Altre Economie / Intervista
Filiera equa e cotone biologico. La sfida dell’indiana Armstrong
Fondata nel 1969, l’azienda tessile -tra i produttori del commercio equo italiano- impiega centinaia di dipendenti, garantendo prezzi giusti ai fornitori e contribuendo al miglioramento delle loro condizioni di vita. Abbiamo intervistato il vicepresidente
Basata nel distretto di Tirupur, India meridionale, l’azienda Armstrong knitting mills (armstrong-india.com) è stata fondata nel 1969, anno dello sbarco sulla Luna, da cui il nome del gruppo tessile. Quasi a voler tracciare un parallelismo con il viaggio compiuto dall’astronauta statunitense, ma questa volta in un altro universo: quello del cotone sostenibile. A livello globale solo l’1% della produzione di questa fibra tessile è di tipo biologico, il resto è convenzionale. Dipende cioè dall’impiego di sostanze chimiche, come pesticidi ed erbicidi, che comportano danni per l’ambiente e per la salute dei lavoratori. È da questa consapevolezza che il presidente di Armstrong, Shri E. Palanisamy, di origini contadine, ha maturato la decisione di lavorare un cotone biologico ed equosolidale. Questa realtà industriale conta varie centinaia di dipendenti, produce tessuti e capi certificati Fairtrade e dalla Global organic textile standard (uno dei più importanti standard internazionali per la produzione sostenibile di indumenti e prodotti tessili). Altreconomia ha incontrato il vicepresidente, Arunachalam Narayanasamy, in occasione di una sua recente visita in Italia.
La produzione tessile è un settore che contribuisce al cambiamento climatico e all’inquinamento ambientale. Cosa fa l’azienda Armstrong knitting mills a tal riguardo?
AN Il cotone è una coltura che necessita molta acqua e solitamente viene trattata con grandi quantità di pesticidi e fertilizzanti, ma una produzione più sostenibile è possibile. Oggi ci sono molti modi per evitare l’apporto di sostanze chimiche e sono disponibili diverse alternative naturali. Fairtrade collabora con gli agricoltori per ridurre l’uso di prodotti fitosanitari e insegna in che modo effettuare la conversione verso un’agricoltura biologica e rigenerativa. Il nostro cotone biologico proviene soprattutto dagli Stati dell’India settentrionale: Madhya Pradesh, Maharashtra, Gujarat. Zone dove generalmente c’è poca formazione, motivo per cui sviluppiamo programmi che portino i lavoratori e i loro figli a scuola. Oggi posso dire che da quando ci approvvigioniamo da contadini inseriti nell’ambito della produzione Fairtrade, la qualità delle loro vite è migliorata: sono più istruiti, consapevoli e hanno drasticamente ridotto l’uso di prodotti agrochimici. Inoltre, per mantenere bassa l’impronta ecologica del gruppo Armstrong usiamo energia prodotta dai nostri pannelli solari e da impianti eolici. In futuro ci piacerebbe diventare un’industria a zero emissioni.
Quali sono i vantaggi per i lavoratori offerti dal marchio Fairtrade e quali sono i vostri partner internazionali?
AN L’azienda è certificata Fairtrade da circa 15 anni: inizialmente siamo partiti con una bassa percentuale di cotone sostenibile, ma progressivamente siamo arrivati al 10%: non ci siamo fermati e abbiamo deciso di raddoppiare. Oggi siamo arrivati al 25% di cotone Fairtrade e vorremmo crescere ulteriormente. La cosa importante dell’essere certificati Fairtrade è che i contadini sono tutelati grazie a due strumenti: il fairtrade minimum price, ovvero il prezzo equo minimo garantito e corrisposto ai produttori per la loro merce indipendentemente dalle fluttuazioni di mercato, e il fairtrade premium: un margine aggiuntivo che può essere investito in progetti di tipo sociale, sanitario o di sviluppo aziendale. A oggi abbiamo pagato un premium pari a circa 1,62 milioni di dollari a vari gruppi di contadini. E questo grazie ai marchi che ci supportano, come la danese Neutral, la tedesca Sense organics e l’italiana AltraQualità. In India molti agricoltori non ricevono il giusto prezzo per il cotone che producono, ma in questo modo vengono pagati correttamente.
