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Il presidente Giorgio Napolitano ha incontrato una delegazione di "nuovi italiani" – cittadini di origine straniera o nati in Italia da genitori di origine straniera – ed è tornato a chiedere un aggiornamento della legge sulla cittadinanza, che attualmente esclude chi è nato qui da genitori cittadini di altri paesi e pone requisiti tutt’altro che amichevoli per gli adulti provenienti dall’estero (e anche per chi è arrivato infante nel nostro paese).

L’accenno alla necessità di una nuova legge, da parte del presidente, è certamente lodevole, ma a questo punto assolutamente insufficiente. Da anni Napolitano ne parla, ma senza alcun risultato: le norme sono state anzi peggiorate e si è arrivati a prevedere test ed esami, per ottenere la cittadinanza, che hanno un unico reale obiettivo: scoraggiare.

Altro che uguaglianza, altro che "nuovi italiani": meglio essere onesti e parlare di "nuovi non italiani".

Ora che la Lega Nord è all’opposizione, non esiste più nemmeno il vergognoso alibi – la necessità di mantenere integra la coalizione con il partito che ha costruito la sua fortuna elettorale sul contrasto dell’immigrazione – che ha spinto l’attuale parlamento a introdurre le peggiori norme sui migranti (norme ormai definite in sede sociologica di "razzismo istituzionale").

Un nuovo governo sta per insediarsi. Certo, sarà un governo tecnocratico, tutto proteso a soddisfare le attese dei "mercati", ma una legge che attribuisca la cittadinanza a chiunque nasca in Italia e che agevoli l’accesso a chi è vissuto sempre in questo paese e a chi intende rimanervi, è una questione a questo punto di civiltà.

E’ lecito aspettarsi che il presidente Napolitano, così energico nel portare a compimento la "manovra Monti", inviti il "suo" governo a non perdere tempo.

Nella foto: Napolitano con il calciatore Mario Balotelli, nato a Palermo ma diventato italiano solo al compimento del diciottesimo anno di età

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