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Diritti / Opinioni

Gioco, azzardo di Stato

I costi per curare le ludopatie potrebbero già aver superato le entrate fiscali derivanti da slot e affini, ma secondo le prime indicazioni la legge di Stabilità 2016 continuerebbe a "stimolare" l’espansione del settore, prevedendo nuove aperture, tra punti scommesse, sale bingo e aumentando le aliquote fiscali. Intanto, la criminalità organizzata guarda al gioco on line, mentre manca ancora una legislazione organica

Tratto da Altreconomia 175 — Ottobre 2015

Pochi, maledetti e subito. I soldi servono, soprattutto in Italia, quando si parla di debito pubblico e dei suoi interessi. È stato questo il motivo principale che, alla fine degli anni Novanta, ha spinto il legislatore italiano a legalizzare il gioco d’azzardo. Anche se, a fini di marketing politico, la cosa è stata presentata in altro modo: se si rende lecito ciò che prima era illecito, si diceva, da una parte si contribuisce a contrastare efficacemente il mondo del crimine, soprattutto quello organizzato, che da anni lucra sul gioco clandestino e, dall’altra, si incassano cospicue risorse lecite da parte dello Stato.

Purtroppo, a distanza di qualche anno, si è potuto constatare che le mafie non solo continuano a gestire il gioco d’azzardo illegale, ma si sono inserite in modo significativo nel comparto del gioco d’azzardo legale, e che i benefici prodotti in termini di maggiori entrate fiscali -circa 8 miliardi di euro- rischiano di essere superati dai costi economici e sociali -circa 6 miliardi di euro- provocati da una nuova malattia. Il gioco d’azzardo patologico secondo una stima pubblicata in un rapporto del Dipartimento delle Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri riguarderebbe qualcosa come 1,3 milioni di italiani.

Tra luglio e settembre, in Calabria e in Campania sono state portate a termine tre inchieste giudiziarie sul gioco da parte delle Direzioni distrettuali antimafia, che hanno condotto all’arresto di più di 80 persone e al sequestro di beni per un valore superiore ai due miliardi di euro, tra cui una serie di immobili situati nelle province di Belluno, Catanzaro, Cosenza, Enna, Reggio Calabria e Venezia. Una delle nuove frontiere imprenditoriali in cui i clan della ‘ndrangheta sono attivi è rappresentato dal gioco d’azzardo on line, che al pari di quello realizzato attraverso l’acquisizione di sale scommesse si dimostra uno strumento funzionale al riciclaggio di ingenti quantità di denaro illecito. In particolare, gli inquirenti calabresi hanno verificato come, al fine di aggirare la normativa nazionale attualmente vigente nel campo del gioco d’azzardo e le disposizioni regolamentari dettate dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli -ente deputato a seguire il comparto- la raccolta informatica delle giocate, unitamente alla loro gestione, sia avvenuta attraverso siti internet collocati su server telematici situati in Paesi stranieri, già noti come paradisi fiscali, come ad esempio Malta, Panama e le Antille olandesi. Non sono mancati sequestri di società anche in Austria, Romania e Spagna.
In Campania, invece, gli inquirenti hanno predisposto il sequestro di ben 3.200 video slot che sarebbero state gestite da un ramo della camorra casalese, quello facente capo al clan Russo-Schiavone. I magistrati, inoltre, hanno accertato come l’installazione di macchinette mangiasoldi in diversi esercizi commerciali della provincia di Caserta fosse in realtà una operazione estorsiva, al pari dell’imposizione all’acquisto di specifiche marche di caffè a diversi bar del territorio.

Nonostante queste inchieste giudiziarie, precedute da altri interventi di carattere repressivo negli anni scorsi, ad oggi in Italia manca una legge organica che regolamenti il comparto del gioco d’azzardo. Un provvedimento che da diverso tempo le associazioni facenti parte della campagna “Mettiamoci in gioco”, promossa dal Coordinamento nazionale delle comunità d’accoglienza, ha chiesto al Parlamento e al Governo. Vietare in modo definitivo la pubblicità dei giochi d’azzardo, aumentare la tassazione, dare vita ad un apposito fondo dal quale attingere risorse per curare i giocatori d’azzardo patologici e, infine, dare maggiori poteri ai sindaci in merito alla concessione di autorizzazioni per l’apertura di sale gioco e sale slot sul loro territorio, sono tra le principali richieste che le associazioni hanno avanzato.
Le mafie si sono messe in gioco. Lo Stato, complice anche la presenza di una fortissima lobby politicamente trasversale, ancora completamente no. —
 
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