Come viene utilizzato il fairtrade premium?
AN Questi fondi vengono usati per favorire l’accesso delle comunità locali ai servizi sociali di base e all’educazione. Ad esempio i contadini seguono dei corsi sulla coltivazione biologica e sulla preparazione del compost da usare al posto dei fertilizzanti chimici, ricevono strumenti per l’agricoltura e semi per differenziare le colture. In altri casi, invece, sono stati scavati dei pozzi, che vengono utilizzati sia per irrigare i campi, sia per fornire acqua potabile nelle scuole. Nelle fabbriche, invece, il premium ci permette di mantenere standard di sicurezza elevati. Ci ha colpito molto la tragica vicenda del Rana Plaza (il crollo di una fabbrica tessile avvenuto in Bangladesh nel 2013 in cui sono morte 1.134 persone, ndr), quindi con il fairtrade premium organizziamo corsi per la sicurezza dei lavoratori, sulla gestione degli incendi e forniamo indicazioni sulla prevenzione degli incidenti nelle diverse lingue parlate dai dipendenti. Inoltre, investiamo molto sulla salute: nel gruppo Armstrong ci sono circa tremila operai e facciamo in modo che tutti siano sottoposti a regolari visite mediche direttamente in fabbrica. Poniamo particolare attenzione alle analisi del sangue poiché abbiamo notato che il livello di emoglobina tende a calare con l’età, quindi questo è un parametro che controlliamo periodicamente. Organizziamo anche altri check-up come la spirometria, l’audiometria, facciamo formazione sulla prevenzione di malattie come l’Aids, la lebbra e la dengue. Inoltre organizziamo controlli dentali e forniamo gratuitamente l’intervento di cataratta.
L’azienda sostiene anche l’emancipazione femminile: le donne rappresentano il 60-70% dei nostri lavoratori in fabbrica, solitamente non hanno elevati livelli di scolarizzazione e per questo cerchiamo di inserirle in programmi di formazione e di empowerment femminile, affinché imparino a riconoscere episodi di violenza e molestie e a denunciarli. Abbiamo anche strutturato un comitato interno per la gestione dei reclami, poi portati all’attenzione dei vertici aziendali, e messo a disposizione dei dipendenti un asilo nido. Ci rapportiamo inoltre con la comunità locale: una scuola statale, ad esempio, ci ha chiesto di pagare lo stipendio di due insegnanti, come gruppo Armstrong ci siamo impegnati a corrisponderne uno, mentre il nostro partner Neutral, sostiene i costi per il secondo.
“Fairtrade collabora con gli agricoltori per ridurre l’uso di prodotti fitosanitari e insegna come effettuare la riconversione verso un’agricoltura biologica”
Altre aziende in India stanno prendendo esempio da voi?
AN Il problema è che poche imprese tessili vogliono farsi carico del costo delle certificazioni. Ottenerle non è facile, me ne rendo conto, ma se si ha il supporto di marchi che condividono gli stessi valori etici allora è possibile. Noi ci sottoponiamo tutti gli anni ai controlli dei revisori per rinnovare le varie certificazioni. Produrre cotone sostenibile richiede un grosso sforzo: ogni singolo lotto che ci viene consegnato deve essere accompagnato da una scheda sulla sua tracciabilità, con dati relativi a tutta la filiera produttiva. Da questi documenti possiamo, ad esempio, verificare l’assenza di Ogm o di pesticidi. Inoltre, facciamo anche molta sperimentazione, ora stiamo provando a produrre delle t-shirt composte al 50% da cotone riciclato e stiamo introducendo una nuova fibra tessile, il kapok, derivante da una pianta che cresce nel Sud dell’India. Infine, bisogna tenere in considerazione anche a chi arriveranno i nostri prodotti: quindi oltre a supportare contadini e lavoratori, dobbiamo aumentare la consapevolezza dei clienti. Durante il mio soggiorno in Italia sono stato in alcune scuole e ho spiegato ai ragazzi cosa significa produrre un capo d’abbigliamento che abbia alla base qualità etiche e non solo estetiche, ho mostrato loro quali sono le ripercussioni positive su tutta la filiera produttiva e il beneficio che perfino noi consumatori possiamo trarre nell’indossare una t-shirt o un abito di cotone biologico e sostenibile.
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