Ambiente / Attualità
Il consumo di suolo in Italia non si arresta. Lontano l’obiettivo dell’azzeramento
Nel 2019 nel nostro Paese il suolo è stato consumato con una velocità di due metri quadrati al secondo. Si continua a costruire anche nelle zone a rischio sismico e idrogeologico, nonostante la popolazione stia diminuendo. Il nuovo rapporto Ispra Snpa “Il consumo di suolo in Italia 2020”
In Italia nel 2019 il suolo è stato consumato con una velocità di due metri quadrati al secondo. In totale la copertura e l’impermeabilizzazione della risorsa non rinnovabile sono state pari a 57 milioni di metri quadrati. A certificarlo sono i dati dell’ultimo rapporto Ispra Snpa “Il consumo di suolo in Italia 2020”, presentato mercoledì 22 luglio alla Residenza di Ripetta a Roma. Oggi nel Paese ciascun abitante ha in “carico” 355 metri quadrati di superfici occupate da cemento e asfalto. Un valore che cresce di quasi due metri quadrati l’anno mentre la popolazione, invece, diminuisce. Considerando il calo delle nascite, specifica il rapporto, è come se avessimo costruito 135 metri quadrati per ogni nuovo nato.
“Il 2020 è l’anno in cui ogni Paese dell’Unione europea deve attuare politiche efficaci per tutelare e ridurre in modo significativo il consumo di suolo e azzerarlo entro il 2050. L’Italia è in ritardo ed è ancora senza una legge nazionale”, spiega Michele Munafò, responsabile del rapporto. “Si aggiungono gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che chiedono di fermare il degrado del suolo e del territorio e di allineare la crescita del consumo di suolo alla crescita demografica di un Paese. In Italia, dove la popolazione si riduce, il consumo di suolo dovrebbe essere azzerato ancora prima, almeno nel 2030”.
Nel 2019 il consumo di suolo è stato più intenso in aree già molto compromesse. Quasi la metà del suolo perso in 12 mesi si trova nelle città, il 12,5% in aree centrali e semicentrali, il 32% nelle fasce periferiche e meno dense. Roma si conferma il Comune che ha trasformato di più il suo territorio: nel 2019 ha aumentato la superficie artificiale di 108 ettari. Segue Uta in provincia di Cagliari che ha consumato quasi 58 ettari di suolo a causa dell’installazione di grandi pannelli fotovoltaici a terra su aree agricole. A Catania sono andati persi 48 ettari di suolo agricolo e naturale per lasciare posto a cantieri. È stata più contenuta la crescita per Torino -cinque ettari in più di suolo consumato rispetto al 2018- che non ripete il risultato dello scorso anno, quando era risultata l’unica tra le grandi città ad avere aumentato la superficie naturale all’interno dell’area comunale.
“Nel 2019 per ogni ettaro di area naturale in ambito urbano abbiamo registrato quasi 30 metri quadrati persi. Che rispetto a una media nazionale di 1,7 metri quadrati, fa capire quanto è forte la pressione su queste aree, fondamentali non solo per la resilienza delle nostre città ma anche per la qualità della vita”, spiega Munafò. Il rapporto sottolinea che il consumo di suolo ha una relazione con l’aumento delle temperature: la differenza di temperatura estiva tra aree urbane e rurali può spesso raggiungere valori superiori a 2°C nelle città più grandi.
Nel 2019 la copertura artificiale è avanzata anche nelle zone più a rischio del Paese: nel periodo di riferimento risulta infatti sigillato il 10% delle aree a pericolosità idraulica media “P2” (con tempo di ritorno tra 100 e 200 anni) e quasi il 7% di quelle classificate a pericolosità elevata “P3” (con tempo di ritorno tra 20 e 50 anni). È la Liguria la Regione con il valore più alto di suolo impermeabilizzato in aree a pericolosità idraulica (quasi il 30%). Il cemento ricopre anche il 4% delle zone a rischio frana, il 7% di quelle a pericolosità sismica alta e oltre il 4% di quelle a pericolosità molto alta. Quanto al resto delle Regioni, nel 2019 gli incrementi sono stati particolarmente elevati in Veneto (con 785 ettari in più rispetto al 2018), in Lombardia (più 642 ettari) e nelle pianure del Nord. In Emilia-Romagna si sono consumati 404 ettari in più di aree verdi rispetto all’anno precedente. Il fenomeno è accelerato lungo le coste della Sicilia (+611) e in Puglia (+625). La Valle d’Aosta è la prima Regione a consumo “quasi zero”: solo tre ettari rispetto al 2018. Seguono Umbria, Liguria, Molise, Basilicata e Trentino-Alto Adige, le altre Regioni che hanno avuto incrementi inferiori ai 100 ettari.
Una buona notizia arriva dalle aree protette: nel 2019 il consumo di suolo è stato pari a 61,5 ettari, in netto calo rispetto all’anno precedente. Non bene, invece, per le aree agricole: in sette anni, tra il 2012 e il 2019, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea) ha stimato che la perdita dovuta al consumo di suolo in termini di produzione agricola complessiva è stata pari a 3.700.000 quintali. In particolare, due milioni e mezzo di quintali di prodotti da seminativi, seguiti dalle foraggere (-710.000 quintali), dai frutteti (-266.000), dai vigneti (-200.000) e dagli oliveti (-90.000).
Una nota del rapporto mostra una valutazione degli scenari futuri di trasformazione del territorio italiano. Nel caso in cui la velocità di trasformazione dovesse confermarsi pari a quella attuale anche nei prossimi anni, Ispra stima un consumo di suolo pari a 1.556 chilometri quadrati il 2020 e il 2050. Se invece si dovesse tornare alla velocità massima registrata negli anni 2000, si arriverebbe quasi a 8.000 chilometri quadrati.
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