent’anni dalla nascita della prima Mutua di finanza autogestita italiana (Mag), a Verona. Quei giorni, che verranno celebrati a dicembre, possono essere anche intesi come i primi passi di un movimento organizzato per la finanza etica in Italia. Oggi le Mag sono sei, Banca Etica entra nel decimo anno di vita con quasi 29mila soci (e una raccolta di risparmio di oltre 520 milioni di euro), il microcredito vince i primi Nobel. Soprattutto, la finanza tradizionale svela -con la peggiore crisi della sua storia- i suoi limiti, e la necessità di un ripensamento radicale dei mercati e delle norme che li regolano (o non li regolano a sufficienza). Ma qual è lo stato di salute della finanza etica in Italia?

Leonardo Becchetti insegna Economia politica all’Università di Tor Vergata, a Roma. Da quattro anni è anche presidente del comitato etico di Banca Etica. 
“La finanza etica italiana -dice- si inquadra in un contesto molto difficile. L’industria dei fondi di investimento azionari tradizionali è in crisi. I cosiddetti ‘fondi etici’ invece tengono bene, ma in Italia l’opzione verso questi è molto timida. Esiste il pregiudizio che la finanza etica non sia sicura: un’idea che di per sè non ha fondamento. Al contrario, gli avvenimenti di questi mesi ci insegnano che è insostenibile la ricerca esasperata di performance.
Finanza etica non sono solo i fondi azionari ‘etici’, però non possiamo non considerarli. Io intendo l’etica in modo ‘dinamico’: vuol dire pensare un modo diverso di essere banca. Una banca ‘socialmente responsabile’ non ha la dittatura degli azionisti, ma tutela i suoi risparmiatori. Anche se il cliente non lo capisce, questo è conveniente anche per lui, perché è garanzia di maggiore stabilità. Lo scopo è sempre finanziare l’economia solidale, ma una banca così si fa anche carico delle esternalità ambientali e sociali. Nasceranno altre banche etiche, ma bisogna vigilare affinché i percorsi di imitazioni siano sinceri e non pubblicitari. Per questo un ruolo chiave lo avranno le agenzie di rating. Infine, un altro discorso molto interessante riguarda la ‘Borsa delle imprese sociali’, entità da noi ancora sconosciuta. Vi possono essere vantaggi e svantaggi, ma questo tipo di Borsa potrebbe davvero essere uno strumento utile per la raccolta di capitale, specie per le realtà più ‘giovani’.

“Se per finanza etica intendiamo quel movimento che è partito 30 anni fa come critica alla finanza tradizionale, quel movimento è in una fase che definirei transitoria”. Alessandro Messina, già presidente dell’Associazione italiana finanza etica” (Afe), è autore del libro La finanza utile (con Paolo Andruccioli, Carocci 2007). “Il movimento italiano ha vissuto un forte sviluppo negli anni 90, grazie soprattutto alle Mag; è poi ‘esploso’ con Banca Etica all’inizio del decennio. Ora mi pare ripiegato su se stesso, in una fase in cui invece c’è sempre più bisogno di confronto con la finanza ‘commerciale’.
La mia idea è che si dovrebbe superare la sindrome di trincea, di contaminazione, pur se comprensibile. Perché la finanza etica rischia di non incidere come potrebbe se non si mette a confronto con il mondo esterno, quel mercato finanziario verso il quale ha spesso un atteggiamento ingenuo.
Mettendo da parte la questione ‘ingombrante’ dell’etica, possiamo allora parlare di utilità. Quindi la domanda è: la finanza ha ancora un’utilità sociale? La Lehman Brothers non era utile per la società, o molto poco. Molto diverso il caso di una Banca di credito cooperativo, il cui lavoro è rivolto al territorio. Un ultimo dato: la crisi dei subprime porta il rischio che si stringano di nuovo i paletti per concedere credito anche ai meno abbienti. Un atteggiamento sbagliato. La risposta a questo è che il problema non è stato ampliare la base di creditori, ma averlo fatto senza criteri di selezione e relazione. Ecco, le relazioni sono parte del processo del credito: senza di esse, il credito non funziona. I subprime hanno fallito non perché si sono rivolti ai ‘non bancabili’, ma perché non hanno instaurato con loro una relazione. Su questi temi la finanza etica e chi ragiona su queste cose dovrà fare la sua parte”.

