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Diritti / Opinioni

Tra “vera destra” e “falsa sinistra”. Come superare la tempesta perfetta

L’egemonia predatoria delle destre punta a snaturare e a saccheggiare la democrazia italiana. Occorre costruire un’alternativa alla quarantennale deriva che ci dispera. Tutte le soggettività politiche sono necessarie. Le “idee eretiche” di Roberto Mancini

Tratto da Altreconomia 212 — Febbraio 2019
Photo by Ryoji Iwata on Unsplash

La preda. È l’Italia in mano al risentimento di massa e al cinismo delle destre. La politica del governo della “Lega a 5 stelle” demolisce i pilastri costituzionali della democrazia: il riconoscimento dei diritti fondamentali di ogni essere umano, la solidarietà, l’accoglienza, la giustizia sociale, la libertà di stampa, la proporzionalità del fisco e persino il rispetto della legge sul finanziamento dei partiti. Se si considera la parabola che va dal golpe perpetrato con l’omicidio di Aldo Moro e degli uomini della scorta sino a oggi si resta impressionati. Le parentesi dei governi Prodi, D’Alema, Letta e Gentiloni hanno solo manifestato la miopia del centro-sinistra. Basta ricordare il loro zelo per un’Europa “unificata” dall’euro.

Ma la linea di tendenza della “tempesta perfetta” derivante dall’intreccio tra destra vera e falsa sinistra in questi quarant’anni è quella che corre lungo questi nomi: Andreotti, Craxi, Berlusconi (Fini e Bossi aiutanti), Renzi e Salvini (Di Maio aiutante). L’egemonia predatoria delle destre significa: rafforzamento delle oligarchie del capitalismo (come dimostra il caso della banca Carige); abolizione dei risultati delle lotte operaie, studentesche, ecologiste, femministe, pacifiste e per l’altreconomia; affermazione di uno Stato debole con le mafie e violento con chi è più vulnerabile (dal G8 di Genova al decreto sicurezza di Salvini – Di Maio). Perciò è urgente che troviamo il coraggio di credere nella democrazia in Italia e di servirla, facendo tesoro delle tre indicazioni basilari di una lezione così dolorosa.

1. Ci sono indispensabili una visione della società e un progetto lungimirante, fondati sull’etica del bene comune, sul senso dell’universalità dei diritti (che spettano anche ai migranti, agli italiani figli di genitori stranieri, ai poveri, ai nomadi, agli esuberi) e sulla difesa degli equilibri della natura.

2. Anche se ci suona sgradevole, bisogna ammettere che senza uno o più partiti adatti a democratizzare il Paese e le sue istituzioni, gli autentici movimenti alternativi restano dispersi perché manca loro una sintesi istituzionale. Le iniziative dal basso sono un fattore vitale per la democrazia, ma non sostituiscono la sintesi politica che viene svolta dal Parlamento, dai partiti e dal governo. All’Italia serve un partito di sinistra avanzato, dialogico, dotato di forza progettuale, un partito che oggi non c’è e che il Pd non ha certo saputo incarnare.

Così come serve un sindacato autorevole, pronto a tutelare chi ha già il lavoro, chi non l’ha più e chi mai l’ha potuto avere. L’azione esemplare di città promotrici di democrazia come Riace, Palermo, Napoli e tante altre ha un valore cruciale. Ma appellarsi esclusivamente al municipalismo nel tempo delle sfide planetarie è un cortocircuito. Le molteplici forme di soggettività politica (enti locali, scuole, Parlamento, movimenti, reti, comunità, associazioni e ong, partiti e sindacati, governi e singole persone) sono tutte necessarie e lo sono contemporaneamente: preferire qualcuna di esse snobbando le altre è ingenuo. Solo la fiducia in un vero progetto può unire le loro forze.

3. La nascita di un’alleanza alternativa alla quarantennale deriva antidemocratica che ci dispera richiede: a. che il Pd si svegli dall’incantamento neoliberista maturando finalmente una visione di trasformazione profonda dell’economia e della società; b. che i partiti della sinistra radicale guariscano dal sortilegio del settarismo; c. che i molti senza-partito, attivi nel volontariato e nei movimenti, diano il loro contributo; d. che alle nuove generazioni sia riconosciuto lo spazio reale per portare la loro creatività nel processo di rinnovamento della vita pubblica. Quanto tutto ciò sembri un’utopia è chiaro. Ma è pur vero che senza coltivare con passione una svolta di questo tipo siamo condannati a subire ancora lo snaturamento e il saccheggio della democrazia italiana, in uno scenario dove molte destre si contendono la preda senza incontrare resistenza

Roberto Mancini insegna Filosofia teoretica all’Università di Macerata. Nel 2016 ha pubblicato “La rivolta delle risorse umane. Appunti di viaggio verso un’altra società” (Pazzini editore)

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