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Economia

Economia reale versus finanza. Editoriale – Ae 99

Ottobre: la crisi finanziaria ha toccato anche la Borsa italiana. Un mese di panico, ma non per tutti. La soluzione: tornare a investire sull’economia reale

Tratto da Altreconomia 99 — Novembre 2008

La prima settimana di ottobre si è aperta con il panico nelle Borse di tutto il mondo. Perdite quotidiane a due cifre percentuali, sospensione ripetuta dei titoli, smarrimento tra gli operatori, i risparmiatori, le aziende e i politici.
In questo clima, il 10 ottobre il premier Silvio Berlusconi invita alla calma, e pensa bene di sponsorizzare due aziende a controllo statale. “Comprate azioni Enel ed Eni”, dice. Date una mano al Paese, insomma. In altri contesti, con altri personaggi, questo sarebbe considerata quantomeno una turbativa dei mercati (qualcuno dice “insider trading”). In Italia si chiama Governo.
Ora, il 10 ottobre è un venerdì. Quel giorno, le azioni delle due società sono quotate rispettivamente 4,62 euro (Enel) e 15,47 euro (Eni). Lunedì 13 ottobre, la Borsa di Milano chiude con un più 11% che fa dimenticare come d’incanto la crisi (ma nei giorni successivi le tinte tornano fosche). Eni fa un balzo del 12%, Enel ancor meglio: più 18%.
Che cosa è successo in quel fine settimana? L’ex monopolista elettrico ha scovato nuovi clienti? Il gigante energetico scoperto nuovi giacimenti? Ovviamente, nulla di tutto questo. Sono bastate le dichiarazioni del presidente del Consiglio per scatenare l’onda speculativa sui due titoli.
Dinamiche cui la finanza ormai ci ha abituato: contano di più le voci, gli umori, dell’economia reale. Il guadagno del titolo più della produttività dell’azienda.
Oggi Enel ed Eni continuano a guadagnare rispetto a quel 10 ottobre, ma le statistiche sono impietose: in un anno la perdita registrata è per entrambi attorno al 36%. I bilanci di fine anno sveleranno chi in tutto questo ci ha guadagnato qualcosa, e chi ci ha perso davvero. Di sicuro, i piccoli risparmiatori non sono proprio soddisfatti delle performance della Borsa. E non lo sarà nemmeno l’erario, quando dovrà affrontare (a meno di impennate improvvise del mercato finanziario, che all’orizzonte non si vedono) una drastica riduzione del gettito dei tutte quelle imprese che chiuderanno i bilanci in perdita.
Però qualcosa sappiamo, e val la pena di dirlo: ad esempio che l’8 ottobre, due giorni prima dell’invito di Berlusconi, l’amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, compra azioni dell’azienda per cui lavora per un valore di 100mila euro circa. Tecnicamente si chiama “internal dealing” ed è una pratica del tutto legittima, che va resa nota (si trova tutto sul sito della Borsa italiana). Un segno di fiducia nell’azienda, si dirà. Anche perché sinora, su quelle azioni, Scaroni non ha guadagnato che spiccioli. Qualcosa di simile ha fatto Augusto Fantozzi, il quale oltre a essere commissario straordinario di Alitalia, è consigliere di amministrazione dell’Enel dal maggio 2005. Fantozzi ha comprato il 13 ottobre 10mila azioni Enel per 104.175 euro, per rivenderle tutte e 10mila già il 14 ottobre alla cifra però di 116. 768 euro. 12.593 euro guadagnati in un giorno grazie alle azioni dell’azienda di cui si è amministratore.
Storie come queste sono parte integrante del sistema finanziario che sta crollando sotto i nostri occhi. Ne parliamo nelle pagine 8 e 9.
Allora, è giunto il momento di ribadire chiaramente che si deve tornare a una finanza “utile”, ovvero quella che sia strumento per lo sviluppo, e non un fine a se stessa. Né per i risparmiatori, né per i manager. Una finanza che dia forza all’economia reale, invece che minacciarla.
Ecco allora il consiglio: investite nell’economia reale. Vi serve un suggerimento? Diventate soci di Altreconomia: non ci quoteremo mai in Borsa. Promesso.

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