Cultura e scienza / Opinioni
Difendere la fantasia dalla propaganda: l’insegnamento di Calvino
Nelle sue “Lezioni americane” lo scrittore avvertiva sul pericolo di perdere una facoltà umana fondamentale e liberatrice. La rubrica a cura di Tomaso Montanari
La visibilità è la massima ambizione dei politici. Ma dobbiamo costantemente ricordare che il nostro modo di guardare le immagini è relativo. Come ha notato il filosofo Ludwig Wittgenstein: “Noi guardiamo la fotografia, il quadro appeso alla nostra parete, come l’oggetto stesso: l’uomo, il paesaggio, eccetera che vi è raffigurato. Non è detto che ciò debba necessariamente accadere: potremmo facilmente immaginare persone che non hanno questo rapporto con tali immagini. Che per esempio rifiuterebbero le fotografie perché un viso senza colori, e forse anche un viso in proporzioni ridotte apparirebbe loro disumano”.
Molti antropologi e un grande storico dell’arte (Aby Warburg) hanno dimostrato che è proprio così: molti popoli che noi definiamo “primitivi” non “vedono” le fotografie. La visibilità è culturalmente condizionata, e dunque condizionante. Questa ambiguità non appartiene solo alla diversità antropologica o culturale. Essa pertiene anche, per esempio, alla propaganda politica. Facciamo un esempio recente. Pensiamo alla fotografia -ormai notissima se non celebre, si trova facilmente in rete- che ritrae Angela Merkel e Matteo Renzi di fronte al David di Michelangelo in occasione del vertice bilaterale tra Italia e Germania del 2015.
Per ottenere quella foto, l’allora presidente del Consiglio fece una cosa irrituale, e secondo me profondamente sbagliata e prepotente: requisire un museo per trasformarlo nel set di una conferenza stampa. Il messaggio era duplice: quello più evidente è che il governo italiano è amico dell’arte e della cultura. E che il presidente del Consiglio era un fiorentino: colto, amico dei musei e del patrimonio culturale. Credo che su entrambi quei messaggi possiamo avere molti, radicali dubbi, anche se questa non è la sede per elencarne i motivi. Poi c’era messaggio più raffinato, per dire così: e cioè che l’Italia era un piccolo David che avrebbe immancabilmente avuto ragione della Germania-gigante Golia. Purtroppo, questo messaggio era assai equivoco.
Nelle sue “Lezioni americane” Italo Calvino -che non sapeva di stare scrivendo il proprio testamento: morirà prima di poterle pronunciare, lasciandole stampate sulla scrivania- ci affidò un messaggio in bottiglia. Parlava agli studenti americani, ma pensava innanzitutto all’Italia. Ed è per gli italiani che la visibilità è cruciale. “Se ho incluso la visibilità nel mio elenco di valori da salvare per il prossimo millennio -scriveva Calvino- è per avvertire del pericolo che stiamo correndo di perdere una facoltà umana fondamentale: il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca, di pensare per immagini. Penso a una possibile pedagogia dell’immaginazione che abitui a controllare la propria visione interiore senza soffocarla e senza d’altra parte lasciarla cadere in un confuso, labile fantasticare, ma permettendo che le immagini si cristallizzino in una forma ben definita, memorabile, autosufficiente, icastica”.
A Calvino stava a cuore il cuore stesso della tradizione culturale italiana: che è proprio il rapporto tra immagine e parola. La sua lezione parte da un verso della Commedia. Un verso in cui Dante scrive: “Poi piovve dentro l’alta fantasia”. “La mia conferenza di stasera -chiosa, memorabilmente, Calvino- partirà da questa constatazione: la fantasia è un posto dove ci piove dentro”. Difendere la fantasia dalla propaganda, abituarci a pensare criticamente: anche questa è resistenza politica.
Tomaso Montanari è storico dell’arte e saggista. Dal 2021 è rettore presso l’Università per stranieri di Siena. Ha vinto il Premio Giorgio Bassani di Italia Nostra
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