Cultura e scienza / Attualità
Gettando parole al vento come semi: sui muri fiorisce la poesia di strada
Un fenomeno che rappresenta sia una forma d’arte e di scrittura, sia un modo di utilizzare lo spazio pubblico, in particolare quello urbano. Un libro ne racconta le origini e le diverse declinazioni, tra rime, stencil e impegno politico
Attacchinati sotto i portici di via Riva di Reno e di via Galliera, a Bologna, ci sono alcuni fogli A4: portano stampati dei versi e la firma di un autore. Altri testi sono scritti direttamente sul muro, affinché chiunque passi per strada possa fermarsi a leggerli. Sono esempi di poesia di strada, fenomeno che rappresenta allo stesso tempo una forma di scrittura e di arte e un modo di approcciare e utilizzare lo spazio pubblico, in particolare in ambito urbano. Una scena artistica che coinvolge migliaia di giovani in tutto il mondo.
Nella primavera del 2021 è uscito per Agenzia X un libro che indaga e racconta la genesi di questo movimento in Italia, “Con le parole ovunque”. A firmarlo sono Francesco Terzago, membro del centro studi sulla creatività urbana Inopinatum dell’Università degli Studi suor Orsola Benincasa di Napoli, e Mister Caos, una figura di riferimento della poesia di strada italiana il cui vero nome è Dario Pruonto. Per spiegare la poesia di strada, abbiamo dialogato con entrambi, a partire dalle parole di ivan -il cui vero nome è Ivan Tresoldi, uno dei poeti di strada più riconosciuti e longevi- riportate nella quarta di copertina del libro: “La poesia di strada nasce gettando parole tra le vie, pugni di semi nel vento”.
Le parole come semi, quindi, a disposizione di un pubblico universale, il passante. Chiedersi chi fa poesia di strada, come la fa (cioè le scelte stilistiche), dove e perché la fa, è utile a comprendere la genesi del fenomeno e la sua evoluzione. “Il desiderio che guida gli attori di questa scena artistica è, in molti casi, proporre una poetica accessibile e popolare -racconta Terzago-. La poesia di strada è una forma di scrittura che non necessariamente entra nello spazio letterario. Questo non significa affatto che chi oggi affronta un percorso poetico di questo tipo non abbia riferimenti letterari, ma semplicemente che non cerca di rispondere ai canoni della letteratura, mentre il suo percorso di formazione può aver toccato anche temi di attualità politica o aver lambito i movimenti transfemministi”.
“Il desiderio che guida gli attori di questa scena artistica è, in molti casi, proporre una poetica accessibile e popolare” – Francesco Terzago
“Per alcuni, la strada è un modo alternativo per diffondere la propria poesia, cioè per farsi leggere, ma è molto più vasta nel movimento la realtà di quanti, che siano singole persone o collettivi, scelgono di intervenire in modo spontaneo per poter in quel modo affermare qualcosa, un’idea”, spiega Mister Caos.
Anche se esistono autori che arrivano dall’ambiente dei centri sociali e propongono una scrittura politica, con uno spirito impegnato (è ad esempio il caso di ivan) altri nascono nel mondo dell’arte urbana o del writing, approcciano la poesia di strada partendo dal mondo delle discipline grafiche. Ci sono anche quanti, invece, arrivano dalle facoltà di letteratura o di filosofia. Questa eterogeneità si riflette -come evidenziano le schede degli autori contenute nel libro- in una grande diversità delle influenze -che vanno da Giovanni Pascoli alla beat generation, dai graffiti a Gabriele D’Annunzio- e dei modi di fare poesia di strada. Sono otto quelli principali individuati dai due autori e vanno dalla scrittura libera alla calligrafia, passando per lo stencil, le performance, il paste up (stampe incollate sui muri), gli sticker e la realizzazione di piccole e grandi installazioni. Questi primi rudimenti aiutano a capire che alla poesia di strada può accostarsi chiunque, da ogni punto di partenza: tra gli autori ce ne sono di già pubblicati e di esordienti, soggetti che “si oppongono alla letteratura in termini convenzionali” (come dice Terzago) e altri che approcciano questo mondo per affacciarsi a quello letterario.