Lorenzo Vinci è stato presidente di Mag4 Piemonte. Ora è presidente della società di consulenza Obi-one (www.obi-one.eu). “Il movimento della finanza etica -dice- è in una fase di stallo. Non vedo grandi spinte innovative. Ma non è una critica. Faccio questa considerazione: quello che succede oggi nella finanza tradizionale, dimostra sempre più l’errore di considerare la finanza come prioritaria. Anzi, proprio la finanziarizzazione dell’economia ha generato i problemi che il mondo sta vivendo. Vedo che l’economia alternativa e solidale è in una fase di scarsa crescita e innovatività. La finanza etica deve essere ancella dell’economia alternativa: per questo la finanza etica è in una relativa stasi. Perché assume che non deve essere trainante. Forse, quindi, dovremmo prima riflettere su come sta andando l’economia alternativa. Quando è nata, la finanza etica si è dedicata agli ultimi, agli esclusi, comprese le forme di economia che ha sostenuto. È bene che la finanza etica continui a dedicarsi agli esclusi, ma oggi si ragiona poco su chi sono. A me vengono subito in mente gli stranieri, ‘nuovi cittadini’. Questo è un ambito in cui si potrebbe fare di più”. C’è spazio per strumenti “tradizionali” come i fondi di investimento? “La mia personale opinione -continua Vinci- è che la finanza etica è un modo alternativo di gestire il denaro per dare forza all’economia alternativa. Non lo considero concorrente alla finanza tradizionale: semplicemente sono due mondi separati. Non sono compagni di strada. L’investimento azionario non è etico di per sé, perché non è un modello alternativo. Non ha quindi senso il rating etico. Non vedo per ora investimenti azionari sull’economia alternativa.
A meno che non ci si accontenti del semplice ‘buonismo’”.

“Dopo una lunga crescita, mi pare che la finanza etica, e più in generale l’economia solidale, sia in una fase che non definirei di stagnazione, ma di consolidamento o ripensamento”. Tonino Perna, già presidente del Parco nazionale dell’Aspromonte, insegna Sociologia economica all’Università di Messina.
“Il paradosso è che la domanda è molto forte, e mai come adesso c’è bisogno di una risposta di massa alla crisi finanziaria ed economica. In questo contesto vedo una priorità: dobbiamo pensare anche ad alternative all’euro. Essere subalterni all’euro vuol dire dover utilizzare uno strumento pensato da altri per altri scopi. Ogni discorso alternativo deve sottostare a questo strumento immaginato per altri fini. Sono convinto che l’euro rappresenti per i popoli europei un fatto positivo. Ma, credo altresì che sia necessario utilizzare, a livello locale, delle ‘monete complementari’ all’euro, che diano un margine di manovra all’ente locale rispetto ai bisogni della popolazione e che ci portino verso una democrazia monetaria, che non è meno importante di quella  politica. Per questo sostengo che il salto per la finanza etica sarà la fusione tra i soggetti che la propongono e gli enti locali. E questo può essere possibile con le monete locali, sulle quali non si possa fare speculazione né accumulazione. È un tema urgente nei quartieri marginali delle città, come e nei paesi del Sud Italia, dove gli enti locali sono al collasso. La gestione del denaro è il cuore della gestione del potere. Il denaro è stato come avvelenato. L’economia solidale non fa altro che difendersi. Per questo abbiamo bisogno di autonomia, c’è bisogno di un sostituto dell’euro almeno per gli scambi locali. Il salto di qualità della finanza etica avviene solo se si dota di strumenti alternativi e pensati appositamente”.

Festa a Verona e Reggio
Sono sei le Mag (Mutua autogestione) italiane: a Milano, Verona, Venezia, Torino, Reggio Emilia e Roma. Il 21 dicembre Mag Verona, la decana del gruppo, festeggerà 30 anni di vita con una giornata di riflessione culturale e politica dal respiro internazionale. Il programma lo trovate su www.magverona.it. Loredana Aldegheri è una dei soci fondatori della Mag, che oggi conta oltre 400 soci (180 sono persone fisiche) per 260 imprese sociali collegate e un conto economico da 800mila euro e una raccolta tra capitale e prestito attorno al milione di euro. Fa anche microcredito (piccoli prestiti a non soci): in tre anni ha concesso 70 finanziamenti. Spiega Loredana: “Lo scopo ultimo della finanza etica prevede che un soggetto non si faccia catturare da guadagni facili. Un’idea irrinunciabile per il futuro. La finanza consapevole può arrivare anche a finanziare servizi comuni. L’alternativa a privatizzare è socializzare. Lo dice anche la Costituzione italiana”.
Non trenta ma venti, ma non sono pochi, li compie anche la Mag 6, che sta a Reggio Emilia. 1.300 soci per un capitale di 2 milioni di euro. Cinzia Melograno, esperienza più che decennale nella cooperativa, spiega: “Quest’anno abbiamo raggiungiamo l’obiettivo di mantenere l’equilibrio tra raccolta e impiego. Ovvero, tutto il capitale raccolto tra i soci è stato investito. E incontriamo nuovi progetti interessanti”. In vent’anni, Mag6 ha finanziato 180 progetti. Oggi sono 74 i prestiti a progetti di impresa attivi. A questi si somma una “cassa di mutuo soccorso” (una sorta di microcredito) rivolta solo ai soci gestita anche in collaborazione con la comunità delle Piagge di Firenze. Sono per ora 88 prestiti.
I festeggiamenti per i vent’anni della cooperativa partono a ottobre con un ricco programma di incontri e iniziative. Info su www.infoshopmag6.it e www.mag6.it

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