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Nell’oceano, la sfida della solitudine. Intervista a Gaetano Mura
Ha dovuto abbandonare la più dura regata velica al mondo a metà percorso. Da questa esperienza è nato uno spettacolo teatrale di successo. Che dice molto anche di quello che avviene a terra
Classe 1968, Gaetano Mura è uno dei più forti velisti italiani ed esperto navigatore oceanico. Nell’ottobre 2016 Mura ha partecipato alla Solo Round the Globe Record, la più massacrante competizione velica: una circumnavigazione del globo in solitario, senza assistenza e senza scalo. Dopo 65 giorni di navigazione e a circa metà del percorso, si è ritirato per un’avaria. L’impresa, tuttavia, è stata un successo scientifico. E artistico. È diventata infatti uno spettacolo multimediale che narra, la dimensione fisica e sensoriale di un’avventura ai limiti delle possibilità umane.
Il navigatore francese Moitessie affermava: “Non si diventa navigatori solitari, lo si è dall’infanzia, o non lo si diventerà mai”.
GM Non credo esistano delle regole. Io ho sempre avuto una certa propensione a fare le cose da solo e sono affascinato dalla solitudine. Quella cercata, ovviamente, non quella subìta.
Cosa ti ha spinto a fare questa scelta?
GM Non ci sono particolari motivazioni e neppure un progetto. Sono cresciuto in mare e ho semplicemente seguito il mio istinto. Credo sia una fortuna avere ben chiara la strada (o la rotta) da percorrere, soprattutto quando si è giovani. Non avevo dubbi che la mia fosse il mare.
La “Solo Round the Globe Record” è considerata una competizione titanica. Quali difficoltà hai dovuto affrontare?
GM Tantissime. Sicuramente le dure condizioni meteo negli oceani del Sud del mondo. In mare aperto ogni riferimento scompare: si vive lontano dal rumore del mondo, chiusi in una totale solitudine. Come in tutte le situazioni estreme, il tempo si dilata mentre la solitudine assume un valore formativo, quasi terapeutico.
E poi c’è il silenzio
GM Il silenzio è una condizione che adoro, anche se in barca è rarissima l’assenza di rumore. Può addirittura capitare di avere delle allucinazioni uditive. In solitario, il vero silenzio è l’assenza di voci umane e il profondo ascolto di se stessi.
Come si concilia un’alta soglia dell’attenzione con l’esigenza di dormire?
GM Credo sia importante una certa predisposizione. Il sonno, mi affascina e per questo ho voluto sperimentare su di me molte tecniche per adattare il mio organismo alla lunghezza delle guardie imposte dalla navigazione in solitario, durante la quale si ricorre a micro sonni.
Prima e durante la traversata sei stato monitorato da medici e ricercatori.
GM La preparazione è stata curata nei minimi dettagli per affrontare condizioni durissime e repentine variazioni climatiche, e per rispondere ad eventuali traumi o problemi di salute. Durante la navigazione le rilevazioni hanno mostrato un’adeguata risposta del cuore, anche in momenti di intenso stress psico-fisico. Nella fase preparatoria, l’équipe invece ha valutato vari parametri fisici. Di queste rilevazioni è prevista la pubblicazione scientifica.
Nella cambusa della tua barca c’erano alcune eccellenze agroalimentari sarde, scelte appositamente dai ricercatori
GM La mia cambusa doveva (e deve) essere sana, buona, non deteriorabile e leggera, un mix non facile. Senza dimenticare il gusto. Anche in questo caso, un holter metabolico ha rilevato il fabbisogno calorico facendo una stima del dispendio in regata. Così è stato possibile stivare la cambusa, tagliata su misura.
In termini di sostenibilità ambientale che lezione hai tratto da questa avventura?
GM La barca si conferma un utilissimo laboratorio di pratiche sostenibili poiché nulla va sprecato. Bisogna ottimizzare il consumo di energia, cibo e acqua.
Che tipo di rilevazioni e osservazioni ambientali hai potuto effettuare?
GM Ho constatato un peggioramento delle condizioni di salute del mare. Nel Mediterraneo e negli oceani, ho visto una grande quantità di rifiuti prodotti dall’uomo, soprattutto plastica.
Un’avaria ti ha costretto al ritiro. È stata la fine di un sogno o una sfida solo rimandata?
GM Quando sei in mare è una delle eventualità che devi mettere in conto. Rimane una sfida aperta.
La tua avventura ha ispirato “Gaetano Mura Solo”, una live-performance rappresentata di recente al Teatro Massimo di Cagliari. Come è nata l’idea?
GM Si tratta di una restituzione di immagini, suoni, profumi e sensazioni che ho vissuto in quei 65 giorni. Insieme a musicisti, attori, registi, sound designer, giornalisti, scrittori, e il produttore electro-dub Arrogalla, ho cercato di contaminare con linguaggi differenti una storia a più dimensioni. C’è il filmato che ho girato in navigazione, ci sono i diari di bordo, c’è la narrazione e soprattutto il progetto sonoro. Gli stessi suoni e rumori che mi hanno accompagnato nell’impresa e che ho registrato in quella danza continua vissuta con e sulla mia barca, rielaborati poi con il sound designer Stefano Guzzetti e il regista Gianfranco Mura. Uno spettacolo multimediale che ha una sua vocazione “itinerante”, e attraverso il quale si possono vivere le infinite sfumature di quel concerto straordinario tra natura e meccanica.
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