Ambiente / Attualità
Cambiamenti climatici in atto in Italia: gli indicatori per conoscerli (e contrastarli)
Negli ultimi vent’anni il 50% dei Comuni capoluogo ha subito almeno due eventi alluvionali significativi, in termini di vittime e danni. I più colpiti: Roma, Milano, Catania e Genova. La fotografia e gli strumenti del Sistema nazionale di protezione ambientale
Un capoluogo italiano su due ha subito almeno almeno due eventi alluvionali significativi negli ultimi vent’anni anni, in termini di vittime e danni. I più colpiti: Roma, Milano, Catania e Genova. I cambiamenti climatici sono già qui, con gravi conseguenze sull’ambiente e sull’economia. È quanto emerge anche dal Rapporto sugli indicatori di impatto dei cambiamenti climatici pubblicato quest’anno dal Sistema nazionale di protezione ambientale (Snpa). Obiettivo del report è quello di misurare gli effetti dei cambiamenti climatici in Italia introducendo una serie di parametri scelti per la loro accuratezza, praticità e scientificità. Elemento decisivo per poter così informare in modo corretto sia il pubblico sia i decisori politici.
Mantenendo la variazione di temperatura media entro i 2 gradi centigradi dall’era preindustriale, si avrebbe una riduzione intorno allo 0,5% del Prodotto interno lordo. Le previsioni peggiorano esponenzialmente con l’aumentare della temperatura fino a perdite pari all’8% entro fine secolo. Sulla base dei dati raccolti nel rapporto è possibile pianificare la “lotta” in due modi: la mitigazione, che agisce sulle cause (come la riduzione delle emissioni di gas serra), e l’adattamento, che invece si basa sul ridurre l’impatto negativo di questi cambiamenti.
Il report presenta perciò una serie di indicatori divisi in 13 categorie d’impatto (risorse idriche, suolo e territorio o salute). Alle categorie di impatto presentate sono associate delle schede che riassumono le caratteristiche significative degli indici, tra cui possiamo trovare i criteri utilizzati per la selezione e l’andamento del fenomeno. I criteri per la scelta dell’indicatore consistono nella sua rilevanza (deve essere adatto a rappresentare il fenomeno), la sua misurabilità (è importante che risulti applicabile su un lungo periodo e su una vasta area) e la sua scientificità (l’indicatore deve essere supportato da una solida letteratura scientifica che ne attesti la validità).
Oltre a questo è presente una descrizione del trend del fenomeno; può essere positivo o in crescita, negativo o in riduzione, stabile o non definibile. Tra gli indici considerati possiamo citare la perdita di massa dei ghiacciai, l’aumento di temperatura e della salinità della superficie marittima e il numero di eventi alluvionali estremi nelle principali città italiane. Dall’analisi degli autori emerge che, dei diversi indicatori esaminati, otto presentano una tendenza in crescita statisticamente significativa, che confermerebbe l’impatto negativo che i cambiamenti climatici stanno esercitando sull’ambiente italiano.
Tra gli indicatori considerati spiccano, ad esempio, la variazione della massa dei ghiacciai: tutti i sei ghiacciai esaminati (Careser, Ciardoney, del Basodino, della Sforzellina, Fontana Bianca e la Vedretta Pendente) hanno subito perdite significative e in linea con le previsioni, che stimano una perdita di due terzi della massa entro il 2100 nei casi più ottimisti, fino alla loro completa estinzione secondo le previsioni peggiori. In modo analogo il permafrost degli ambienti alpini è soggetto a un forte degrado. Questi fenomeni potrebbero portare in futuro a una riduzione delle risorse idriche alpine con danni all’ambiente e all’economia di montagna.
Il report si sofferma anche sui trend in crescita anche su quelli non statisticamente significativi. Se dei precedenti otto indicatori si disponeva di una lunga serie temporale di dati (da 10 a un massimo di 60 anni) ed è stato possibile esaminarli con metodi statistici e poter stabilire con ragionevole sicurezza il loro andamento in crescita, per i successivi indici esaminati non è possibile disporre di una mole di dati sufficiente per poterne determinare l’andamento con un grado di sicurezza adeguato a quanto richiesto dalle regole della statistica, ma rappresentano comunque un’interessante chiave di lettura sulla situazione climatica.
Tra questi indici spiccano l’aumento del livello del mare che, seppur lento e non percepibile a occhio nudo (rientra nell’ordine dei pochi millimetri all’anno) rappresenta una minaccia seria per numerosi ambienti costieri, in particolare per la Laguna di Venezia e la costa Adriatica. È stato inoltre registrato un incremento del consumo energetico durante il periodo estivo e una parallela riduzione del consumo di elettricità durante i mesi invernali dovuti a una minore necessità di riscaldare gli ambienti durante il periodo invernale e una maggiore necessità di rinfrescarli durante il periodo estivo, chiaro sintomo di un aumento della temperatura media. Ulteriore conseguenza dell’innalzamento della temperatura media consiste in un incremento della frequenza e della gravità delle ondate di calore estive che, in modo particolare nelle aree urbane, causano numerosi decessi tra la popolazione più fragile. Il report descrive il caso della città di Torino dove, dal 2004 al 2020, sono stati registrati da un minimo di 50 ad un massimo di 500 decessi all’anno in più di quelli previsti tra la popolazione over 65.
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