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Economia / Attualità

Google e Facebook usano ancora l’Irlanda per pagare meno tasse in Italia

Ecco come e perché i ricavi milionari della raccolta pubblicitaria finiscono ancora nel Paese a fiscalità agevolata. La società di Zuckerberg ha versato lo 0,11% del giro d’affari reale. I bilanci aggiornati delle piccole succursali italiane delle multinazionali

Bilancio 2016 alla mano, Facebook ha versato al fisco italiano 267.468 euro. Rispetto al giro d’affari realizzato nel nostro Paese dalla multinazionale di Mark Zuckerberg, si tratta dello 0,11% dei ricavi reali. Nulla se paragonato ai conti stellari della casa madre irlandese, che nel 2015 ha fatturato qualcosa come 7,9 miliardi euro, quasi interamente grazie alla pubblicità. Secondo l’Autorità garante delle comunicazioni (AGCOM), solo in Italia il gruppo avrebbe raccolto -tra inserzioni e servizi- 233 milioni di euro.

Le fortune fiscali del colosso derivano da uno strumento: il “sandwich irlandese”. Il bilancio 2016 depositato alla Camera di Commercio di Milano lo illustra bene. “La voce ‘Ricavi vendite e prestazioni’ -si legge nel resoconto della Facebook Italy Srl, controllata dalla Facebook Global Holdings II LLC, domiciliata nello Stato USA a fiscalità agevolata del Delaware- si riferisce ai servizi prestati, in dipendenza dei rapporti contrattuali in essere con Facebook Ireland Limited per la fornitura di supporto alla vendita e servizi di marketing al Gruppo Facebook”.

Dunque le risorse prodotte dal mercato italiano varcano i confini e raggiungono direttamente l’Irlanda (Facebook Ireland Limited), dove l’aliquota è del 12,5%. In Italia atterrano soltanto le commissioni che Facebook Ireland Limited riconosce per il marketing alla piccola succursale italiana (che conta appena ventidue dipendenti). Nel 2015, secondo una valutazione dell’Ufficio parlamentare di Bilancio (UPB), sarebbero così giunti in Irlanda 225 dei 233 milioni di euro generati da Facebook nel nostro Paese.

Tutto questo è lecito e del tutto legittimo. L’Italia, del resto, non si è ancora dotata di una misura adatta per contrastare questa forma di “profit shifting”. O meglio: nel decreto legge 50 dell’aprile di quest’anno, la cosiddetta “manovrina”, il Parlamento ha introdotto una “procedura di cooperazione” che l’UPB ha definito però una “sanatoria preventiva e volontaria” di cui si potranno misurare gli effetti solo in futuro. Nel frattempo, la triangolazione continua.

Lo sa Google. Nel suo ultimo bilancio, pubblicato a fine agosto e che Altreconomia ha visionato, la società ha dato conto della “chiusura di contenziosi fiscali con l’Agenzia delle Entrate relativi ad annualità pregresse che hanno portato ad una perdita significativa e conseguente patrimonio netto negativo”. Che cosa è successo? Il 4 maggio 2017, Google Italia -che nel nostro Paese opera attraverso la Google Italy Srl- ha concordato e firmato un accordo che ha generato un debito verso le autorità del nostro Paese di 304 milioni di euro. “Maggiori imposte, interessi e sanzioni dovuti per i precedenti esercizi fiscali”. Per il bilancio chiuso al 31 dicembre 2016, questo ha comportato “oneri diversi dalla gestione” pari a 94,1 milioni di euro e “imposte relative a esercizi precedenti” per 37,7 milioni. La somma non fa 304 ma è ragionevole che il pagamento sia stato spalmato su più esercizi.

In ogni caso, questo esborso iniziale ha prodotto una perdita netta di 61 milioni di euro e un saldo negativo di patrimonio netto di 47 milioni. Per il codice civile si era dinanzi alla “Riduzione del capitale al di sotto del minimo legale”. Ed è dovuto intervenire il “Socio” della succursale, “Alphabet Inc.”. Il 16 maggio 2017 il livello iniziale del capitale sociale è stato infatti “ricostituito” con un versamento da 57 milioni di euro.

Nonostante l’accordo, però, lo schema irlandese è rimasto lo stesso. Anche nel 2016. I ricavi -sensibilmente aumentati rispetto allo scorso anno grazie a una “nuova metodologia di transfer pricing”, come ha scritto il sindaco della società italiana nella sua nota, Claudio Valz- sono stati generati quasi interamente dall’Irlanda. 149 milioni di euro su 152 milioni. Il resto dagli Stati Uniti. Gli inserzionisti italiani, quindi, si interfacciano ancora con Dublino. Quanto? Per avere una stima bisogna rifarsi al 2015, e cioè all’ultimo anno di cui si hanno dati certi. “I ricavi originati in Italia -ha messo nero su bianco l’Ufficio parlamentare di Bilancio a proposito di Google nel marzo di quest’anno- sono pari a 637 milioni di euro. 67 fatturati in Italia (nel 2016 152, ndr) e 570 in Irlanda”.

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