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Economia

I trafficanti messicani e le banche americane

I trafficanti di droga del Messico hanno usato per anni un’importante banca americana, la Wachovia, per riciclare i il denaro sporco che accumulano grazie alla loro attività. Parliamo di un giro di quattrini enorme, scoperto quasi per caso. Nell’aprile del…

I trafficanti di droga del Messico hanno usato per anni un’importante banca americana, la Wachovia, per riciclare i il denaro sporco che accumulano grazie alla loro attività. Parliamo di un giro di quattrini enorme, scoperto quasi per caso. Nell’aprile del 2006, infatti, a Ciudad del Carmen l’esercito messicano mise sotto sequestro un DC9 che trasportava quasi sei tonnellate di cocaina – valore complessivo 100 milioni di dollari. Nei mesi successivi le autorità americane si accorsero che quell’aereo era stato comprato dal cartello della droga di Sinaloa proprio tramite la Wachovia, uno dei fiori all’occhiello del gruppo Wells Fargo. Scavando tra conti correnti, bonifici internazionali e travellers cheques, si sono tracciati flussi finanziari per centinaia di miliardi di dollari. Tanto per farsi un’idea, solo i 378 miliardi a cui ammonta il conto della transazioni tra gli uffici di cambio messicani e le filiali americane della Wachovia, corrispondono a un terzo del PIL del Messico.

Val la pena notare che buona parte delle operazioni venute alla luce riguardavano il 2004, ovvero si erano svolte in concomitanza con l’inizio dell’escalation di violenza ai confini tra gli Stati Uniti e Messico tra le varie organizzazioni che si contendono il primato nella gestione del mercato della droga.

Nei confronti dell’istituto di credito è stato aperto un procedimento formale per il mancato rispetto delle norme antiriciclaggio, conclusosi un anno fa con un accordo stragiudiziale. La Wachovia ha versato nelle casse del governo circa 150 milioni di dollari, un mero 2% dei suoi profitti per l’anno 2009, assicurando che in futuro avrebbe rispettato la legge e non si sarebbe più fatta coinvolgere in operazioni “inopportune”. Dopo un anno di “pena differita” (i capi d’accusa sono rimasti in piedi e sarebbero stati confermati in caso di ulteriori violazioni), proprio in questi giorni il caso è stato chiuso in maniera definitiva. 

Secondo quanto riportato dal giornale britannico The Observer, quello in oggetto è la classica punta dell’iceberg. Per rendersene conto basta rammentare le parole del responsabile dell’ente delle Nazioni Unite che si occupa di lotta alla droga, l’italiano Antonio Maria Costa, che nel 2008, all’apice delle crisi finanziaria delle banche, affermò che c’erano prove certe che i proventi del traffico di droga e delle attività criminali erano le uniche forme di liquidità a disposizione degli istituti di credito a quei tempi. 

In base alla documentazione ottenuta dal The Observer, la Wachovia era ben consapevole fin dall’inizio del tipo di rischio a cui andava incontro autorizzando tutta una serie di operazioni “poco chiare” e non aveva dato ascolto a tutti i soggetti istituzionali che avevano in qualche modo segnalato il pericolo.

È una dato di fatto che, oltre alla sanzione pecuniaria, nessuno dei manager dell’istituto di credito ha subito alcun procedimento penale. Speriamo solo che abbiano imparato la lezione e si siano studiati per bene la normativa anti-riciclaggio. Sarebbe già un passo avanti…
 

 

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