Tra i poeti di strada recensiti nel libro c’è, ad esempio, Gio Evan, oggi scrittore affermato e riconosciuto ma anche cantautore che nel 2021 ha preso parte a Sanremo giovani. L’idea del libro è offrire al lettore una piattaforma per individuare l’architettura del fenomeno. Uno degli elementi caratterizzanti, così, è definirne una data d’inizio: anche se esistono alcune esperienze, come quella di ivan, attivo fin dai primi anni Duemila, quello che si può definire movimento (“Ed è tale quando raccoglie tante figure”, sottolinea Mister Caos) è nato nel 2013. Quell’anno Milano ospita il primo festival internazionale della poesia di strada. Negli anni successivi l’appuntamento si sposta a Genova (2014), Roma (2015), Lecce (2016) e San Donato Milanese (2017). L’ultima edizione ha visto la partecipazione di oltre 40 autori.
Il fenomeno della poesia di strada prende corpo nelle maggiori città italiane, in particolare a Milano e a Roma, anche se in modo profondamente diverso: nel capoluogo lombardo nasce nel periodo in cui la città era amministrata prima da Gabriele Albertini e poi da Letizia Moratti, e ha una connotazione politica, di opposizione rispetto a una politica del decoro. Nella Capitale, invece, ci sono esperienze che si rifanno all’esempio della poesia popolare, con un riferimento a quella di Trilussa.
“Spesso, le mie poesie di strada nascono da un’azione di co-progettazione, una ricerca che è quasi urbanistica e sociale” – Mister Caos
Dalle città, però, la poesia di strada si sposta anche nei piccoli centri. Come raccontano Terzago e Mister Caos, del resto, “fare poesia di strada” è semplice: “Se hai una poesia, ti serve solo che ci sia uno spazio per renderla pubblica. Io -racconta Mister Caos partendo dal proprio vissuto- ho iniziato con i poster. Ma c’è anche chi pubblica poesia sul retro di vecchie carte da gioco che distribuisce”.
La biodiversità è talmente grande che la poesia di strada non ha bisogno di un Manifesto che ne definisca confini e canoni, come spesso accade in letteratura, e nemmeno il libro pubblicato da Agenzia X vuole esserlo. Secondo i due autori, siamo di fronte a un “fenomeno da cristallizzare, senza volerne però dare una definizione”, perché è “qualcosa che sta accadendo in uno spontaneismo creativo”. “Ci siamo voluti opporre a quanti ci chiedevano di scrivere un Manifesto, perché come strumento esso appartiene a stagioni culturali diverse dalla nostra: alla poesia di strada, un contenitore estremamente poroso, non servono regole e dispositivi da interpretare per appartenere alla categoria”, spiega Terzago.
Per capire davvero la poesia di strada, secondo Mister Caos, è utile considerare altri aspetti, considerando ad esempio che “scrivere in uno spazio urbano è inevitabilmente un atto politico”, ed è vero “anche quando si scrivono versi che non hanno apparentemente un significato di quel tipo”. A definire la natura dell’atto, infatti, è l’approccio allo spazio: “È un’arte pubblica, partecipata e condivisa. Spesso le mie poesie di strada nascono da un’azione di co-progettazione, una ricerca che è quasi urbanistica e sociale”, sottolinea Mister Caos. Questo fa sì che anche gli “strati” di lettura di un testo siano molteplici. Leggiamo insieme una delle sue poesie di strada (“Se non lasciamo futuro siamo passati per niente”) e Mister Caos sottolinea che potrebbe essere letta come una frase politica che accompagna le lotte di un movimento come Fridays for future ma anche come un singolo verso estrapolato da una poesia più lunga, con tutt’altro significato.
Senz’altro la dimensione performativa è una delle caratteristiche del fenomeno: chi fa poesia di strada scrive alla luce del sole, si confronta con le persone che vivono o attraversano i quartieri. Questo offre ai poeti di strada un sentiero che permette loro di sottrarsi ai percorsi di “cosmesi urbana” (definizione di Francesco Terzago) con cui oggi chi amministra affronta la questione delle periferie, invitando gli artisti a fare un “pezzo” utile solo a scattare un selfie da usare su Instagram, senza parlare mai con chi vive in quelle case popolari, senza conoscerne i desideri o le difficoltà quotidiane. Ecco che la poesia di strada, quando nasce da vere performance nei quartieri, diventa sovversione dello spazio urbano, come spiega il sottotitolo del libro.
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